Gangster Squad
Anno: 2013 - Nazionalità: USA - Genere: Noir/Action - Regia: Ruben Fleischer
Los Angeles, 1949. Alcuni poliziotti non corrotti decidono di riunirsi per sconfiggere il vero male della città degli angeli: l'impero di Mickey Cohen, un ex pugile che controlla qualsiasi cosa, dalla prostituzione, alla droga, alle scommesse – e lo fa con una violenza inusitata.
I sei poliziotti sono
tutti outsider – un afroamericano, un latino, un cecchino cowboy
vecchia scuola, un integerrimo ex combattente della seconda guerra
mondiale, un bello e alla moda che corteggia la donna di Cohen, un
nerd ante litteram mago dell'elettronica e delle intercettazioni.
Nessuno di loro segue le regole, tutti hanno come unico scopo quello
di liberare Los Angeles per assicurare ai posteri un futuro pulito.
Il film risente di
un'infinità di echi da altri lungometraggi. Il primo che balza alla
mente è L.A. Confidential, anche se il lavoro di Curtis Hanson aveva
tutt'altro spessore. C'è una chiarissima e neppure troppo celata
ripresa di Crazy, Stupid Love: in quella simpatica commedia romantica un Ryan Gosling alla moda incontrava in un locale Emma Stone e se ne
innamorava perdutamente. In Gangster Squad avviene la stessa cosa,
solo che con sessantaquattro anni di anticipo: sempre un Ryan Gosling
estremamente ben vestito incontra una Emma Stone femme fatale in un
locale notturno e se ne innamora senza riserve.
Ma, forse, il rimando più
forte di Gangstar Squad è quello ai cinecomic. Perché Gangster
Squad – per quanto si ispiri alla figura realmente esistita di
Cohen - è un cinecomic, è l'antesignano di un cinecomic e racconta
le origini di tutti i supereroi (Marvel e non) che di lì a poco
sarebbero nati.
Sono due, in particolare,
le graphic novel (e i rispettivi film) a cui Gangstar Squad si rifà:
Sin City e Watchmen. Entrambi i film erano basati sul racconto in
prima persona con voice over del protagonista, cosa che avviene anche
in Gangster Squad con la narrazione over del protagonista John (Josh
Brolin). Come in Watchmen, anche la squadra di poliziotti è una
squadra di controllori, che deve rimanere nell'ombra per vigilare –
senza seguire le regole – sulla sicurezza della città e sulle
malefatte di Cohen. Come in Sin City, invece, si fa larghissimo uso
di effetti visivi “da fumetto”: la fotografia, bellissima, lucida, ricorda le tavole dipinte di un fumetto, con quelle ombre più
ombre del vero e i colori che sembrano vernice fresca; inoltre, c'è ampio uso dei movimenti di macchina e
dei ralenti vorticosi all'improvviso accelerati (un po' come in 300).
La volontà di rendere fotograficamente l'effetto dell'inchiostro a
contatto con la carta – poi ritoccato digitalmente – è piuttosto
evidente e rende il film, almeno a livello visivo, un noir molto
affascinante.
Il ritmo è incalzante e
non cede mai a momenti di stasi. Tutto il film è raggruppato attorno
ad alcuni picchi – l'inseguimento con quelle che per noi sono auto
d'epoca, l'evasione dal carcere, la sequenza di Chinatown - che
alzano una tensione già piuttosto sostenuta. Potremmo accusare il
film di aver creato troppi tipi statici e di non aver approfondito la
psicologia dei personaggi: ma in una produzione del genere la cosa
sarebbe andata a scapito dell'azione e del ritmo generali.
In fondo, ciò che ne
risulta - e questo è l'importante - è un lungometraggio compatto e che non annoia, che attira e
che dipinge i personaggi – pur nella loro estrema tipizzazione –
nel modo giusto per permettere quell'identificazione totale ricreata solo dai film più classici.
Commenti
In fin dei conti, sono una fautrice del ri-vedere. Perché rivedere a distanza di mesi o anni aiuta moltissimo a vedere altro. La velocità della critica e del web ci spinge alle impressioni a caldo.
Sulle dimensioni recensive da blog,purtroppo hai ragione.Ma io sono uno di quelli che proprio per questo motivo fa 'selezione'. Nonostante non mi ponga mai il problema terribile cui fai riferimento (la ggente sull'internetto che oltre le 140 battute cambia canale) quando scrivo, essere esastivo di ogni elemento scaturito dall'analisi di un'opera e' impossibile.Io ,per esempio, faccio leva sulla condensazione ermetica ed evocativa delle espressioni stesse usate nel discorso.
Spesso, quando trovo commenti dove e' palese che sia stato letto a malapena il titolo e qualche brandello di scritto,mi girano parecchio e vorticosamente.
Meno commenti,ma piu' coerenti con i contenuti...
Sull'ultimo: sì, si attaccano, vero. In molti post in cui mi sento più ispirata e parto per lidi miei e solo miei è così anche per me. Poi, però, mi ricordo che se scrivo su un blog ospitato dal web non scrivo sul mio quadernino personale. Insomma, cerco di trovare un punto di incontro. Magari se non risulto troppo difficile qualcuno in più mi legge e può diventare un valido lettore con cui confrontarmi!
In realtà, a me non piace semplificare - non è quello che faccio. Cerco di dire con parole semplici cose complesse. Si tratta di un esercizio duro ma, a volte, quando mi accorgo di essere chiara su concetti astrusi, mi sento soddisfatta. Me lo hai detto anche tu che sono un po' troppo accademica :D. Be', cerco di esserlo (senza essere perentoria e stucchevole) senza perdermi in giri di supercazzole incomprensibili! :))
Ah, dimenticavo. Benvenuto da queste parti!
Fa proprio piacere trovare analisi di questa caratura, in un mare di fancazzismo ed egomanaci scemi.. :D