Turbo
Anno: 2013 - Nazionalità: USA - Genere: Commedia - Regia: David Soren
Turbo è una lumaca e ha
un sogno: la velocità.
Tutte le sere guarda i
video della Indy 500 in cui gareggia il suo mito, Guy Gagné, e poi
si allena: un quarto d'ora per fare pochi centimetri. Tutti lo
prendono in giro, nessuno lo capisce, soprattutto suo fratello Chet,
che cerca di rimediare alle brutte figure che Turbo gli fa fare a
causa della sua insana voglia di velocità.
Dall'altra parte della
città, un centro commerciale sta chiudendo. I fratelli Tito e Angelo
non riescono a vendere tacos, la meccanica a malapena gonfia
pneumatici, la parrucchiera non ha capelli da tagliare e il vecchio
giocattolaio, nella società delle console portatili, non riesce a
vendere più un gioco.
Due realtà tanto diverse
come faranno a incontrarsi?
Una sera, Turbo si spinge
lontano da casa e finisce nel motore di una macchina da corsa. Ed
ecco la sua trasformazione in “supereroe”. Come Bruce Banner
bombardato dai raggi gamma o come Peter Parker morso dal
ragno: Turbo diventa super veloce, tanto da superare le duecento
miglia orarie.
Tito, uno dei due
fratelli che vendono tacos, ha tanta passione ma non riesce a
veicolarla nel percorso giusto. Quando Tito, che con i suoi vicini di lavoro
si diverte a far gareggiare piccole lumache, trova Turbo, ecco che la
passione si riaccende.
Quale idea più folle ed
esagerata di quella di iscrivere una lumaca super veloce alla formula
Indy?
Turbo riesce a smuovere i
film d'animazione dal torpore in cui, da un po' di tempo a questa
parte (almeno da Up, capolavoro inarrivabile), si
stanno crogiolando. E questo vale sia per Pixar che per Dreamworks.
Turbo riprende molte cose
già viste: la gara di velocità è già stata appannaggio di Cars;
gli animali che collaborano con gli uomini, da sempre, sono appannaggio
della Disney. L'intuizione che fa la differenza – almeno negli
ultimi anni - però, sta almeno in due elementi: l'assurdità della
storia, che si fa via via sempre più paradossale, ma che non va mai
fuori contesto e, anzi, diverte da matti; il calare un film
d'animazione nello spirito del tempo. E lo spirito del tempo è la
crisi.
Turbo entra a pieno
titolo nei film della crisi. I film della crisi, sinora, sono stati
soprattutto i post-apocalittici, i film di zombie, mostri e lotte
intergalattiche, insomma, quei film che pongono l'umanità tutta
sotto una minaccia globale, costringendola a unire le forze per
sopravvivere.
In Turbo si parla di
reale crisi economica. Gli ideatori della storia hanno affiancato due
realtà ora esistenti e incredibilmente conviventi: quella dei
miliardi che ruotano attorno alle varie Formule e quella di chi si
trascina con enorme difficoltà fino a fine mese.
I quasi disoccupati del
centro commerciale non sanno più cosa inventare per poter tirare
avanti e lavorare. Un cliente è un miraggio. Si affidano
all'assurdità più assurda che possa venire in mente: una lumaca. La
lumaca che per eccellenza è lenta. E la lentezza è ciò che uccide
un'economia e un popolo in tempo di crisi. Ma questa lumaca - anomala e veloce - è un
supereroe. Con i suoi geni modificati riesce a salvare i suoi amici
non da una apocalisse aliena ma dalla disoccupazione.
In altre parole, parlando
fuor di metafora, Tito e i suoi colleghi riescono a superare il
difficile momento economico grazie alla passione e alla creatività.
Guy Gagné, il campione
di Formula Indy, è un personaggio perfettamente azzeccato. Vince
sempre non perché animato dalla vera passione, ma solo
dall'arroganza della ricchezza e dalla voglia di primeggiare sul mondo.
Turbo vince solo per
passione, solo perché ha un vero scopo – non la vittoria per la
vittoria, ma la vittoria per la vita. Dopodiché, raggiunto
l'obiettivo, non ha più senso continuare: sarebbe da ingordi e
l'ingordigia è ciò che rovina il mondo. Una volta vinto, si torna a
casa e ci si tira su le maniche per alimentare la passione in vista
della prossima sfida.
Commenti
Però la tua recensione mi ha rincuorata! Mi piacerebbe vederlo.