The Garden of Words
Titolo originale: Kotonoha no Niwa - Anno: 2013 - Nazionalità: Giappone - Genere: Drammatico/Romantico - Soggetto, sceneggiatura, regia: Makoto Shinkai
Takao ha quindici anni e
ama la pioggia. Durante gli acquazzoni si rifugia in un giardino,
sotto un pergolato. Qui, incontra Yukari, una misteriosa donna di
ventisette anni. I due, senza sapere nulla l'uno dell'altra, decidono
di incontrarsi sotto lo stesso pergolato solo durante i giorni di
pioggia. Quando si incontrano, Takao disegna modelli di scarpe,
perché sogna di diventare un calzolaio; Yukari, invece, legge e si
nutre solo di cioccolata e birra, presa da una forte depressione che
l'ha condotta a vivere in preda a disturbi alimentari.
Quando arriva la stagione
delle piogge, Takao smette di andare a scuola, Yukari, invece, salta
sempre il lavoro. Lui cerca di camminare con le sue scarpe, lei
ancora non sa cosa voglia dire percorrere il proprio cammino.
È tutto qui il nucleo
del delicatissimo lavoro di Makoto Shinkai – già autore di Viaggio verso Agartha. C'è un elemento – la pioggia – e una metafora –
quella delle scarpe. Takao, anche se ancora in modo maldestro,
costruisce da sé i mocassini con cui cammina, con cui decide e
percorre la propria vita. Vive praticamente da solo, fa tutto da
solo; suo fratello maggiore convive con la compagna, mentre sua madre
è fuggita di casa per inseguire l'ennesimo fidanzato. Takao cucina,
lavora e, di sera, si siede per terra e cerca di modellare il cuoio
per dar vita ai suoi modelli di scarpe.
Yukari porta sempre
bellissime scarpe alla moda, ma non riesce a muovere un passo nella
sua vita. Bloccata, sempre attenta a ciò che ha intorno, non riesce
ad andare avanti e a lasciarsi andare. La pioggia è l'elemento
comune che rende scivoloso e fluido il cammino, quello che dovrebbe
ispirare la strada. Solo respirandone l'odore e acuendo i sensi come
avviene nei giorni di pioggia, si riesce a stare in pace con se
stessi e a disegnare il percorso.
In fondo, ciò di cui Takao e Yukari hanno bisogno è solo un po' di condivisione. Che prende
vita in un giorno in cui la pioggia, più forte che mai, inzuppa
entrambi fino alle ossa e li costringe a rifugiarsi a casa di lei.
Qui Takao e Yukari condividono la semplicità di un pranzo, preparato
assieme. Questo è l'unico momento in cui volano le parole – perché
il giardino delle parole altro non è che il silenzio continuo della
pioggia. Le parole, in casa, col ticchettio della pioggia sui vetri,
suonano come lame. E fanno da anticamera all'esplosione del finale,
rumoroso, gridato e assordante, che rovescia il silenzio dell'intero
mediometraggio.
Makoto Shinaki evoca
situazioni difficilmente spiegabili a parole. Il titolo è quasi
menzogna – di quelle a fin di bene - perché le uniche vere parole
sono quelle ispirate dagli elementi della natura e dalla sola
presenza forte delle persone, quella presenza che cancella la
solitudine. Le parole non sono né quelle scritte né quelle parlate,
che qui appaiono come un inutile orpello. Forse l'autore avrebbe
potuto evitare di far esplodere il film in un finale tanto parlato,
ma il contrasto con il resto non nuoce affatto all'economia
dell'opera. In fondo, come già detto per Viaggio verso Agartha,
guardando un film di Shinkai bisognerebbe abbandonarsi e lasciar
perdere le parole e la critica – e questo The Garden of Words ne è
la prova. Abbandonarsi, in questo caso, significa ammirare, senza
sbattere le palpebre, la limpidezza grafica con cui vengono resi i
paesaggi sin nei minimi dettagli, gli schermi traslucidi e digitali
dei cellulari, le foglie degli alberi, dipinte una ad una, e l'acqua,
in tutte le sue forme: dalla pioggia che cade, alle gocce sui vetri o
sui vestiti, alle pozzanghere, agli specchi d'acqua, la produzione ha
realizzato forme acquatiche che neppure sembrano disegni animati.
Forme acquatiche più belle del vero, più visibili del vero. Il
cinema d'animazione sembra inseguire la realtà, imitarla in maniera quasi maniacale: e, quando ci riesce, non è mai un cinema meramente realistico, è
sempre un'opera d'arte, quella che ha il pregio e il
potere di far aprire gli occhi sul mondo e di farti vedere davvero il
mondo.
Ecco, con The Garden of
Words, al di là del tema, peraltro interessantissimo, occorrerebbe
sentire e lasciarsi ispirare proprio come fanno Takao e Yukari:
guardare meravigliandosi un film per guardare finalmente la realtà
intorno a noi e la vita che percorriamo.
Commenti
Sembra molto poetico!
Lo devo assolutamente vedere!!