La notte del giudizio
Titolo originale: The Purge - Anno: 2013 - Nazionalità: USA - Genere: Thriller - Regia: James DeMonaco
In un futuro non troppo
lontano, gli Stati Uniti hanno sconfitto la criminalità, la crisi
economica e la disoccupazione. Il grande risultato pare essere stato
raggiunto grazie ad una notte di sfogo, che si ripete solo una volta
l'anno. In quella notte, ogni crimine, per dodici ore, diventa
legale. Lo sfogo, così, diventa un deterrente rituale per calmare
gli animi ed evitare la violenza nei restanti trecentosessantaquattro
giorni dell'anno. Tuttavia, rimane un dubbio: questo sfogo serve
davvero alla società tutta o è il solito pretesto perché i ricchi,
i nobili, i “superiori” riescano a detergere la società dalle
“scorie”, dai poveri, dai deboli, dai senzatetto? È un modo
reale per eliminare le brutture oppure è solo un nuovo olocausto? Il
film sembra protendere – con molti punti lasciati volutamente in
sospeso – per la seconda ipotesi.
La famiglia dei Sandin è
ricchissima e abita una casa grande quanto la reggia di Versailles.
Si è arricchita producendo sistemi di sicurezza per proteggere le
case durante la notte dello sfogo. E, come ogni anno, la famiglia
Sandin cena amorevolmente e aziona il sistema di sicurezza. Si
barrica in casa e prosegue la serata come se nulla fosse. Ma, per una
serie di veloci concause, i Sandin si troveranno assediati da un
gruppo di ragazzi di buona famiglia, coperti da anonime maschere e
animati da un'insana violenza. La casa, a quel punto, non sarà
più il luogo familiare e confortevole che si può credere.
The Purge fa il verso a
molti altri film che hanno analizzato il rapporto tra
casa/famiglia/sconosciuto che tenta di irrompere. Non viene solo in
mente il terrificante Funny Games, ma anche il più recente e danese Deliver Us From
Evil. The Purge potrebbe sembrare l'ennesimo thriller estivo
dimenticabile nel giro di un'ora e invece è un film che si sa
difendere molto bene.
L'elemento vincente è
dato dalla base del plot. Il thriller trae fondamento da una
probabile – sì, distopica, ma neppure troppo impensabile –
situazione socio-politico-economica. In altre parole, The Purge si
inserisce nei classici “film della crisi” che per tutto l'anno
hanno affollato i nostri cinema. Da zombie a alieni a terremoti a
anonime minacce di ogni tipo, sono innumerevoli i film di questa
stagione che hanno tentato di descrivere ed esorcizzare la grande
difficoltà mondiale che stiamo vivendo; The Purge, a differenza degli altri, però, elimina l'effetto catastrofico globale e rende la
minaccia più intima e a portata di casa.
Il secondo elemento
vincente – questo vince sempre – è proprio la casa: il luogo
familiare per eccellenza, quello di cui si conoscono tutti gli
anfratti, quello in cui stare sicuri e allontanare ogni problema,
anche le angosce dell'economia. Barricarsi in casa non è soltanto un
modo per proteggersi, è anche un modo per affermare il proprio dominio nell'arco di quaranta, cento o duecento metri quadri
calpestabili. Se la casa viene violata perdiamo un po' di noi stessi.
Non essere sicuri nemmeno a casa propria è quanto di più
destabilizzante possa esistere.
Il terzo elemento – il
più convincente – è quello del rituale. Il titolo italiano non
rende affatto l'idea. La notte del giudizio sembra fare riferimento
più ad un regolamento di conti, a qualcosa di giusto e razionale.
Invece non è così. Il titolo originale è The Purge – la purificazione, la purga, l'epurazione –
perché effettivamente di questo si tratta. Si tratta di un rituale come quello
delle civiltà più antiche. Viene da pensare al romano Semel in anno
licet insanire: quel perdere la ragione e dare sfogo a tutti gli
istinti è ciò che riporta l'uomo al suo essere bestia. Di fronte
alla bestia riflessa nello specchio, l'uomo non si riconosce e
ritorna a comportarsi da essere razionale quale dovrebbe essere.
Almeno nelle intenzioni. Ma un rito oscuramente dionisiaco come
questo può davvero sfogare le anime, detergerle, purificarle? Ci
rende davvero più umani il giorno successivo? O è solo il modo per
dare vita a una violenza gratuita ed efferata, quella che comprimiamo
nei sorrisi di convenienza con il vicinato di plastica o
nell'obbedire ciecamente e rabbiosamente al capo o nei complimenti fatti allo
studente modello di turno che di notte sogna di stuprare e dare fuoco
e massacrare persone innocenti?
Il film, pur confondendo
spesso le acque, ci lascia la riflessione: meglio tornare (falsi)
umani dopo una notte da bestie o meglio mantenere quel briciolo di
umanità e moralità anche nei momenti più difficili, anche quando
l'istinto ci dice di uccidere? Il film ha una sua risposta, anche se
non troppo chiara. Perché il quarto merito che ha è quello di
mettere lo spettatore di fronte alla difficile scelta. Con chi
identificarsi? Con Charlie che dà asilo ad un povero senzatetto
braccato da inquietanti ragazzi in divisa e maschere? Con il signor
Sandin che afferma di poter uccidere se fosse necessario? Con la
moralità incrollabile di Mary che anche di fronte ai suoi carnefici
si rifiuta di usar loro violenza (lasciandoli sì in vita, ma con la
vergogna di dover condividere il quartiere dopo aver scoperto gli
altarini?). Non è affatto facile rispondere.
The Purge non è neppure
troppo violento. Nessuna scena splatter, nessun indugio gratuito
sulla violenza. Semmai, più che un thriller, è un dramma psicologico. Il regista preferisce concentrarsi sulle reazioni delle
persone piuttosto che sulla violenza in sé e per sé. La regia è
tutta un corridoio buio e torce che illuminano, in un sempre efficace vedo/non vedo, i visi di chi deve
decidere. Forse, anche per questo il film non è così thriller: sono pochi i momenti in cui si salta sulla poltrona e si procede più per analisi psicologica che per effetto speciale.
La regia si concentra sui video di sorveglianza e quelli
delle cronache giornalistiche – immagini che, per eccellenza, nel
cinema danno il senso della realtà: il video che controlla ma che,
allo stesso tempo, ci restituisce morbosamente immagini di violenza e
morte. Non occorre andare nel 2022 per farci capire come siamo: basta
guardare un servizio telegiornalistico o i video amatoriali su
youtube per capire quanta violenza inesplosa covi l'essere umano
dentro di sé. Quella violenza che si cela dietro chiunque,
soprattutto dietro i più insospettabili. Rhys Wakefiled, a capo
dello sfogo notturno, maschera/non maschera, pur giovanissimo
dimostra una bravura impensabile con quel viso tutto zigomi e occhi a
mezza luna, in un atteggiamento estremamente razionale e impeccabile:
è questo quello che sconcerta, quando la violenza ha il volto
riconoscibile di un biondo studente modello di una qualche
prestigiosa scuola privata.
In The Purge la minaccia
anonima suona al campanello e parla guardandoti dritto negli occhi.
Quella minaccia ha una maschera – e quella maschera può avere
tanti nomi, crisi economica, disoccupazione, corruzione politica. Ma
quando la minaccia si toglie la maschera, allora ci si accorge che
sotto nasconde il volto di una persona. La minaccia sono gli esseri
umani.
Commenti
Bellissimo thriller, scomodo ed inquietante.