Iron Man 3
Anno: 2013 - Nazionalità: USA - Genere: Action/Fantasy - Regia: Shane Black
Un film Marvel è un film per fan dei fumetti Marvel. Su questo non c'è alcun dubbio.
Un film Marvel è un film per fan dei fumetti Marvel. Su questo non c'è alcun dubbio.
Tuttavia, la Marvel sa
parlare anche a chi non è interessato alle belle pagine illustrate
dei suoi albi. O non sarebbe più di mezzo secolo che le storie si
moltiplicano e si adattano ai tempi. C'è poco da discutere: la
Marvel può piacere o non piacere, ma ha saputo creare il Mito (o uno
dei Miti) della contemporaneità. Pur con storie di fantasia spinta
oltre ogni limite, la casa Marvel sa parlare dei nostri tempi e
dell'essere umano.
Le storie attribuite ad
Omero hanno attraversato i secoli e, fondamentalmente, hanno narrato
ciò che avveniva nella società achea: guerre di conquista, guerre
per i commerci, guerre per il controllo delle tratte navali. Se
questa era la cronaca dei tempi, le storie cantate erano impreziosite
da necessari abbellimenti: così, a combattere non erano solo
condottieri, ma condottieri valorosi oltre ogni umana comprensione, a
volte semidei, altre volte dotati di intelligenza inarrivabile. Per
non parlare di quando intervenivano direttamente gli dei, sotto le
sembianze più paradossali.
Le storie omeriche hanno
avuto fortuna perché hanno saputo interpretare con forza i tempi,
ma hanno anche saputo parlare dell'essere umano – col risultato
che, ancora oggi, appaiono di grande attualità.
La casa Marvel non ha
fatto un'operazione molto dissimile, creando storie di eroi alle
prese col nemico di turno, un nemico sempre molto simile a quello che
fomenta il terrore degli Stati Uniti.
Ed eccoci ad Iron Man 3.
Iron Man 3 è tutto questo e qualcosa in più. Tony Stark fa la sua
terza (anzi quarta!) apparizione sul grande schermo e lo fa con stile
sopraffino, battendo per qualità di immagine e di scrittura anche i
precedenti due film a lui dedicati. Il regista è cambiato, stavolta
la direzione dell'uomo di ferro è affidata a Shane Black. E la
differenza si vede: Iron Man 3 non è solo un giocattolone da godere
in 3D, anche perché di scene d'azione ce ne sono abbastanza poche.
Iron Man 3, invece, punta molto di più sull'analisi del personaggio,
che si fa emotivamente più fragile e, allo stesso tempo, più forte.
La storia è successiva a
The Avengers. Dopo i fatti di New York, dopo gli alieni e il volo
quasi suicida nello spazio per salvare l'umanità, Tony Stark inizia
a soffrire di attacchi di panico. Non dorme più, gli si mozza il
respiro e passa tutto il suo tempo a costruire armature. L'armatura
diventa il rituale per proteggersi dal panico. Ma anche qualcosa in
più. In fondo, veniamo a scoprire che Tony Stark è una persona
molto fragile che non riesce mai a donare il vero se stesso agli
altri. Anche il suo atteggiamento da strafottente playboy è una
maschera, maschera che Stark toglie solo grazie alla sua relazione
con Pepper Potts.
Stark crea, così, una
serie di alter ego necessari a controllare l'ansia. Tanto è vero che
le sue armature servono a vestire e proteggere Pepper nei momenti di
pericolo e a combattere al posto di Tony stesso, che spedisce il
robot in guerra controllandone i movimenti da lontano.
In breve Tony Stark si
ritrova nudo, senza tecnologia e senza protezione a dover affrontare
il panico. Ma, si sa, l'attacco di panico viene solo quando si ha
paura di qualcosa, non quando quel qualcosa accade veramente. Perché
nel momento in cui l'accadimento accade, il panico va via e viene
fuori la forza per combattere.
L'eroe fragile alle prese
con le proprie paure è il filo conduttore del film, assieme alla
riflessione sull'ambiente familiare e sul rapporto di coppia. L'altro
filone è il terrorismo che – non è un gioco di parole – da
sempre terrorizza l'America. Tuttavia, come Tony Stark genera da solo
la propria paura, anche l'America autogenera il proprio terrore: e
quello che è il Mandarino, una sorta di Bin Laden con barba lunga,
mitra e occhiali, è il prodotto del deviato e megalomane
statunitense di turno. Gli Stati Uniti covano la serpe in seno, come
Tony Stark ha il suo più grande nemico dentro di sé. Con la
differenza – e qui sta la forza – che l'America non riconosce mai
di autoprodurre i propri nemici, mentre Tony Stark comprende infine
di essere egli stesso la radice del suo problema.
Ci troviamo, così, di
fronte ad un film complesso e stratificato, che può andar bene alle
frotte di amanti dello spasso da occhialini 3D, ma che pone sul
piatto d'argento non poche riflessioni sull'intimità dell'uomo,
sulla società e sul legame che unisce uomo e società.
Io sono Iron Man è
la frase che chiude il film. Una sorta di catarsi dell'uomo quasi
divino che soffre. Lo scopo di Iron Man è essere Iron Man senza
essere Iron Man. Lo scopo è poter essere di ferro senza indossare
una reale armatura, anzi, interiorizzando quell'armatura e divenendo
di ferro dentro, cioè dove realmente serve. L'esoscheletro, la
copertina di Linus, la maschera indossata sono solo superficie, la
vera forza del vero supereroe è essere supereroe dentro. Per questo,
rispetto ai primi due film, Tony Stark si fa più umano: prima
inarrivabile riccone con la battuta pronta, un dio in terra, in grado
di volare e di proteggere il mondo grazie ad un'intelligenza mai
vista, ora vicino all'uomo comune, seppure con una forza in più.
Quella che gli ha permesso di tenere a bada lo stallo psicologico ed
emotivo.
In fondo, è questo lo
scopo dei supereroi. Come le divinità greche corrispondevano ad un
vizio o ad un sentimento umani, così il supereroe è una proiezione
dell'uomo comune. Sentirsi un dio, sentirsi un nervo scoperto,
sentirsi diverso, sentirsi carico di responsabilità – anche in
questo sta la capacità della Marvel di creare il mito moderno.
Tecnicamente il film è
ineccepibile. Il rapporto tra scene d'azione e dialoghi è ben
calibrato, tanto che sono quest'ultimi a farla da padrone. Le
mirabolanti scene d'azione non appaiono veloci e disturbanti per la
vista, altro punto in più per il film. Anzi, Shane Black sembra
puntare molto sull'attenzione all'immagine, costruendo inquadrature
di grande impatto che necessitano di attenzione, non di stordimento.
Ad esempio, Black costruisce in maniera maniacale lo scenario caotico
per eccellenza, quello del post attentato: e, anziché creare una
scenografia incomprensibile, costruisce luoghi sospesi, sui cui muri
appaiono le ombre e le sagome delle vittime. Black si concentra molto
su Tony Stark, mostrandocelo ingabbiato dalle paure più grandi per
l'uomo: l'esplosione e il fuoco, il terrore della caduta da grandi
altezze, la paura di rimanere soffocati e immobili, il terrore di
essere intrappolati sotto copiose masse d'acqua, l'angoscia di perdere
casa e famiglia, il terrore di rimanere soli. E Black si concede
anche alcuni piccolissimi omaggi che vanno dall'est all'ovest del
cinema: l'immagine di Stark in mezzo alla neve che porta il peso
della sua armatura, coperto da un poncho, sta tanto tra l'espiazione
delle colpe di un film coreano e il peso del passato di un cowboy
chiamato Django.
Commenti
:-D
@Vele, perfetto, aspetto tue impressioni ;)!
@occhio: :D! Guarda, a me non piacciono tutti i film Marvel girati, alcuni sono molto deboli. Però questo è fatto bene, secondo me ;).