9
Anno: 2009 - Nazionalità: USA - Genere: Animazione/Fantasy - Regia: Shane Acker
9 è uno strano pupazzo.
Può vedere, sbattere gli occhi di metallo, pensare, respirare,
parlare. Un giorno, si sveglia in una stanza silenziosa e piena di
morte. Il mondo è pieno di morte. Uno scenario postbellico si apre
di fronte ai suoi occhietti curiosi e innocenti. Case sventrare,
cadaveri per la strada. Qualcosa ha devastato tutto. Ma non c'è
traccia di esseri umani vivi. L'umanità è finita.
Così, 9 esce dalla
stanza del suo risveglio e inizia ad esplorare il mondo. E scopre che
questo nuovo mondo postbellico, in cui il giorno e la notte non
esistono più ma solo nuvoloni che coprono il cielo perennemente, è
popolato da altri esseri come lui. Il curioso e anziano 2, il tenero
e monocolo 5, il vecchio, burbero e conservatore 1, il grande e
grosso 8, la combattiva 7, i gemelli muti e bibliotecari 3 e 4 e poi
6, che disegna strane cose e parla sempre di una fonte.
Cosa succede, lo
scopriamo piano piano. E, a fare da sfondo ad un film delicatissimo e
lirico, è la follia umana: la follia di un cancelliere che porta
addosso segni molto simili a quelli del nazismo e la follia di uno
scienziato animato da buone intenzioni, ma che si lascia sfuggire di
mano la sua invenzione.
L'invenzione più
terribile: la creazione ex novo del cervello umano. Una macchina. Un
cervello meccanizzato che, seppur perfetto, non ha sentimenti. Un
cervello che aziona macchine di morte e distrugge tutto ciò che è
umano.
Le macchine vincono
sull'uomo, che si estingue completamente.
I piccoli pupazzi
numerati, invece, sembrano avere un'umanità mai vista. Ognuno di
loro prova un sentimento diverso, ognuno di loro è una sfaccettatura
di ciò che di più o meno nobile fa parte della natura umana. Ma
tutti hanno voglia di far gruppo e di vivere, al contrario
dell'essere umano.
9 è un film di Shane
Acker, prodotto dalla brillante mente di Tim Burton, che in questa
sceneggiatura deve aver visto del potenziale. Potenziale enorme. Per
quanto il film appaia a tratti un po' frettoloso, è però un piccolo
gioiello in grado di convincere e di mantenersi sempre coerente. Non
viaggia sulla precisione delle cause e degli effetti – che comunque
sono ben spiegati – ma preferisce lasciare più spazio alle
emozioni. Il film è permeato di pochi dialoghi e di tanti silenzi. A
tratti, sembra quasi un film muto, specialmente nella scena finale,
in cui un lungo silenzio accompagna una delle risoluzioni
cinematografiche più di impatto degli ultimi tempi – finale al
limite della commozione.
Shane Acker non ci
mostra quasi per niente l'uomo. Il suo film è tutto giocato sulle
macchine: macchine impersonali e cattive e macchine buone. E,
tuttavia, Acker racconta come non mai dell'essere umano, delle sue
contraddizioni, dei suoi sbagli, ma anche dell'infinita bellezza che
sa e ha saputo creare. Certe aberrazioni – la guerra, le invenzioni
e il progresso sbagliati – sanno sempre essere bilanciate da chi,
per una forma di naturale resistenza, cova dentro di sé la voglia di
mantenersi umano. E, a volte, essere umano significa anche sapersi
mettere da parte, accettare la propria debolezza e, da quella
debolezza, saper inventare la forza. Spesso, è nei momenti di crisi
che l'uomo dà il suo meglio; spesso, l'arte migliore nasce proprio
da grandi scombussolamenti, sociali ma in primis intimi. Come fa lo
stesso scienziato che ha realizzato il cervello meccanizzato e che
decide, per salvare il mondo, di dar vita a tanti piccoli pupazzi
numerati con una forza particolare: quella di possedere il pensiero
umano.
La forza di 9, di 5, 6, 7
è proprio questa: quella di essere umani pur senza saperlo. Perché,
in fondo, il cervello umano, se animato da bei sentimenti, è ciò che davvero conta, ciò che
davvero sa essere immortale. Ciò che avrà una ripercussione sul
futuro. È il corpo umano che, invece, ci rende deboli. È la
consapevolezza di essere umani che ci fa sentire, a volte, inadatti
al mondo, alla natura, sottomessi al destino o a dio.
Un piccolo pupazzo,
ignaro della sua natura, diventa così più forte ancora.
Gli scenari di 9,
infatti, ci mostrano corpi umani finiti e polverizzati, ma un mondo
pieno di cose umane: libri e film, case, automobili e anche le armi,
sì, perché l'umano è bello ma anche brutto.
E, nel momento in cui
cade una pioggia miracolosa, si avvicendano due battute: “E ora che
faremo?” - “Non lo so, ma ora questo mondo è nostro.”: un
invito ad essere più consapevoli di ciò che abbiamo e del
sacrificio di chi, prima di noi, ha fatto di tutto affinché quel
mondo, questo mondo, potesse essere nostro, nel bene e nel male. Un
finale aperto, ma pieno di speranza: la speranza che l'uomo possa
proteggere il mondo e proteggere se stesso da ogni male.
E, tuttavia, 9 rimane un film difficile da spiegare e addirittura da recensire: è un film emotivo, che ruba le parole, che privilegia gli occhi e i sentimenti. Da vedere.
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