Redline



Anno: 2009 - Nazionalità: Giappone - Genere: Sci-fi - Soggetto e sceneggiatura: Katsuhito Ishii - Regia: Takeshi Koike

L'amore e la passione, si sa, sono il miglior boost esistente. Sono in grado di muovere qualunque cosa, anche le automobili: purché quelle automobili non siano solo un perfetto e algido ammasso di ingegneria meccanica, ma siano guidate da uomini in carne ed ossa, con un'anima, un cuore, sangue che scorre e un sogno da realizzare.
È questa la base – semplice ma universale e sempre vincente – del plot di Redline, un film d'animazione che riempie gli occhi e funziona proprio come il boost di Burnout per cinefili, appassionati d'animazione, nerd, otaku o semplicemente amanti dell'arte.
Sì, perché un'animazione come questa – risalente al 2009 – si vede davvero poco in giro.

Siamo in un futuro lontanissimo, quando i terrestri vivranno mescolati agli altri popoli dell'universo e potranno vagare tranquillamente da un pianeta all'altro. JP 'Bravo Ragazzo' ha passato gli ultimi anni di vita in galera perché particolarmente avvezzo a truccare le gare automobilistiche. JP ama le corse, ma, soprattutto, da bravo ragazzo qual è, finito non per sua scelta in un giro criminale, ama il sogno di Sonoshee McLaren che, sin da bambina, desidera vincere la Redline, la corsa più prestigiosa (e la più violenta) della galassia. Sonoshee, in anni e anni di corse, è diventata un vero e proprio schianto di ingegnere meccanico in shorts che pilota un'automobile all'ultimo grido. JP l'ha sempre osservata con ammirazione durante tutte le sue gare, sognando, sognando e ancora sognando...
Fino a che, un giorno, i due ragazzi, ormai cresciuti, non si fronteggiano all'ultimo boost durante la Yellowline, la gara che permette di accedere alla fatidica e mitica Redline.
JP non ha una gran macchina, si arrangia come può, ma ha una sana passione, un sogno da coltivare e un amore dolce e segreto da inseguire. Quale migliore occasione della Redline per far combaciare passione, sogno e amore? E, così, ci si trasferisce tutti a Roboworld, un pianeta di robot in cui la Redline, però, è vietata. Qui si scalderanno i motori senza regola alcuna, tra trabocchetti, missili, armi atomiche e di distruzione di massa pronte a esplodere sia dalle automobili che dal governo di Roboworld. La Redline a cui parteciperanno, finalmente, JP e Sonoshee sarà una tra le più agguerrite, violente e movimentate della storia; ma i due ragazzi, gli unici umani a gareggiare, avranno dalla loro le armi più potenti: il sangue, il cuore, l'anima e l'amore.














Non si esagera se si dice che Redline è uno degli anime migliori di tutti i tempi. L'animazione qui raggiunge vertici altissimi. I personaggi – tutti diversi, tutti sopra le righe – si muovono sinuosi, naturali, quasi reali nonostante la storia non abbia nulla di realistico. Col suo gusto - a tratti punk - per l'esagerazione, ma senza risultare mai opulento e barocco, Redline ci conduce in un trip psichedelico di quelli da cui non vorresti mai scendere. Le automobili futuristiche e paradossali sono solo una metafora del viaggio che lo spettatore, seduto sulla sua poltrona, fa guardando questo film. In Redline non c'è spazio per il già visto. Le stimolazioni nervose che vengono dallo schermo aumentano di inquadratura in inquadratura, di sequenza in sequenza. Ci si innamora dei movimenti, delle mosse azzardate, dei gesti plateali dei personaggi, tanto che allo schermo si chiede sempre di più, sempre di più, sempre di più! – e quel di più arriva, eccome. Si procede in un crescendo di palpitazioni e pulsazioni, i corpi – alcuni pesanti, pesantissimi, di bulloni e ingranaggi – si staccano da terra, perdono gravità, si contorcono in rocambolesche danze. La creatività non si esaurisce mai, come il carburante che anima le automobili e i sogni di JP e Sonoshee.














È così forte l'impatto del film sullo spettatore che il corpo si attacca alla poltrona, come aggredito dalla gravità che si scontra con la velocità – e le membra si deformano, proprio come quelle di JP quando schiaccia l'acceleratore.
Una volta fermi, si esce storditi, si barcolla, eppure non si è stanchi. Si vorrebbe ancora e ancora. Perché il film, veloce come è in molti passaggi, adrenalinico in ogni istante tanto da rifiutare la stasi, si chiude anche bruscamente, ma senza aver tolto nulla alla storia: la chiusura veloce, improvvisa, su quelle due parole che risveglierebbero anche gli zombie se pronunciate con ardore, quella chiusura veloce su labbra che si incrociano – ebbene, quella chiusura così repentina è d'obbligo, è come la frenata finale, lunga, intrepida delle automobili che hanno tagliato il traguardo. Tutto Redline si regge sulla velocità delle automobili da corsa – e questo non è affatto un difetto. Anzi: è l'aver trasformato il contenuto in forma. E, tuttavia, Redline è anche in grado di fermarsi: regala pause tenere e dolcissime, di quelle fatte di improvvisi silenzi e di immagini sintetiche in cui tutto il senso si racchiude – come un fiore e un orecchino lasciati fuori ad una porta o quell'incrocio di sguardi tra Sonoshee e un JP già rapito, durante la prima gara.



Qualcuno potrebbe accusare questo film di essere vuoto intrattenimento dimenticabile. Tutt'altro. Se si assaporano la velocità e l'ebbrezza che accendono JP e Sonoshee, allora si accede ad un nuovo modo di vedere le cose: meravigliarsi di tutto ciò che si ha intorno, spingersi sempre più in là, crederci, rimanendo umani. O, forse, si è in grado di spingersi sempre più in là proprio perché si è umani: le macchine si deteriorano, si rovinano. Distrutte, di loro rimane nulla – proprio come avviene nel finale! - ma dell'uomo rimane la scia dell'azione e del sentimento anche quando inizia a deteriorarsi. Scoprire di avere un sogno e un amore significa scoprirsi infiniti.
Come quel senso di infinito che ci dà l'immagine finale, eterea e fluttuante, in cui i colori si fanno tenui e traslucidi e perdono quel metallico che li ha caratterizzati per tutto il film.
Anche i piccoli – i piccoli di statura, beninteso – possono farcela. Anche la per nulla speciale auto di JP, col giusto autista, può farcela. Quale messaggio migliore di questo?

Redline fa il verso a tantissimo cinema, occidentale e orientale, d'animazione e non, ma rimane unico. La grande banana che JP ha in testa e che ha il sapore degli 80s, Sonoshee sofisticata ed elegante come tante ragazze ma intelligente e in grado di piangere per un sogno come solo poche, pochissime persone sanno fare, il nemico da battere, un Re di Hokuto in versione robotica, echi di Blade Runner, androidi, uomini macchina, alieni, meccanici-ragno, ragazze leziose, uomini travestiti da supereroi, automobili col corpo di donna... non si riesce a smettere di raccontare quello che c'è in questo film. Per non parlare della colonna sonora - vero capolavoro -  che si muove tra pause e silenzi improvvisi e scoppi di battiti che fanno tremare i muri.

Insomma, Redline corre per un'ora e mezza a tutta velocità lungo quella linea rossa e sanguigna che ci riporta a stati davvero ancestrali, alla meraviglia che trabocca dagli occhi e all'amore passionale che ribolle nelle vene.  


Commenti

Anonimo ha detto…
Koike è un genio, poche storie.
Ottimo disegnatore, efficace regista, superbo animatore, eccetera… praticamente l'esempio vivente che negli anime odierni non mancano i personaggi d'estremo talento.
Redline, poi è la summa della sua arte visto come s'è speso in quasi tutti i ruoli di punta della produzione.
Certo, se si tiene conto che Redline in patria è stato un clamoroso flop (tra le pernacchie dei così detti "fan dell'animazione") il passo è breve per capire che se d'una grana l'animazione giapponese odierna soffre, questa è la difficoltà di far lavorare a pieno ritmo i suoi cavalli di razza.
Troppo pattume viene prodotto e, purtroppo, premiato a discapito delle poche gemme troppo spesso messe all'angolo da un pubblico ottuso e infantile.


Tornando a Koike, ti consiglio di recuperare qua e la altri suoi lavori che, davvero, ne vale la pena.
Tra questi ti segnalo il corto "Record del mondo" dalla raccolta Animatrix e la breve serie "Trava: fist planet".
Notevolissimo anche il suo recente lavoro di design su Lupin III.

I miei migliori saluti
Tristam Strauss
Veronica ha detto…
Tristam, ti ringrazio per i consigli e, soprattutto, per aver ampliato il discorso.
Purtroppo riconosco di avere una conoscenza ancora scarsa dell'animazione giapponese; mi riesce difficile, dal mio misero punto di vista, pensare che Redline in patria sia stato un flop. Ma comprendo perfettamente quando parli di pubblico "ottuso e infantile". Molta produzione di anime e manga ricalca gli aggettivi che hai usato e, per riflesso, anche gran parte del pubblico deve essere così.