ROMA FICTION FEST - Borgia






In anteprima internazionale al Roma Fiction Fest, Tom Fontana presenta le puntate 9 e 10 della sua ultima creatura: Borgia.

Il prodotto televisivo è ammaliante e coinvolgente; non si resiste al fascino della corruzione e della lascivia, incasellate perfettamente in uno dei periodi storici più intriganti, oscuri e allo stesso tempo luminosi della storia d'Italia. L'Italia di Da Vinci e delle meravigliose creazioni artistiche fiorentine è anche quella della violenza, del papato corrotto, delle guerre di conquista e dei sacchi indiscriminati. I Borgia sono lì a Castel Sant'Angelo a rappresentare tutto questo, la storia, la guerra, la religione, l'arte, una delle famiglie che più ha influenzato Roma e l'Italia (sarà un caso che proprio in questo periodo si svolgono visite per tutta la capitale dal titolo “La Roma dei Borgia"?).


I Borgia sono una famiglia allargata: un papa con più donne e più figli; i figli alle prese tra destino storico e loro volontà, pazzia e avidità.

I tempi bui, ma, più che bui, foschi e impuri, dove la ragione di stato rende merce gli uomini, si riversano negli abiti, 
nei dialoghi pieni di preghiere e sconcezze, negli scenari occlusi, rosso cardinale, interni dagli affreschi di soffocante bellezza e ristretti cunicoli in cui ci si inerpica e in cui raramente si vede la luce. Tom Fontana indubbiamente realizza non solo un prodotto televisivo, ma un'opera: tutto è maniacale, la ricerca storica minuziosa, gli abiti capolavori della moda, gli attori scelti con una impressionante somiglianza con i ritratti ufficiali dell'epoca.








Le puntate di Borgia sono godibili, appassionanti e avvincenti, perfetto mix di accurata ricerca storica e tecniche narrative che romanzano il tutto, dando voce agli stilemi di genere.
Il fatto che si realizzi un'opera televisiva – francese tra l'altro – di siffatta cura fa riflettere: in Europa e negli Stati Uniti non è un optional prestare attenzione alla qualità televisiva. Numerose sono le serie tv che creano discorsi e problematiche, caratterizzate da creatività perfettamente autonome e versatili. Ci si chiede perché le numerose capacità italiane non vengano usate per realizzare storici, thriller o anche sci-fi di simile natura. Forse è per questa mancanza che al Roma Fiction Fest c'è una enorme sproporzione: sono stati presentati tutti serial stranieri a fronte dei pochi italiani, laddove quelli stranieri hanno trame particolari e sui generis mentre quelli italiani non vanno oltre l'amore e la psicologia quotidiana. Il mercato italiano della serialità televisiva ha chiaramente un buco produttivo, non riesce a decollare (se non per un target di adulti/anziani) e non riesce ad essere esportato all'estero perché troppo provinciale – sia nelle storie che nel formato.

Borgia non è opera per pochi né è d'essai o d'autore: risponde perfettamente ai criteri tv, usa i cliffhanger e quelle formule del racconto televisivo (la serialità che li rende eterni, la continua interruzione, il legame quasi familiare con il pubblico) che incollano gli spettatori alla tv. E questo nonostante tecniche narrative non sempre viste: sapiente l'uso del flashforward o del racconto con voce fuori campo di azioni che avverranno, mentre le immagini mostrano l'avverarsi di tali azioni; le inquadrature non sono i soliti campi controcampi ma spaziano, arrivando anche a movimenti di macchina spettacolari e a punti di vista vertiginosi.
Borgia è un piacere da vedere: per gli occhi, la mente e il corpo. Un'esperienza a tutto tondo che mostra anche le potenzialità delle tecniche narrative seriali televisive. 




Un altro mio articolo in proposito si trova su Taxi Drivers

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