PROIEZIONI NOTTURNE - Playing for Charlie

Visto che avevo intenzione di realizzare qualche rubrica su questo blog e visto che studio principalmente cinema, inizio dal cinema. E visto anche che ho passato gli ultimi otto giorni di ottobre al Festival del cinema di Roma, allora vi parlerò dei film che ho visto lì: in modo tale da portare anche un po' di conoscenza su produzioni cinematografiche che tanto in Italia mai si vedranno: si potrebbero definire film d'essay, solo perché sono film australiani, olandesi, brasiliani, argentini e così via; in realtà se li si va a vedere si capisce che li si definisce d'essay solo perché, vista la loro provenienza geografica, non sono americani o italianopopolari e quindi non spendibili commercialmente. Io, invece, credo di aver visto dei film assai godibili e questo vale per chiunque, anche per chi non è molto abituato a vedere film.
Ma comunque. Iniziamo.
Il primo film che ho visto, per la sezione "Alice nella città" è stato Playing for Charlie.
E' un film australiano di una regista esordiente, Pene Patrick. Ho appena letto un articolo su questo film sulla rivista Close-up, la quale non è per niente buona con il lungometraggio, anzi, spara a zero in continuazione sul film e sul festival. Sul festival ha ragione: fino allo scorso anno non era un "Festival" ma una "Festa", il che dà alla cosa un senso completamente diverso; inoltre, rispetto all'altro anno, quest'anno non ci sono stati grandi eventi di rilievo culturale.
Su quello che dice del film, invece, potrei dissentire. Devo dire che non mi piace leggere la "critica" ai film: io sono abituata a fare un'analisi dei film di tipo accademico, quindi usando un procedimento più scientifico: mi pongo una tesi, vado alla ricerca della sua conferma o smentita, elaboro il risultato. Quindi, per me, una critica è assolutamente inutile, perché tra l'altro é molto basata sul gusto di chi la scrive, invece un accademico può scrivere che un film è interessante a livello scientifico anche se non è proprio il suo film preferito.
Dunque: per me un film è interessante se la sua forma elabora un contenuto. Cioè se dalla forma io ho compreso appieno il senso e il contenuto del film. E io qualcosa di questo genere in Playing for Charlie l'ho trovata. Il film racconta la storia di Tony, un ragazzo di 16 anni con la passione e un gran talento per il gioco del rugby (del resto, stiamo in Australia!). Però Tony non se la passa troppo bene: suo padre è morto da un anno, lasciando lui e la madre in una grave situazione economica; in più, c'è Charlie, questo fratellino di pochi mesi, un bimbo bellissimo che sta mettendo i denti e per questo piange in continuazione. La mamma di Tony è malata di sclerosi multipla e lavora soltanto di notte come telefonista in un call center (vi prego, non tagliatevi le vene!). Pertanto, è Tony che si occupa di Charlie, per tutto il giorno. La complicazione nasce quando qualcuno nota Tony e vuole farlo entrare nella squadra di stato di Rugby, con borsa di studio e trasferimento in Sudafrica. A questo punto, sono due i grandi problemi di Tony: l'opposizione della madre al suo allenamento a scopo valutativo nella squadra di stato e il fatto che il ragazzo porti gli occhiali, i quali gli impediscono di giocare liberamente a rugby. E non può permettersi delle lenti a contatto. Allora spunta fuori Scarf, fratellastro delinquente di Tony, più grande di lui: Scarf aiuta Tony in ogni modo, gli dà le lenti a contatto, le scarpe da ginnastica nuove ma lo fa rubando e chiedendo in cambio a Tony aiuto in una sua azione criminale.
Non vado oltre. Tony è un ragazzo che, nonostante la sua età, è completamente responsabilizzato. Nasconde alla madre i suoi allenamenti con la squadra di stato, che avvengono di sera, quando lei è al lavoro, e per questo il ragazzo porta con sé al campo Charlie, al quale dà il latte e cambia i pannolini tra flessioni, un calcio al pallone e una meta. Lo spettatore arriva a provare una enorme rabbia nei confronti delle persone che circondano Tony e che non ne capiscono il valore, anzi lo sfruttano a più non posso, in primis la madre, poi il fratellastro Scarf, poi Tony incontra difficoltà con gli allenatori che vorrebbero dare la maglia numero 10 a un fighetto figlio d'arte e nipote d'arte.
Close-up lamenta, per questo film, una mancanza di estro registico. Uno: non per forza un regista per raccontare una storia deve fare un film alla Bergman o alla Fellini; due: una cifra formale c'è, è quasi nascosta e in sordina, ma quando la si nota, è un vero tocco di poesia.
Ed eccola: sin dalla prima inquadratura e per l'inizio di ogni sequenza, l'immagine nasce fuori fuoco, cioè sfocata. Si fa fatica a capire quale sia l'immagine, ma a poco a poco lo sguardo che guarda mette a fuoco la sua visuale e appare praticamente sempre un paesaggio; questo in accompagnamento ad una musica che dapprima sembra un carillon, poi ci accorgiamo che è una chitarra elettrica che simula un carillon, riempie del tutto l'immagine, la satura, inizia l'arpeggio con un grande riverbero. Quello che ne evinco è che ciò a cui assistiamo è la soggettiva di Tony, che non vede bene, che gioca senza occhiali, ma soprattutto che non riesce a mettere a fuoco il mondo, non lo mette a fuoco sia a livello fisico che a livello mentale, perchè non capisce, perché si trova a disagio in un mondo che, per qualche strano scherzo del destino, sembra convogliare tutte le sue brutture contro di lui. E infatti il paesaggio che viene messo a fuoco è quasi sempre un paesaggio naturale, corrotto da fabbriche inquinanti. Il film è pieno di questi momenti assolutamente extradiegetici, di commento, di interiorità del protagonista, di poesia e quindi di accentuazione del senso del film. E' ciò che dicevo prima: quando la forma mi dà il contenuto, mi dà il senso del film.
Trovo che certe perle nei film (o almeno: per me sono perle), valgano l'intero film. E non sono assolutamente d'accordo con Close-up che dice che un film del genere, così "lacrimevole", non sia di nessun insegnamento ai ragazzini a cui la rassegna Alice nella città era dedicata. Se volete, potete leggere la breve critica di Close-up al film qui. Non vorrei raccontarvi il finale. Magari, se lo volete conoscere me lo chiedete espressamente. Anche perché non credo che in una sala italiana uscirà questo film australiano.

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