Revolution
Revolution immagina che il mondo si
divida cronologicamente in due ere: quella prima del blackout e quella dopo il
blackout.
Il mondo prima del blackout è il mondo
che conosciamo noi oggi, in cui a dominare sono l'elettronica e l'elettricità, il digitale, Google, i social network, l'e-commerce, gli iPhone e gli
smartphone.
Il mondo dopo il blackout è un mondo
in cui non esiste più il click che semplifica la vita e che fa le cose al posto
nostro. Un giorno, la luce si spegne per non riaccendersi più. Non contano
né il denaro, né le carte di credito, né il computer, né Internet. Si viaggia
a piedi o a cavallo, per mangiare si è costretti a cacciare, per comunicare si
scrivono parole su papiri neppure troppi elaborati e le si spediscono usando messaggeri o piccioni viaggiatori.
Per scongiurare il disordine, un uomo,
tale Monroe, crea una repubblica e una milizia personale, violenta e
dittatoriale - una cosa molto vicina alle SS di Hitler. Monroe vuole reprimere
i ribelli, dei neopatrioti che combattono per riportare in vita gli ormai
illegali Stati Uniti. Ma Monroe vuole anche carpire il segreto per ripristinare
l'elettricità e ottenere il potere assoluto. E, a quanto pare, qualcosa si può
fare: depositaria del segreto sarebbe la famiglia Matheson, la cui primogenita, una bionda sempre politically correct di nome Charlie, parte alla ri cerca della verità.
La serie tv, appena alla prima
stagione, ha numerosi punti di interesse. La riflessione sul digitale - che
oggi è la nostra vita - è parecchio interessante. Il blackout ci pone di fronte all'evidenza: solo ciò che è tangibile è
importante e davvero reale. La madre che vede spegnersi il suo iPhone e, con
esso, sparire tutte le foto dei propri figli è illuminante: ha perso ogni
ricordo, ogni istante della propria vita nel buio di un oggetto effimero e
impersonale, su cui facciamo sin troppo affidamento. La riflessione non è solo
emozionale e morale, ma investe anche l'aspetto economico: il dipendente della Google, genio
e nerd, che, spenti i computer, perde il lavoro e i suoi ottanta
milioni di dollari non cash ci permette di comprendere quanto l'economia digitale
rischia di essere lontana da quella reale e di rivelarsi precaria, del tutto inutile.
In fondo, l'era digitale ci sta donando "oggetti" fatti di sola luce, quella dello schermo: spenta la luce rimane il nulla e l'uomo rischia di non tramandare più alcun oggetto culturale.
Allo stesso tempo, la serie è in
bilico precario. Rischia, da un momento all'altro, di cadere nel baratro delle
complicazioni più astruse che potrebbero rendere banale la storia. La
misteriosa pennetta usb che si illumina, accendendo qualche lampadina, è un
universo tutto da scoprire. Sperando che non sia un'immane arrampicata sugli specchi.
Perché tanto timore? Perché, sì, la
serie ha spunti post apocalittici di grande impatto. Allo stesso tempo è una produzione
poco cruda e molto patinata, che fa man bassa di altre creazioni di diverso
genere. È quasi divertente mettersi davanti al televisore e giocare a
riconoscere tutti i padri ispiratori di Revolution: Lost, Flashforward, Hunger
Games, Assassin's Creed nelle modalità di combattimento, scenari alla
Uncharted, milizie sacrificabilissime alla Hokuto no Ken, The Walking Dead
perché ormai ha fatto scuola a proposito del post- apocalittico.
Per ora, nonostante un'eccessiva
patinatura, scenari troppo fasulli e una scelta non sempre azzeccata degli
attori, Revolution avvince e si lascia guardare. Sperando che non scada come
Lost, una delle più grandi delusioni nella storia della serialità televisiva. Ma questo è
materiale per un altro post.
Commenti
per me è una delle serie peggiori degli ultimi anni...