Painting of the Week: Ritratto di Wally (Egon Schiele, 1912)



La Grande Guerra ne ha fatte di vittime. Soldati, crocerossine, mogli e madri in attesa, ammalati di febbre spagnola. Nessuno sapeva quanto sarebbe durata. Semplicemente, è accaduta. Un giorno, la guerra è scoppiata e gli europei dell'epoca hanno tentato di far proseguire le loro vite come se al fronte non ci fossero battaglie o come se malattie e proiettili fossero l'eco lontana delle pagine dei giornali.
Oggi, sappiamo che la guerra sarebbe durata "solo" cinque anni e che fu la prima vera guerra della modernità. Quando apriamo le pagine dei libri di storia e studiamo fatti e date antecedenti il 1914, leggiamo tutto in funzione di quel macroevento che fu il primo conflitto mondiale. Deformazione dell'"a posteriori". Fortunatamente - o sfortunatamente - per loro, gli europei degli anni Dieci nulla sapevano di quello che sarebbe avvenuto di lì a poco.

Spesso, affrontiamo la Storia e le sue opere in questo modo. Forse è sbagliato, ma anche affascinante: leggerle sottolineando il contrasto cronologico tra noi - gente di oggi - che sappiamo e loro - gente dell'epoca - che vivevano alla giornata.

La bella Valerie, qui, ha diciotto anni e uno sguardo fresco e pungente. Lo sta guardando dritto negli occhi e quegli occhi dicono molto di più degli occhi di una modella avvezza al mestiere. Azzurri ma non limpidi come l'acqua, sinceri, ingenui, innamorati. Quegli occhi così grandi non sono solo superficie, ma parlano: loro complici sono il naso lungo e sottile e la bocca grande, rossa e asimmetrica. Perché questo dipinto ha una strana alchimia. Più lo si guarda e più l'espressione di Valerie muta - non solo freschezza e sincerità, c'è anche un velo di malinconia, il segno che tutti portano tra le pieghe del proprio volto e che un giovane Egon, ancora una volta, ha saputo cogliere.
Valerie Neuzil ne aveva passate tante accanto a lui. Al secolo: Wally. La diciassettenne amante e modella di uno strano pittore, una che si spoglia facilmente, una che convive con un uomo senza essere sposata. E, nonostante questo, Valerie continua a sbocciare: perché l'impressione che ne dà Schiele è che lei sbocci dall'abito nero come il fiore che ha dietro di sé; la giovane si erge dallo stelo e i petali, sorretti dai grandi occhi, sono quei capelli rossi arruffati e schiacciati dal cappello bianco. Valerie vive, la sua figura sa di vita. L'aria, intorno a lei, è data da pennellate dense e bianche, che Schiele rende come triangoli incastrati gli uni negli altri. Le pennellate bianche sembrano vento, la tempesta della vita che sballotta Wally e tutti gli esseri umani, quella da cui ci difendiamo infilando pesi sempre più massicci in tasca e contro cui, a volte, la più pesante delle ancore può nulla.

Nel millenovecentododici, Wally non sapeva che Egon, a lei, avrebbe preferito un'altra, Edith. Non sapeva che, di tre, sarebbe stata la seconda fondamentale donna della vita di Schiele. Non sapeva della guerra, né sapeva che quell'immane catastrofe l'avrebbe portata via a ventitré anni con la divisa da crocerossina. Di lì a due anni, Valerie avrebbe abbandonato il sentiero del suo pittore e ne avrebbe preso uno, breve, tutto suo. 

Eppure, Egon l'ha resa immortale, l'ha assurta a Esempio e Idea. Egon ha dato la vita a Wally e l'ha usata come raffigurazione della vita nel presente - l'essere che conosce il suo passato ma non se ne lascia affliggere in nome della speranza per il futuro. Così, Valerie diventa un fiore colorato e semplice, vitale e gioioso, come quello stelo che le è accanto. Un fiore travolto dalla tempesta, fragile, piegato, la cui vita appassisce nel giro di due giorni. Quello che, seppur brevemente, sa brillare di luce propria.


Viviamo nell'epoca più violenta che il mondo abbia mai visto. - Ci siamo abituati a tutte le privazioni - centinaia di migliaia di persone periscono miseramente - ciascuno deve sopportare il proprio destino di vita o di morte - siamo diventati duri e intrepidi. - Quello che esisteva prima del 1914 appartiene a un altro mondo, quindi guarderemo sempre al futuro, - chi è senza speranza fa parte dei morituri - noi dobbiamo essere pronti a sopportare tutto ciò che la vita ci porterà.
E come il sole torna a risplendere dopo la tempesta,  così anche noi conosceremo il sole!

(Vienna,  23 novembre 1914, lettera alla sorella Gerti Schiele)

Commenti

Vele Ivy ha detto…
Grazie a te sto scoprendo un pittore che non ho mai amato più di tanto.
Questo quadro non l'avevo mai visto, ma mi ha catturata. Lo sguardo di Wally è incredibile. Certo, sta guardando Lui, Egon, ma guarda anche noi. Ogni persona che vede il quadro rimane coinvolta. Sembra voglia dirci qualcosa di inesprimibile e proprio in questo sta la grandezza del quadro.
Dopo un primo sguardo personale, ho letto tutto il tuo articolo e ho scoperto molti altri messaggi nascosti. In particolare, mi ha colpita la metafora del fiore... è proprio vero, il suo viso sembra essere al centro di una corolla che si erge sullo stelo. Bellissimo.
Veronica ha detto…
Sono contenta, Vele, che ti stia appassionando a Schiele. Io l'ho conosciuto al liceo grazie ad una prof appassionata che ci portò a vederlo dal vivo... E vederlo dal vivo è stato un colpo di fulmine!
Schiele realizzò un suo ritratto speculare a questo e che fa coppia con quello di Wally... Stupendo!
curlydevil ha detto…
La bellezza esaltata dalla sua caducità, mi piace quando un artista ci parla di questo.
Veronica ha detto…
Verissimo, curly. La capacità di cogliere l'istante pur senza una macchina fotografica, ma dopo aver pensato a lungo...