Giornata del Drago - San Giorgio e il Drago (Paolo Uccello, 1456)
Il drago è una figura
che ammalia e respinge, ricca di molteplici risvolti. Potentissimo
generatore di fuoco, possiede quella capacità che ogni uomo
vorrebbe: volare. E il drago vola nonostante la zavorra del suo
corpo, nonostante le zampe massicce e la coda lunga. Di certo, non ha
la leggiadria di un uccello: anzi, la sua pesantezza fisica è più
vicina a quella dell'uomo. Ma il drago vola, l'uomo no.
Sarà per questo, per una
sorta di invidia tutta umana, che l'uomo, spesso, lo ha attaccato,
combattuto, imprigionato, cosiderato una creatura irrazionale e
crudele? Non sempre, certo. Le storie si alternano: quelle in cui il
drago è un nemico e quelle in cui il drago diventa amico, passaggio
fondamentale per liberare ciò che davvero nell'uomo vola: la
fantasia.
Immaginare un mondo
popolato da draghi, in cui il cielo si lascia fendere dai loro
impetuosi voli, significa immaginare un mondo che raccoglie, in sé,
il terribile e il fascinoso, il sublime e il conciliante. Il drago,
così, diventa metafora della sfaccettata natura umana, solo che
portata alle estreme conseguenze.
In Italia e, in
particolare nell'Arte italiana, c'è poca iconografia del drago. Il
drago è legato a mondi fantastici, a storie di castelli e
principesse, mentre l'arte italiana, per secoli, è stata legata
quasi esclusivamente alla religiosità e alla spiritualità. Così,
il drago appare soprattutto in quelle opere che lo raffigurano
sconfitto da San Giorgio, quindi, in opere in cui la creatura è
affiancata da un essere umano vittorioso e salvifico. Lo schema è
quasi sempre lo stesso: la principessa Silene assiste alla lotta tra
San Giorgio e il Drago. Il Santo ne esce vincitore.
Nel corso del
Rinascimento, il periodo in cui l'uomo avverte di essere Uomo e
comprende di poter plasmare il proprio destino contro
l'irrazionalità, l'iconografia di San Giorgio e il Drago sembra
avere fortuna. Tre opere, più di altre, trovano spazio nei libri: la
scultura/rilievo di Donatello a Orsanmichele (1415-1417); il San Giorgio e il Drago di Paolo Uccello (1456); infine, l'omonima opera di Raffaello (1505).
Tre generazioni di
artisti, tre modi di interpretare il Rinascimento, tre opere uniche e
particolari: ma solo una devia e afferma qualcosa di davvero diverso - l'opera di Paolo Uccello.
La statua di San Giorgio
realizzata da Donatello, che si erge fiera sopra la tavola in marmo
raffigurante la lotta tra il santo e il drago, è un saggio
sull'Umanesimo e le capacità umane. La figura del santo –
meravigliosa, umana ed espressiva – regge lo scudo, probabilmente
dopo la lotta. Il corpo atletico di Giorgio è in piedi proprio sopra
il punto di fuga della lastra sottostante, dove, grazie all'abilissima e
geniale tecnica dello stiacciato, appaiono il cavallo del santo che si
impenna e il drago sconfitto ridotto ad una massa informe. L'uomo
vince su tutto.
Raffaello dipinge
un'opera immediata e movimentata, ricca di spirali, quella
dell'avvolgimento del corpo del drago e quella della contorsione del
cavallo e del santo. Emerge la figura quasi da adolescente di
Giorgio, che affonda un drago grottesco, leonardesco e demoniaco. Il
santo è, ovviamente, l'elemento principale del dipinto, posto in
alto rispetto al drago che si ritira rabbiosamente.
Paolo Uccello, come
dicevamo, lavora in modo diverso. Paolo Uccello è da sempre
considerato al margine del primo Rinascimento, una figura che usa la
prospettiva, sì, ma con un piede nel tardogotico e uno
nell'irrazionalità. E, se l'irrazionalità (degli spazi e dei corpi)
è ciò che la prospettiva doveva evitare, allo stesso tempo
l'irrazionalità è l'elemento migliore per interpretare la battaglia
tra San Giorgio e il Drago. Paolo Uccello mette al centro
del dipinto proprio il drago. Qui, la figura umana è marginale,
piccola, quasi insignificante. La principessa non si strugge né si
spaventa, con la sua testa minuta ridotta ad un ovale; il santo è
una figura quasi senza volto, nascosta dall'armatura e dal cavallo
che si impenna. Più importanti di Giorgio e di Silene sono, invece,
l'oscura grotta alle spalle del drago e le nubi che avanzano dietro
il santo.
Paolo Uccello usa la
prospettiva lineare, ma a proprio modo: nulla appare statico,
canonico o stabilito nei suoi dipinti. Piuttosto, il pittore
preferisce usare la prospettiva per raggiungere inesattezze ottiche,
in altre parole, per realizzare mirabolanti effetti speciali. Spesso, l'artista incastra tra loro diverse griglie prospettiche, creando più punti di
fuga che costringono l'occhio a vagare da una parte e dall'altra.
Alcune opere di Paolo Uccello sembrano essere addirittura specchi
rotti, i quali donano quell'effetto di scomposizione, appiattimento e
moltiplicazione illusoria dell'immagine.
Paolo Uccello, in altre
parole, ha mostrato all'Arte il rovescio della razionale e logica
prospettiva lineare: non solo la divisione pacata e ragionata dello
spazio. Chi ci dice che lo spazio sia realmente così? Tutto rivolto
ad un unico e inconfutabile punto di fuga? La profondità, del resto,
è incontrollabile, come incontrollabile e imprevedibile è la
profondità dell'animo e della fantasia umani.
Così, ecco che Paolo
Uccello si concentra sul drago: legato, ma con le ali spiegate. Né
grottesco né sconfitto: il drago di Uccello ci porta altrove. Una
sua ala, verde e con i cerchi bianchi, ci conduce verso le nubi. Le
nubi si attorcigliano e creano un vortice nero che risucchia. L'altra
ala, nera e con i cerchi rossi, ci conduce dentro la caverna. Né
l'ingresso della caverna, né il pertugio delle nubi mostrano la fine.
Il risucchio è totale, l'uomo viene annullato, la razionalità
anche: un invito a lasciarsi trascinare, ad andare oltre la mente, la
logica, il pensiero. L'invito è quello a sperimentare lidi
fantastici e poco conosciuti, a fare un salto nel buio, a conoscere
il rovescio della realtà. E quale miglior invito di quello proposto
dalle ali spiegate e coloratissime di un drago?
Commenti
@Maria: cara Maria, fa' pure :). Ne sarei molto onorata e contenta!
@DOC: ti ringrazio, DOC. Sempre creativo nel fare i complimenti.
L'umanità ha lasciato capolavori immortali come quelli di cui ci hai parlato, ma anche tante guerre. Come sarebbe bello se gli uomini fossero capaci solo di dipingere meravigliosi quadri e dimenticassero l'arte della guerra...
Alfa, ti ringrazio tantissimo e benvenuto nel mio blog! :)