Incubo sulla città contaminata (Nightmare City)





Anno: 1980 - Genere: Horror - Nazionalità: Italia - Regia: Umberto Lenzi

Trovarsi a vedere, per pura e lampante casualità, un film che fa capire quali origini abbia avuto Hugo Stiglitz, il bestiale sergente di Tarantino in Bastardi senza gloria, non può che essere un vero toccasana per menti cinefile. 

Il film in questione, andato in onda in seconda serata su Horror Channel (un canale tutto da scoprire!) è Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi. Negli Stati Uniti è conosciuto come Nightmare City. Anzi, sarebbe più opportuno dire che il film negli Stati Uniti è molto più conosciuto che in Italia.


Incubo sulla città contaminata ha per protagonista l'attore messicano Hugo Stiglitz. Un bel biondo latino, indubbiamente, protagonista di tutti quegli horror low budget che oggi strappano la risata. Il cattivissimo bestione tedesco di Bastardi senza gloria è un chiaro omaggio di Tarantino a Stiglitz.







Poi.
Gli zombie di Lenzi sono un po' particolari. La "malattia", la "contaminazione", ha avuto origine dall'effetto dell'esposizione a radiazioni da parte delle vittime.
Qui viene in mente un film dell'amico/collega di Tarantino: Planet Terror di Rodriguez. In particolare le facce piene di bolle di Willis&Company sono molto simili alle maschere paradossali, piene di pustole, dei contaminati di Lenzi.

Gli zombie di questo Incubo non sono stupidi. Sono ben organizzati, brandiscono pugnali, uccidono e bevono sangue come vampiri. Ma soprattutto: corrono.

Fino a due giorni fa era netta la mia convinzione che i primi zombie a correre fossero stati quelli di Danny Boyle in 28 giorni dopo. Ma, evidentemente, non è stato così. Si può dichiarare con sicurezza - a meno che non scopra altri zombie atleti prima del 1980 - che Lenzi ha messo in scena i primi non-morti con il pallino per la maratona. 

E ancora: la scena finale di Incubo si svolge in un luna park pieno di armi, pistole, mitraglie, camionette dell'esercito. Dean Miller (Hugo Stiglitz) e sua moglie cercano di sfuggire agli zombie salendo su un ottovolante spento... E viene in mente la sequenza finale di Zombieland. Un Luna park - certo notturno - le armi, la fuga dagli zombie sulle attrazioni più elevate...

Ultimo particolare: in Incubo, la figlia del generale e suo marito vengono colti di sorpresa nel bel mezzo del loro amorevole campeggio con un bel camper. E dove lo mettiamo il camper di The Walking Dead?

È vero che gli stilemi di certi film, come quelli sugli zombie, si ripetono all'infinito, perché proprio nella loro ripetizione sta il piacere suscitato da un simile genere cinematografico. Ma qui si va ben oltre, si passa dalla semplice citazione, all'omaggio, all'idea "rubata".

Vuol dire che il film a basso costo girato con attori internazionali, macchine e abitazioni italiane, ma nomi dei personaggi americani - in un pot-pourri esilarante, oltre che straniante - è un film che, negli USA, tanti hanno visto. In Italia, forse, può essere un cult per pochi appassionati del genere.

Ma, al di là di quanti lo abbiano visto, possibile che un regista di genere come Lenzi che, tra l'altro, dimostra di saper sviluppare bene le tecniche della suspense (e che infila la citazione che non t'aspetti: la cantina di Romero ne La notte dei morti viventi), non abbia avuto seguito? 

La risposta è chiara. 
In Italia c'è attenzione per il solo cinema d'autore, atteggiamento che ha portato a tre conseguenze: da un lato si è sviluppata una cinematografia d'autore, buona, a volte meramente contenutistica, ma ormai con poca presa, perché dopo Fellini, Pasolini e Antonioni è diventata provinciale; dall'altro si è prodotto un assurdo surplus di commedie italiane tutte uguali e tutte brutte; infine, si è relegato quel poco cinema di genere che abbiamo negli scantinati della distribuzione. Con il risultato che si sbancano i botteghini con operazioni indegne come I soliti idioti e non si dà vita al cinema di genere.

Cinema di genere che, è bene sottolinearlo, è quello che tira su le sorti dei mercati: basti guardare come ragiona Hollywood, ma anche la Corea del Sud e le altre cinematografie nascenti che, presto, soppianteranno l'Italia. 

Insomma: evviva Lenzi! Quel regista che, nel bel mezzo di un classico horror, ti inganna. E t'inganna così tanto che è meglio stare attenti alla non casuale parola "incubo". Prima che l'incubo diventi realtà...


Commenti

Anonimo ha detto…
Veronica, stai attenta!
Per il vero cultore del genere zombesco, quelli di 28 giorni dopo sono "contaminati" e non "zombi".
Lo so, son sottigliezze ma, affrontando il cinema, diciamo, a grana grossa, è bello essere puntigliosi...

I miei migliori saluti
Tristam Strauss
Veronica ha detto…
Hai perfettamente ragione! Gli "zombie" - anzi i contaminati - di Boyle erano affetti da rabbia, se non ricordo male :). È bellissimo vedere a quante sfumature può essere soggetto un personaggio - lo zombie - apparentemente, solo apparentemente, monolitico. E rilevare tutti i discorsi più generali a cui lo zombie porta: Boyle ci parla degli esperimenti sugli animali, Lenzi, con la panoramica d'apertura sulla centrale nucleare, forse non ci propone solo un banale horror.
Grazie per il tuo puntualissimo commento!
Vele Ivy ha detto…
Ma dai! Non sapevo l'origine del personaggio di Hugo Stiglitz! Avendo adorato "Bastardi senza gloria" (sono rimasta folgorata quando l'ho visto al cinema) questa notizia mi ha fatto gola!
PS: interessante il tuo blog, lo vado a mettere nel mio blogroll...
Film che, senza eccessi, mi è sempre piaciuto, alcune scene sono memorabili, le ambientazioni idem. C'è anche inquietudine... Hai detto già tutto sulle ispirazioni, è una pellicola che, seppur B, ha fatto scuola. Buono l'appunto di Strauss, e ad essere ancor più precisi, anche in questo film le persone non sono morte e resuscitate, ma contaminate (come hai accennato), quindi non si tratterebbe di zombi. Mentre, se si vuole considerarli tali, sono effettivamente i primi a correre.
Lenzi e i suoi simili era bistrattati dalla critica del tempo, c'è voluto un manipolo di appassionato quarant'anni dopo per riscoprirli. Questo in Italia, perché all'estero sono venerati quasi quanto un Fellini o Antonioni, in USA, Giappone, Francia e Russia in primis.
Veronica ha detto…
@Vele Ivy: guardando i film di Tarantino si scoprono riferimenti a volte infinitesimali, a volte semplici omaggi che non hanno motivi precisi nella storia, ma sono solo puro divertimento per il cinefilo Quentin! (io seguo il tuo blog già da un po'... :))

@Occhio sulle espressioni: hai detto bene, il film fa trapelare anche profonda inquietudine. Credo che tale sentimento si senta maggiormente nella sequenza della casa della scultrice, con le sue creazioni deformi e la cantina non proprio disabitata. I contaminati di Lenzi, poi, non sono così in linea con lo zombie vero e proprio: alcuni, dopo i morsi, muoiono, altri invece vengono contagiati. È giusto fare i dovuti distinguo tra zombie veri e propri, le cause della cui "malattia" sono sconosciute, e contaminati per motivi più o meno razionali. Ma i fautori dei diversi generi, spesso, tendono a mescolare le carte...
Vero, si deve scindere con dovizia di particolare, in un momento in cui l'originalità manca consideriamo almeno le caratteristiche delle vecchie pellicole per tali che sono! :)
Unknown ha detto…
Non conosco il film in questione ma lo hai descritto in maniera così precisa e articolata da farmi nascere il desiderio di vederlo. Ti farò sapere. Ciao Veronica.
Anonimo ha detto…
Riguardo alla lenta agonia del cinema di genere italiano c’è da provare sicuramente forte rammarico per come non si è riusciti a sfruttare la totale esplosione produttiva degli anni settanta/ottanta qui, nella penisola.
Anzi, direi che più di un’occasione sfuggita di mano si può parlare di un infanticidio messo in opera con il sorriso sulle labbra…
Però, mi viene da dire che se una grossa fetta della colpa è da addebitare ai produttori afflitti da forte miopia, pure molti dei nostri così detti autori di genere han mostrato vistosissime crepe e manchevolezze.

Guardando indietro nei “gloriosi anni” del nostro cinema di genere son davvero ben pochi gli autori che sono riusciti a scrollarsi di dosso l’italianissima e proverbiale cialtroneria nel fare cinema.
Si sprecano insomma i casi di buone intuizioni buttate a vanvera e, non è un caso, che se ancora oggi mi si domanda di fare un nome davvero degno del nostro cinema di genere, l’unica risposta che mi passa per la testa è citare Leone e il suo western all’italiana.

Quindi, non Fulci, Deodato, Lenzi e compagnia danzante.
Ancor meno i recuperati Mattei, Fragasso & soci…

Semmai, qualche poliziesco che, tra l’altro è uno dei filoni maggiormente gettati alla malora del nostro cinema di genere viste le infinite potenzialità di sviluppo che offre…


Poi ci sarebbe da chiedersi perché l’industria di genere di Hong kong anni ottanta/novanta è riuscita a imporsi e a rubare lo spazio a un’eventuale fioritura della nostra cinematografia.
Del come, pure Besson con alti e bassi ha cretato una solida struttura produttiva di cinema di genere all’interno della snobista cinematografia francese.
Così come c’è da domandarsi come Jackson sia riuscito a dar vita a un vero e proprio colosso produttivo con la sua weta nella sperduta Nuova Zelanda partendo con un horror fatto in casa.

Infine, concludo ricordando che l’interessante opera di recupero del nostro cinema di genere (dalla a alla z) non deve finire vittima d’un riflesso contrario al tanto snobismo che per anni ha appestato gli ambienti cinefili nostrani.
E’ un bene recuperare con cognizione ma, al contrario, un male incensare certi filmacci confondendo la cialtronaggine con il guizzo geniale.
Sempre a mio avviso, veh!


I miei migliori saluti

Tristam Strauss

P.S. non riesco a comprendere il discorso sulla mancanza d’originalità del momento fatto da Occhio sulle espressioni.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Il discorso controrivoluzionario, in contrapposizione alla riscoperta e rivalutazione generale e forzatamente positiva sul cinema di genere italiano, ormai è trendy quanto la rivoluzione pro, non è più d'effetto neanche verso i più saccenti addetti ai lavori, figurarsi verso chi ha una visione diversa, più realista. Visione che consiste in un, appunto, apprezzamento delle idee, dell'arte di arrangiarsi, dell'abilità di "exploitare" divertendo il pubblico e in qualche caso anche facendo riflettere e lodare, se non in maniera cieca, abbastanza. Quindi parliamo di una visione moderata, con la consapevolezza di tutti i limiti, gli errori e le problematiche di quel cinema, descritte da Strauss.
Per apprezzati all'estero e "meno" in Italia non mi riferivo ai soliti Fragasso e Polselli, ma anche ad un Mario Bava o un Aldo Lado, e sono proprio questi i nomi che tiro fuori quando mi si domanda di qualcuno davvero valente. Se poi mi si chiede di qualcuno ad un simil Hitchcock ovvio che ritengo la domanda abbastanza stupida.
@Strauss: ti rispondo direttamente, senza relegarti in un P.S. (giusto per precisare: il mio discorso era in risposta a Veronica). L'HORROR cinematografico attuale è generalmente più parco (non sempre, ho qualche titolo in mente) di originalità rispetto a quello di tempo fa, non solo italiano, proprio in generale. Quindi, quando si parla di pellicole che presentavano una particolarità in tal senso, è bene descriverla con precisione, nelle sue sfumature, perché sono proprio quelle che valgono, in un momento in cui si ricicla e si fa meno caso al dettaglio. Parlavo, come detto, specificatamente di horror.
Anonimo ha detto…
Ovviamente, quando scrivevo d’incensare filmacci, non mi riferivo a nessun utente che m’aveva preceduto in questa pagina.
Per il resto mi sento piuttosto in sintonia con quel che scrive Occhio sulle espressioni, soprattutto nel citare Mario Bava tra gli autori degni d’una sana riscoperta.
Il suo Cani arrabbiati, tanto per citare un titolo, è davvero un ottimo esempio di cinema fatto con poco ma vitale, arrembante, direi.
Un cinema composto di caratteristi efficaci e scene cult, il tutto senza il retrogusto trash che tanto appesta molta della nostra rivalutata cinematografia di genere.

I miei migliori saluti
Tristam Strauss

P.S. Occhio sulle espressioni, non era mia intenzione relegarti in un P.S. come sorta di catalogazione gerarchica votata al ribasso.
La tua spiegazione, infine, è stata molto chiara.
Veronica ha detto…
Tristam e Luigi, vi ringrazio infinitamente per il livello a cui avete portato la discussione e per gli enormi spunti che mi avete dato.
Di sicuro il mio post è mancante, sia per mia volontà, sia perché non sono come voi ferrata su questo argomento, che sto approfondendo piano piano.

La mia intenzione era comunque volta a riflettere sul cinema italiano contemporaneo. Ho lasciato volutamente da parte Leone, perché lo considero un unicum. Del resto, la sua attività (la trilogia del dollaro) si innesta negli anni Sessanta, nel pieno sviluppo della nouvelle vague italiana, con diversi gradi di sperimentazione (Pasolini, Bertolucci, Bellocchio,  Bene, e i già monumentali Fellini e Antonioni): mi fa riflettere il fatto che, in un periodo così vivo, si sia deliberatamente chiesto a Leone di tirare su le sorti del mero cinema commerciale con il western - il cinema di genere, il cinema commerciale, non necessariamente coincidenti, allora servono! Poi Leone ha fatto di necessità virtù, con i pochi mezzi a disposizione si è rivelato per la sua grande genialità di autore, che ne fa, appunto un unicum. 

Non dobbiamo poi dimenticare che vi era un cinema più basso di Leone - che è un autore a tutti gli effetti, un autore di genere più vicino a un Coppola de Il padrino che a un Antonioni/Fellini, e per fortuna, direi. Dagli anni Settanta in poi, oltre ai registi che avete ricordato, è comparso anche Dario Argento.

La connessione ancora mi sfugge e ci sto ragionando: dopo i 70s e gli 80s in Italia c'è stato un buco produttivo enorme a livello di genere e cinema commerciale. Possibile, quindi, che nonostante una tradizione di Bmovie italiani non se ne sia colta l'eredità? È questa la mia domanda fondamentale nel post: possibile che autori stranieri abbiano colto e gli italiani no? Cosa spinge la produzione italiana a basarsi solo sulle commedie d'amore? È forse colpa anche del pubblico italiano? Il pubblico italiano preferisce commedie italiane e horror/thriller americani? E perché questo? 

Lungi dal voler cogliere genialità nei Bmovie italiani - intelligente, semmai, è Tarantino, che dal loro rimaneggiamento ha ricavato una fortuna!- mi sono chiesta le motivazioni di tale buco produttivo.

Di sicuro, i registi della mia età - nelle scuole e nelle università - sono molto più interessati al genere che non all'autorialità sperticata: ma il loro amore per il genere deriva da un'altra eredità, sostanzialmente quella americana. L'unico autore italiano che varia sui generi  italiani e che ha spunti davvero geniali è Alex Infascelli - che molto mutua da Argento. Ma i suoi film hanno sorti distributive da scantinato, appunto: il suo H2Odio è uscito solo su MTV e in edicola come dvd. Ultimamente l'università Torvergata di Roma ha finanziato il film Italian Ghost Stories, una serie di cortometraggi horror di registi giovanissimi: e la distribuzione? Perché in Italia si deve sovvenzionare e distribuire un film come Corpo Celeste - neo-neorealismo con macchina a mano di cui l'Italia non ha più bisogno! - e non si sperimenta sul genere, sugli autori che non per forza vogliono puntare sul "cinema autoriale", senza per forza passare dalla commedia? Se si punta sulle giovani generazioni, imbevute di Lynch e Tarantino, secondo me si può dare una grande sferzata alla cinematografia italiana. 
Perfetto, Tristam! ;)
Bava è un grande, al di là del nome che si è fatto fra gli appassionati, è un punto di riferimento stilistico per chi vuole fare cinema, specialmente per la fotografia!
Veronica, io penso che sia questione di pubblico, e parte di quel pubblico finisce anche dietro la macchina da presa... Il pubblico vuole determinate cose, si nota anche in altri campi, in primis quello letterario, e progetti di appassionati pregni di "di genere" vengono relegati al web o a distribuzioni anomale. Delle volte spunta qualcuno, ma al posto di rifarsi al Tarantino filo italiano si rifà all'Eli Roth di turno o anomi del genere.
Indi... non si è colta l'eredità proprio per un decisivo cambio della società e cultura tutta.
Unknown ha detto…
Cara Veronica fai un salto da me: un piccolo segno della mia stima e della mia simpatia. Sei bravissima. Ciao
Il Mondo Capovolto ha detto…
Non conoscevo questo film e questo autore o.o
pur essendo amante del cinema horror, poi :/ mea culpa!
Comunque io ho adorato "la casa dalla finestre che ridono" di Pupi Avati :) geniale!!!e anche "Non si sevizia un paperino" :)
mi è piaciuto leggere la discussione che si è creata nei commenti..davvero interessante :)
Veronica ha detto…
@Luigi: è molto interessante il tuo discorso sul gusto del
pubblico che finisce dietro la macchina da presa... Rifletto ancora: in Italia, in passato, il western e il poliziottesco hanno avuto molta fortuna. Posso capire che oggi il gusto del pubblico verso il western - purtroppo - sia completamente assente, ma quello per il thriller no: possibile che gli italiani producano solo commedie (e non gialli?)? Forse il discorso è da legare anche a precise politiche di finanziamento da parte del Ministero dei BeniCulturali (che finanzia sempre commedie, sempre degli stessi, spacciandole per film di interesse culturale nazionale)?

Al di là di questo ho una curiosità: Tristam, Luigi, che ne pensate del film Django? Dove lo ponete? Da quello che so, Tarantino sta rispolverando anche Corbucci.

@Dreamy Melrose: che piacere sentirti di nuovo! Effettivamente, Luigi e Tristam hanno fatto di un mio divertissement, un vero capolavoro di riflessione filmica e cinefila. Sono due persone che, in fatto di cinema, la sanno molto molto lunga :).
Grazie davvero per la stima!!! Arrossisco... :)
La riflessioni che continui sono interessanti.
Appassionati di thriller ve ne sono in Italia, e tanti, ma probabilmente preferiscono fruire dei prodotti esteri, principalmente d'oltreoceano (non parliamo della sci-fi, peggio ancora!). Ed è anche un accontentarsi un filo "spento", visto che poi mettono in cima alle preferenze pellicole nuove che raramente hanno dalla loro ottime idee, ma solo "bus" e altri stratagemmi.
Di investire nel genere qui non se parla, non renderebbe, e allora nessuno (o quasi) si mette a ringranare la macchina (eppure non sarebbe difficile, ad essere capaci, vedi Francia e Spagna). Vedi esempi di un, cito qualcosa più vicina all'horror che al thriller, "Imago Mortis", che si sono filati in pochi, ed un film successivo dell'autore non è stato proprio distribuito (o vedi i da te citati Infascelli o progetti come Ghost Stories)! Oppure sei "qualcuno", come Argento, che il pubblico lo raggranella lo stesso, ma al posto di rinvigorire qualitativamente dà un'ulteriore zappata, imprimendo ancora di più il concetto che le vecchie pellicole sono insuperabili. O ancora, sei Lorenzo Lombardi e ti distribuisci da solo perché sei ricco, e mandi in giro per i cinema una ciofeca (altra zappata).
I fondi statali, dopo le uscite del tipo che i cinepanettoni stavano per finire per essere di interesse culturale e finanziamenti a film pseudoleghisti, sono quasi da dimenticare. Molta confusione sulla cosa da quelle parti, segno che non c'è gente addentro, ma solo "generalisti" senza dimestichezza.
Nonostante non sia appassionato di western, rivedo Django sempre volentieri, è potente, racchiude gli stilemi che un appassionato vuole, però incastonati in una trama montata in maniera insolita. Più che il filo generale, sono le singole sequenze a renderlo grande, quindi un volpone come Tarantino ha ben da pescare!
Anonimo ha detto…
PRIMO TEMPO.

Sull’abbandono del cinema di genere tendente al giallo o al thriller trovo che un ottimo esempio per tastare il polso della situazione sia l’affare Montalbano.
Non sono un lettore dei romanzi di Camilleri e la fiction dedicata al suo personaggio l’ho colta solo di sfuggita ma, se si analizza Montalbano non si riesce a capire perché non si tenti un suo sfruttamento sul grande schermo.
Si ha il racconto di genere, il personaggio seriale, l’ambientazione vendibile pure all’estero oltre che sia riconoscibile che affascinante.
Inoltre, si potrebbe contare già un pubblico acquisito che forma un buon zoccolo duro.
Perché quindi non tentare il salto?

Perché, a esempio, sulla trilogia letteraria di Millennium è stato costruito un baraccone vastissimo (tra serie televisiva, film svedesi e remake di lusso americano) e non si tenta una cosa simile anche in Italia con qualcosa di simile (Montalbano, dicevo, ma mi pare che i personaggi seriali gialli non ci manchino)?

Perché un film come Infernal affair non lo produciamo noi?

Si badi, qui sto citando esempi che mi par siano riusciti a creare non solo festivaliere pacche sulle spalle ma pure dei bei giri d’affari tra sfruttamenti collaterali, remake e seguiti vari.

Son misteri, signori.

Al tutto si aggiunge che pure negli ultimi venti anni nemmeno siamo riusciti a far chissà che voce grossa nel cinema d’autore (con maiuscola o meno).

Insomma, preferirei vedere qualche rude polizziottesco piuttosto che robe a la Cuore sacro…
Sia per la testa che per la pancia.
Anonimo ha detto…
SECONDO TEMPO.

Ora, un po’ di note commentando chi mi ha preceduto più sopra…

Anch’io trovo piuttosto discutibile l’oblio distributivo in cui è finito Imago mortis, film non perfetto, per carità ma che meritava certo sia miglior fortuna che un doveroso seguito.
Pure Tesis di Amenàbar non era un film pienamente risolto ma poi abbiamo visto come il suo autore è riuscito a imporsi.

Qualche anno fa a Verona c’era stato il tentativo di girare un film di fantascienza basandosi sulle solide infrastrutture videoclippare cittadine (una buona fetta dei videoclip di musica italiana si girano nel capoluogo veneto, infatti), ma poi nulla s’è fatto, come se una pur oliata macchina si fosse inceppata tutta d’un tratto.

Recentemente sto guardando tutti i film horror metafisici di Ivan Zuccon che se non altro di pellicola in pellicola sta migliorando nemmeno poco.
In più di un’intervista lo stesso regista afferma che i suoi film trovano sempre maggiore mercato fuori dall’Italia il che, io credo, dimostra come la richiesta per il nostro cinema di genere sia ancora forte nonostante tutto.

Pure non saranno un caso le note scaramucce tarantiniane col nostro cinema più recente e il fatto che Bastardi senza gloria non sia stato ambientato in Italia (possibilissima location ideale) né con nomi del bel paese direttamente coinvolti, lascia intendere in che palude produttiva siamo finiti cinematograficamente parlando.

Argento, in tutto questo non aiuta vista la pericolosa parabola che il suo cinema sta percorrendo da ormai troppi anni.

Poi, i fondi statali sono ormai un’autentica chimera dato che tale risorsa dovrebbe essere percepita come rampa di lancio e non come stampella senza la quale si finisce sul fango più nero…
Anonimo ha detto…
TITOLI DI CODA

Su Django, infine che dire?
A mio parere si tratta di uno dei migliori western all’italiana che son stati prodotti in quegli anni.
Sicuramente il western più “fangoso” che io ricordi!
Poi, c’è da considerare che il personaggio iconico del pistolero con la bara è una delle poche immagini extra leoniane che è sopravissuta all’abbuffata spaghetti western.
Trovo, al contrario, da cancellare il seguito ufficiale ch’è film davvero pessimo se considerato con un barlume di raziocinio cinefilo.

Purtroppo però, devo riconoscere che vedere Django e Tarantino citati nello stesso discorso rischia di farmi tornare alla mente il pessimo Sukiyaki western Django…
Va bene, non sarò un cultore del verbo di Miike ma quel film m’ha davvero lasciato perplesso nella sua pochezza.

I miei migliori saluti
Tristam Strauss
Veronica ha detto…
Caro Tristam, citi Montalbano e non posso che concordare in pieno con te! Montalbano sarebbe perfetto per il grande schermo: ha avuto grande successo in tv, cosa che mi ha non poco sorpresa, visto che Camilleri non è affatto semplice per lingua, concetti e costruzione narrativa. Sironi poi ha fatto un gran lavoro, mescolando genere a italianità, creando anche scorci e sequenze di grande poesia.
Ti dirò di più: oltre Camilleri abbiamo un altro grande giallista e sceneggiatore in Italia, Lucarelli. Lucarelli è molto cinematografico nella sua scrittura ed è molto meno italiano di Camilleri per alcuni contenuti. Sarebbe l'ideale sul grande schermo. Uno dei suoi più bei romanzi, Almost Blue, è divenuto film grazie ad Infascelli che, alla sua prima opera, fa un bel lavoro, anche se non del tutto compiuto.
Ad esempio, dal momento che ha avuto successo in tv L'ispettore Coliandro, nato dai romanzi di Lucarelli e resi visivi dai Manetti Bros (che stimo tantissimo!), potevano pensare ad una sua trasposizione cinematografica - e già molto cinematografica e poco televisiva è la fiction tv.
Lucarelli, del resto, ha dimostrato grandi doti di sceneggiatore, lavorando alla storia di Non ho sonno, riuscendo a tirare su le sorti di Argento, almeno per un po'.
Poi citi Verona e il Veneto come location per videoclip e film. E aggiungo: se ci mettessimo d'impegno a girare thriller e horror nel nostro Paese e tra i nostri monumenti, si potrebbe ottenere un fantastico mix di mistero e particolarità italiana.
Anonimo ha detto…
Mi accorgo ora che al mio intervento fiume di ieri ho tagliato la coda.
Si tratta d’un semplice accenno a uno dei commenti pubblicati un po’ più su.
Ecco qua, per amor di completezza.

Dreamy Melrose, citando Non si sevizia un paperino hai giustamente fatto luce su uno dei migliori film di Fulci.
Ammetto che dopo aver fatto indigestione con i suoi horror e zombeschi vari non nutrivo particolari speranze per questa sua ennesima pellicola che invece m’ha stupito!

I miei migliori saluti
Tristam Strauss
"...e ci mettessimo d'impegno a girare thriller e horror nel nostro Paese e tra i nostri monumenti, si potrebbe ottenere un fantastico mix di mistero e particolarità italiana".
Giustissimo, poi con tutta la storia e le leggende locali, ce n'è da scrivere! Invece si pensa ai giovani in scooter delle villette romane...
Tristam, contento che anche tu abbia apprezzato Imago Mortis, giustamente non un film da fuochi d'artificio, ma d'atmosfera, anche inquietante, con citazioni che non sono le solite "tarantinate".
Veronica ha detto…
Una volta vidi un film italiano, il titolo purtroppo non lo ricordo: si trattava di un falso documentario horror, simile a the blair witch project, ma decisamente migliore. (Se non ricordo male) prendeva spunto da un soggiorno di Lovecraft in Italia e immaginava la scomparsa di uno studente che stava facendo la tesi su di lui.
Su di me ha avuto un netto effetto orrorifico: era un documentario, quindi con effetto-verità, ma era anche un horror. In più, l'ambientazione dell'Italia del nord era azzeccatissima e non solo misteriosa, ma realmente paurosa! Idee ce ne sono, ma riescono poco ad uscire fuori dai circoli universitari.