Osservare. Decostruire. Fare.
La base della creazione
artistica è la grammatica. Per grammatica non si intende la limitata
e limitante parola che di solito si attribuisce alla lingua –
grammatica italiana, grammatica francese, inglese e così via.
Grammatica di colori. Particolare |
La grammatica è ciò che
è alla base della costruzione tecnica di ogni linguaggio, sia esso pittorico, filmico,
scritto e parlato, musicale. Lo dice lo stesso significato greco della
parola. Γράμμα
(gramma): “ciò che è impresso, dipinto, rappresentato”. In modo
sconcertante, il vocabolario greco assegna alla parola γράμμα
(gramma) il primo significato di “disegno,
figura,
pittura,
dipinto”
e solo in un secondo momento riporta: “carattere inciso, scolpito,
scritto, lettera”.
È
interessante notare come alla base di “grammatica” vi sia un
significato strettamente visivo: disegno, figura, incisione. Anche la
lettera è considerata un disegno, il che ben si presta alla lingua
greca.
Tuttavia
tale concetto deve essere tenuto ben presente anche oggi e con la
stesura di racconti e romanzi. Mai considerare la parola scritta alla
stregua di un contenuto: le parole sono innanzitutto forma, forme con
particolari suoni, accenti, lunghezze e sillabazioni. Da qui bisogna
partire per costruire il testo. Textus,
trama, tessuto: anche il testo scritto deve essere trattato come una
tela, come un dipinto o un film. Perché si tratta sempre di questo, anche quando si scrive: lo scopo è formare un'immagine, sia essa visiva o mentale.
Il particolare che dà senso al tutto |
La
più importante spinta a riflessioni simili è probabilmente giunta
da Roland Barthes che, genialmente, raggruppò tutte le arti sotto
un'unica caratteristica: lo schermo. Tutte le arti, tranne la musica,
arte del tempo e per questo inafferrabile, possono essere racchiuse
all'interno di uno schermo, sia esso la tela, i confini di una
scultura, lo schermo cinematografico o la pagina del libro.
All'interno di quello schermo avviene una costruzione – la poiesis,
l'agire e il fare, la produzione, la composizione, l'arte poetica.
Scrivere
diventa una sorta di rappresentazione pittorica con le parole. Si
usano le parole, i suoni, gli accenti per condurre il lettore al senso. Molto
semplicemente: quando Manzoni scriveva “Quel ramo del lago di Como”
non aveva solo descritto il ramo del lago, ma aveva costruito
musicalmente, con allitterazioni e assonanze, una sorta di dipinto,
fatto di brevi parole con suoni simili. In quella frase è evidente più il
suono che la descrizione e solo grazie ai suoni si forma l'immagine: il senso della lunghezza del ramo e della calma del lago.
Cosa
è avvenuto? Un lavoro di sintesi-analisi-sintesi, il che è molto
legato al modo di vedere di Ejzenstejn. La sintesi è nella mente di
chi crea: voglio raccontare la storia di due promessi sposi; voglio
dipingere una Pietà; voglio realizzare un fumetto che racconti la
storia di Iron Man; voglio costruire un film che racconti la storia
di Ivan il Terribile.
Da
qui, il momento più complesso: l'analisi. Chi crea ha il compito
primario di decostruire. Così, la storia dei promessi sposi diventa
una composizione di suoni e parole ragionate; il dipinto è una
composizione di pigmenti, linee, chiaroscuro; il fumetto è una
composizione di bianchi e neri, parole, linee, retini, colori; un film è una
composizione di parole, musica, piani, montaggio.
Una
volta composto il tutto si ha una sintesi, sintesi che poi sarà
particolarmente compiuta nella mente di chi legge/guarda.
La
composizione, è ovvio, avviene per montaggio: Ejzenstejn lo ha forse
dimostrato per primo. Se il “ramo” non fosse montato su “lago”
e su “Como”, con il “quel”, il “del" e il “di” a fare da
legante, non ci sarebbe stata nessuna musicalità. Così come la
Pietà viene fuori solo da un montaggio di linee, colori, toni,
velature. E la stessa cosa valga per le altre arti.
L'artista
fa un continuo lavoro di decostruzione e costruzione, qualcosa che
gli permette di vedere sin nel più piccolo dettaglio. Allo stesso
tempo la decostruzione non potrebbe partire senza un'attenta analisi
di ciò che c'è intorno. L'artista osserva, avidamente. Sa guardare
sin nella minima parte dell'immagine di mondo che lo circonda.
L'artista sa osservare e analizzare sia la realtà che gli altri
linguaggi artistici. Non si può dipingere se non si guarda, non si
conosce la grammatica pittorica se non si sono osservate altre opere.
Non si può scrivere se non si osserva il mondo, non si legge e non
si conosce la grammatica della lingua. Inoltre, le
arti acquistano un quid in più proprio
dall'incontro-confronto-scontro tra linguaggi artistici diversi (valga l'esempio dell'adattamento).
Osservare
e decostruire sono la base del fare artistico.
L'artista sa vedere le cose compatte e disunite, nel loro insieme e
nei singoli particolari che le compongono. Entra nella trama della
realtà, la sa scomporre e ricomporre in modo tale che quella realtà,
agli occhi degli spettatori, sia effettivamente visibile.
L'artista
lavora sui significanti. I quali, solo se montati con coscienza, danno un
significato: e non sarà mai un significato univoco e universale. Sarà il significato che l'artista ha scelto di veicolare in quel dato momento, partendo
dalla sua personale analisi dei significanti e agendo sulla
loro meravigliosa catastrofe (ma questa è un'altra
storia).
"Siamo solo noi quaggiù, Siamo solo noi quaggiù mio fratello ed io, Siamo solo noi quaggiù mio fratello, io e questa terra che è nostra, Siamo solo noi quaggiù mio fratello, io, questa terra che è nostra e le automobili fiammanti, Siamo solo noi quaggiù come fantasmi colorati che girano molto lentamente sfiorando la terra senza fare il minimo rumore se non una sorta di respiro sotto le volte di questa cattedrale di luce e solitudine. È perfetto."
Alessandro Baricco, Questa storia (Fandango Libri, p. 222)
Commenti
Grazie anche per come mi immagini... professoressa universitaria... era un mio sogno, ma ora mi diverto molto di più con ragazzi più piccoli :).