The Walking Dead - terza stagione, prima puntata


Rick Grimes è nel giardino del carcere, dietro di lui i detenuti zombie si avvicinano

L'ospedale, la fattoria, il carcere. The Walking Dead gira da un posto all'altro dell'immaginario narrativo e cinematografico americano. L'ospedale, da luogo di cura, era diventato una tomba di morti viventi – Don't open, dead inside, recitava una scritta segnata col sangue. La fattoria, luogo ameno per eccellenza, circondato da animali e natura, era finito per diventare un vero e proprio incubo, uno spazio talmente aperto da non sapere in quale direzione fuggire.
E ora il carcere. Da luogo di detenzione, a luogo di riposo e nascita (?).
Rick Grimes, sempre più chiuso in se stesso, sempre più implacabile, duro, impenetrabile, ha trascorso l'inverno a cercare un luogo sicuro per far partorire la moglie Lori. Rick e Lori si parlano a malapena e costringono gli altri a trascinarsi di casa in casa, di radura in radura, sfuggendo a mandrie sempre più copiose di zombie.
La stanchezza mentale e fisica di Rick è però supportata dall'istinto di sopravvivenza. I suoi movimenti sono estenuati ma meccanici, insidiosi, ma immutabili. Che anche lui si stia trasformando in uno di quegli esseri che si trascina per inerzia? La cosa davvero avvincente è che anche la regia di The Walking Dead, alla prima puntata della terza stagione, si trascina e ricalca perfettamente il ritmo stanco e meccanico dei protagonisti. I primi dieci minuti sono totalmente in silenzio: nessuno parla, nessuno osa fare un rumore, l'unica pistola che i vivi hanno è col silenziatore, gli altri usano armi bianche, frecce, mazze o spade. La regia segue l'apnea dei personaggi, ci fa sentire perfettamente la pesantezza di nove mesi passati a fare solo e soltanto una cosa: camminare e uccidere silenziosamente – un po' come gli zombie.

Spalla contro spalla, Rick e i suoi amici fronteggiano la mandria di zombie nel carcere


E poi si arriva al carcere di massima sicurezza. Un luogo chiuso, ma comunque infestato. Qui, la regia mixa sapientemente gli angoli bui dell'horror con i corridoi soffocanti di un qualunque film su un'evasione. Solo che ad ogni centimetro di carcere non c'è un secondino pronto a riportarti in cella, ci sono secondini con i caschi antisommossa, zombie apparentemente invincibili, ci sono detenuti morti ma liberi, ci sono celle insanguinate e terrore che esce fuori da ogni angolo.
Il concetto di corridoio inserito nella scenografia della serie tv non fa che rendere più soffocante la storia e ampliare la declinazione della zombie story: sempre più stretti i luoghi, sempre più difficile sopravvivere.
Per dirla in parole molto povere, la terza stagione è iniziata col botto. Stavolta, a deliziarci e terrificarci non più sei, non solo tredici, ma ben sedici puntate. Un arco narrativo parecchio lungo se consideriamo quanto trascinante (in tutti i sensi!) possa essere una storia con gli zombie.
Tante sono le questioni poste. Il cliffhanger della prima puntata ha lasciato tutti col fiato sospeso. Il gruppo di vivi è diviso all'interno del carcere. Lori e Rick sono divisi, non solo fisicamente: lui abbrutito da una vita scandita solo dall'istinto di nutrirsi e uccidere, afflitto per l'omicidio che ha commesso, forse in pena per un nascente odio nei confronti della moglie che in grembo ha un figlio la cui paternità è piuttosto dubbia. Gli altri personaggi fanno altrettanto, trascinandosi per un dolore privato, per una perdita subita, anche se nessuno si trova in una situazione tanto penosa come quella di dover dare alla luce un bambino in un mondo di zombie.

Michonne, cappuccio in testa e katana, porta con sé i due zombie incatenati, senza braccia e senza bocca


Dall'altra parte, in un luogo imprecisato, Andrea, separatasi dal gruppo, si unisce a Michonne, una vera e propria macchina da guerra munita di katana, che porta sempre con sé due zombie senza braccia e senza bocca. Un personaggio visivamente forte e dalle possibilità esplosive.
The Walking Dead, ancora e per fortuna, non accenna ad alcun calo fisiologico: si diverte sovvertendo le regole di certi generi, ne mescola altre, si diverte a declinare all'infinito cliché che si basano proprio sulla ripetizione: ma grazie ad una sceneggiatura coerente e salda e ad una credibilissima costruzione psicologica dei personaggi, The Walking Dead, nella ripetizione, varia e si mantiene viva, forse una delle migliori storie di zombie in circolazione.

Commenti

Unknown ha detto…
Concordo su tutto. Atmosfera fantastica, inizio letteralmente con il botto.
Non voglio anticiparti nulla, ma aspettati una seconda puntata un pochino più "di assestamento". Comunque questa terza stagione promette decisamente bene.
Veronica ha detto…
Non vedo l'ora di vedere la seconda puntata. Lo credo bene che sia di assestamento, dopo il cardiopalma della prima bisogna riprendere un po' di fiato!
Maria D'Asaro ha detto…
Cara Veronica, non vedrò "The Walking Dead": per mancanza di tempo e di voglia. Confesso una mia fragilità visiva: mi lascio talmente penetrare dalle immagini e dalle situazioni di un film che riesco persino a star male, quando le storie sono così noir ... Allora evito. Sono esagerata, lo so. Un abbraccio-
Veronica ha detto…
Cara Maria, ti capisco perfettamente. Anche io sono fragile di fronte a certe visioni, soprattutto quando i film sono piuttosto realistici e raccontano storie verosimili. Gli zombie non mi impressionano più di tanto perché so che non esistono. O meglio: mi lascio impressionare più che posso perché tanto so che gli zombie non esistono ;).