PROIEZIONI NOTTURNE - Time
È difficile essere razionali con un autore come Kim Ki-duk, vero genio vivente, poeta delle immagini, in grado di fare infinite variazioni sullo stesso tema.
Time è successivo al capolavoro Ferro-3. Time è speculare e negativo rispetto a Ferro-3. Ne riprende i temi e li porta alle più estreme e dolorose conseguenze. Una donna decide ci cambiare il proprio volto con un intervento di chirurgia estetica, per piacere di più al suo uomo. Scompare per operarsi e ricompare al suo ex fidanzato con un altro nome, un'altra identità, un altro viso. Un'altra immagine.
Il film è da vedere, impossibile da raccontare, tale è l'uso sapiente di racconto per immagini che Kim Ki-duk sa fare.
Tuttavia si possono enucleare vari temi.
Il narcisismo. La protagonista proietta nel suo ragazzo il desiderio di avere una donna con un altro viso. In realtà è solo il desiderio di lei. Lei ama lui per amare se stessa. Non solo: per amare la propria immagine. Il Narcisismo, infatti, non è solo amore per la propria persona, ma soprattutto per la propria immagine: è la voglia di raggiungere e possedere l'ombra riflessa in uno specchio. Non è solo masturbarsi, ma godere con gli occhi di una mancanza destinata a non appagarsi mai: ciò che ci separa da noi stessi; l'inseguimento della nostra identità che è raggiungibile solo con la mediazione di un Altro. Con l'amore, ad esempio. Per Freud l'amore nella donna è solo un modo per accentuare il proprio ego. Per la donna l'amore è una forma di narcisismo. Per l'uomo, continua Freud, l'amore è uno svuotamento totale della propria identità, per rifarsi completamente a quella dell'amata. Ho visto tutto questo in Time, nel modo con cui i due personaggi si inseguono in una relazione disperata: disperata ma anche folle, proprio perché si rincorre ciò che manca al soggetto, la propria immagine. Ferro-3 è molto più pacificato: il rapporto d'amore tra i due personaggi trova appagamento entro la medesima immagine (allo specchio).
Secondo tema: essere tutti, nessuno e dappertutto. Cambiare il proprio volto e quindi rendere "irriconoscibile" la propria immagine vuol dire poter essere davvero chiunque nel mondo. Lo dimostra l'inquadratura finale del film: Kim Ki-duk inquadra migliaia di persone, migliaia di immagini ambulanti che vagano per la città. Tra di esse forse c'è la nostra protagonista. La possibilità di non essere riconosciuti e di nascondersi dietro un'immagine permette di poter vedere e spiare senza essere visti. Di essere visitatori in incognito, come direbbe Baudelaire.
L'essere tutti e nessuno è poi esplicitato dal gap temporale in cui Kim Ki-duk inserisce i suoi personaggi: la storia ha un andamento ciclico, finisce come inizia. La protagonista, nel presente, incontra la se stessa irriconoscibile del futuro. Non è un viaggio nel tempo. E' come dire che l'esperienza umana è totale, torna indietro e avviene in un punto. Alla fine tutto si ricompone in una sola persona che in sé raccoglie tutte le immagini e le persone del mondo. Una persona che è Io e Altri allo stesso tempo.
E' ovvio che così non si va da nessuna parte. E' chiaro che si intraprende una via infinita e destinata a essere sospesa tra mare e cielo.
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