Il monello


Oggi ho avuto modo di rivedere stralci de Il monello e di Tempi Moderni.

Conosco Chaplin a memoria, eppure ogni volta mi stupisce, mi diverte e mi commuove. Trovo tutti i suoi gesti perfetti, ritmati, calzanti, incalzanti: non ti annoi, non ti stanchi, sei preso e trascinato dentro un altro mondo.

Oggi ho avuto la netta sensazione che “questo altro mondo” sia quello infantile. Ne Il Monello si parla direttamente di un bimbo, ma il dubbio viene: il monello è l’orfano o è Charlot? E lo Charlot che scompagina la catena di montaggio fordiana e capitalista non è forse un monello?

Non è un bambino (monello, nel titolo originale in realtà è The kid!) lo Charlot che esce dalla fabbrica e inizia a vivere una vita vera giocando? Costruisce in una catapecchia la casa dei sogni; immagina una vita comoda all’interno dei grandi magazzini; si diverte a cantare in una lingua inventata ma altamente comunicativa: proprio come fanno i bambini.

Ecco, oggi in Charlot ho visto la capacità di essere bambini sempre - capacità dell’artista e dell’uomo, di chi ha capito cosa fanno effettivamente i bambini: sparigliano le carte delle nostre perfette abitudini consolidate, che a volte forzano anche i nostri istinti, buttano un po’ di caos qua e là, non mettono ordine ma altro disordine - e questo perché stanno conoscendo imprevedibilmente tutto e in maniera altrettanto imprevedibile ci mostrano ciò che vedono con i loro occhi. Sta a noi immedesimarci in loro e vederli come esseri con un proprio mondo è una propria visione delle cose, più che adulti imperfetti e da crescere. Se riusciamo in questo, avremo il dono di Charlot: di divertirci anche quando sembra difficile sorridere. 



 

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