Nel tinello di mia nonna



Per uno dei miei due appuntamenti mensili, avrei voluto scrivere tante cose. Avrei voluto scrivere dei libri che ho letto e delle riflessioni - piene - che si sono scatenate. Avrei voluto scrivere dell’unico film che ho visto (a puntate) e delle reazioni profondissime che mi ha suscitato. Le idee per fortuna scorrono impetuose. Ma sono troppo impegnative da mettere su carta e poi da qualche anno a questa parte, più che perdermi in inutili elucubrazioni metafisiche, ho bisogno di sporcarmi le mani con la realtà (così come spiegherò nell’ipotetico post che scriverei per l’unico film visto di cui sopra).

La peste cresce e ha bisogno di me. Per fortuna. E io non voglio perdermi nemmeno un istante, nemmeno un suo battere di ciglia. Per questo, scriverò al volo di un’inezia che mi è accaduta e che però mi ha dato, come al solito, da pensare - ma non sarà che penso troppo?

Ho sempre avuto un cattivo rapporto con le ricette dei dolci. Sempre assai desiderosa di metterle in pratica, ma mai soddisfatta del risultato. In particolare dei ciambelloni. Perché io, in mente, del ciambellone, ho un sapore ben preciso, un sapore che risale alla mia infanzia e che si mescola a vari ricordi. È un ciambellone dal forte sapore di uova, zucchero e scorza di limone - limoni calabresi, quelli che crescevano rigogliosi sull’albero del giardino di casa mia. 
È un odore che io ho sempre associato alla mini cucina e al magico tinello della mia nonna materna. È un odore che credevo di aver perso per sempre dopo che la mia nonnina si è ammalata di vecchiaia e poi è andata via. 
È un odore che però, quasi per miracolo, ho sentito uscire da una panetteria di un paesello in cui stavo passeggiando - passeggino alla mano - qualche domenica fa. Sapete, quegli odori che entrano nel naso e, non si sa come, con la stessa velocità di una scossa elettrica, arrivano al cervello e lì dentro aprono un’immagine, così nitida e cristallina da non essere solo un’immagine, ma da diventare un ricordo epidermico. Un essere lì. Un viaggio nel tempo. 
Quell’odore, oltre a riportami indietro, mi ha anche fatto riflettere - non so perché o forse lo so benissimo - su mia nonna che è diventata madre di due bimbe a un migliaio di chilometri da casa sua, lontana, lontanissima da tutto: e, all’epoca, si era davvero lontani, lontanissimi da tutto. Non esisteva WhatsApp e la videochiamata Mamma aiuto sto facendo bene? 
Esisteva arrabattarsi da soli lì dove si era, soli davvero, e al massimo c’era un’interurbana e chissà quanto costava e poi le lettere, scritte lentamente, lunghe, con i pensieri più profondi che si potevano, perché la posta doveva trasportare mesi di pensieri, non istanti. 
Mi sono sentita vicina a mia nonna, perché io qui sono sola; ma ho avuto la fortuna di prendere il telefono e chiedere a mia madre Tra i pizzini di nonna con le ricette, ci sta quella del suo ciambellone? E la mamma mi ha mandato la foto della ricetta. All’incirca tutto in un nano secondo.
Io quella ricetta l’ho messa in pratica. Da sola, un tardo pomeriggio, mentre la peste mi guardava tra il sospettoso e il divertito. Mi sono sentita inadeguata, inadeguata a fare il dolce e inadeguata perché per concederci una coccola mattutina, invece di giocare con la peste, le parlavo dal piano della cucina e la guardavo con i giochi in mano. 
Sentirsi inadeguati è un po' un sentimento ricorrente della maternità, credo. 

Poi, però, quel ciambellone l’ho sfornato e lo abbiamo mangiato ed era soffice e carico di uova, zucchero e limone. In un istante sono tornata nel tinello di mia nonna e nello stesso istante ero seduta davanti al mio ciambellone, accanto a mio marito che mangiava godurioso e alla peste che mi guardava divertita. Ho sentito mia nonna lì, con me. 

E, nello stesso istante, il senso di inadeguatezza, almeno per quell’istante, si è dissolto. 

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Immagine: Telemaco Signorini, Chiacchiericci a Riomaggiore, collezione privata

Commenti

Maria D'Asaro ha detto…
Veronica: e io sono lì, col profumo speciale di zucchero e di limone che riempie e inebria le mie narici, con la stessa nostalgia dell'infanzia, con la medesima percezione di inadeguatezza nel 'vestire' il ruolo materno ... Grazie per questo commovente fotogramma di vita espresso con le giuste parole.
Veronica ha detto…
Il tuo commento mi commuove... io ringrazio te perché sei sensibile e subito mi hai capita.
Vele Ivy ha detto…
Come ti capisco... anch'io sono sola con le bambine. Certo, con i mezzi di comunicazione di oggi è più semplice, ma nulla sostituisce un aiuto pratico di persona.un abbraccio di solidarietà!
Veronica ha detto…
Grazie, Vele ❤️