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Se fossi un quadro, sarei un Piccolo Albero di Egon Schiele.

Scintillio verde in un mondo monocromo. Pennellate distinte e confuse, chioma folta su tronco sottile.
Sottile, il tronco: ma saldo. Le sue radici affondano nel terreno e si incuneano in ogni singolo recesso della terra. La terra è linfa, vita, ma anche trappola. Le radici del piccolo albero non muovono passi - ci pensa la chioma verde, quella dalle pennellate distinte e confuse, a muoversi per loro. La chioma verde si agita al vento, si bagna della pioggia cocente, si brucia al sole estivo, si piega fragile sotto il vento turbinoso che gli indica il mare, si secca, si inaridisce. Poi arriva la primavera. E una fogliolina – leggero tocco di pennello - fa timida breccia in mezzo ad un ramo pregno d'inverno indaco.

Ogni foglia è un pensiero. Ogni foglia è un mondo. Ogni foglia è un occhio sul mondo, brulichio di uomini in una storia.
Ogni foglia è un corpo, di quei corpi contorti, osceni e pudichi di Egon Schiele: un braccio è un ramo e le gambe sono radici, smaniose di movimento eppure immobili dentro la tela, oggetto ostentato da osservare con avidità, timore, senso di colpa, meraviglia. Le pennellate che costruiscono il corpo sono spinte alla vita, alla scoperta, alla voglia di senso. E gli occhi sono ovunque. Le mani sono occhi, i capelli sono occhi, le gambe sono occhi: timidi e indagatori, conoscitori di tutto pur sapendo niente.

Se fossi un occhio, sarei un occhio dipinto da Egon Schiele: di quegli occhi timidi e indagatori, conoscitori di tutto pur sapendo niente, stranianti, figli di una pennellata nera, vischiosa e tirata. Occhi che raschiano la tela. Di quelli che non ti staccano mai lo sguardo di dosso, perché sono affamati di mondo. Di quelli che si chiudono solo in un abbraccio, raccolto, tenero, privato – l'abbraccio che misura il mondo, lo digerisce, lo fa suo. Per una storia. Per mille storie.

Se fossi una storia, sarei mille storie.