Halloween, giorno dell'alterità



È la notte del mistero, dell’oscurità, del brivido. È la notte dell’alterità. Che si celebrino i morti o si vada alla ricerca del dolcetto o dello scherzetto, che ci si mascheri da zombie, da strega, da vampiro, è indubbiamente la festa dell’alterità.


L’Altro inteso come mostro, come parte oscura; l’Altro inteso come altro dalla vita, cioè la morte. È un modo per prendersi gioco di essa, tirando fuori la parte mostruosa che è in noi. Si mangiano dolcetti e si festeggia, rito catartico, apotropaico per eccellenza: sfidare ciò che non conosciamo, per avere la magra e amara illusione di poterlo controllare. 


Innumerevoli sono le storie, i libri, i film, la musica che si concentrano su questo aspetto; senza fine è la nostra smania di riuscire a capirci qualcosa, fosse anche solo provare lo stesso sentimento di smarrimento, turbamento e, in fondo, conturbante piacere di altre persone. 


C’è chi ha imbastito uno dei balletti di zombie più iconici della storia; chi ha deciso di viaggiare in un altro tempo; chi ha visto se stesso in uno dei possibili mondi paralleli; chi ha creato creature vive dalla morte; chi ha deciso di voler abbracciare un altro se stesso, fatto di neve e regali di Natale, rinunciando brevemente al proprio mondo di zucche e terribili scherzetti. 

Halloween ci dice che cerchiamo noi stessi, molto spesso, nell’altro - soprattutto nel morbido abbraccio di un altro che però è molto simile a noi; che abbiamo bisogno di credere che ci sia altro; che, per sopravvivere, non possiamo far altro che affidarci al mondo altro per eccellenza: la fantasia. E che fantasia sia, sempre, ogni anno, ogni giorno dell’anno. 

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