Passaggi


Monet si dichiarava sempre insoddisfatto del suo lavoro. Dipingeva in maniera instancabile, posizionandosi nello stesso luogo per lungo tempo. Alla ricerca della luce e dell’aria, dell’atmosfera e dei barlumi fugaci del sole sui colori. Alla ricerca delle impressioni. 

Impressione non è solo ritrarre quel momento esatto, quel secondo di luce, quell’istante di colore. 

Impressione significa anche e soprattutto catturare l’interstizio, il passaggio, il farsi delle cose e della vita. 


L’attimo esatto in cui l’alba diventa giorno e il tramonto diventa notte. L’attimo esatto in cui la pioggia lascia spazio all’arcobaleno, in cui il vento alza un’onda o l’ombra diventa luce.


Il punto è che non si tratta di attimi, ma di passaggi di condizione. E sono passaggi così infinitesimali che, pur mettendo una videocamera a riprendere il momento, quel momento, ugualmente, sfugge. 


Ecco, siamo arrivati al nocciolo del problema: c’è qualcosa che corre e che noi inseguiamo, con ricordi, pensieri scritti e soprattutto foto, tante foto. Eppure non riusciamo mai a vedere il passaggio. Osserviamo uno stato e poi ci accorgiamo all’improvviso del nuovo stato delle cose. 


Ho scomodato Monet perché è arrivato a casa, anche quest’anno, il raccoglitore ad anelli della scuola dell’infanzia, pieno di tutti i lavori svolti durante l’anno. Un anno accidentato, pieno di quarantene e virus d’ogni sorta. Eppure, nonostante le assenze, l’album si è riempito. È cresciuto giorno per giorno, mostrando ad ogni pagina, ad ogni disegno, ad ogni esercizio, una serie di passaggi invisibili. La mia peste a stento diceva la parola acqua e ora articola frasi complesse, in cui spesso fa capolino addirittura uno sbilenco congiuntivo passato; a malapena scarabocchiava e oggi imita le lettere lungo delle righe. 


Mi sono chiesta quando sia accaduto tutto questo. Nel corso dell’anno, certo. Ma esattamente in quale momento? In quale punto, in quale interstizio, in quale passaggio dell’esistenza?


Posso capire perché Claude si sentiva così frustrato, insoddisfatto - per quanto geniale. Perché capire esattamente il passaggio dall’ombra alla luce, il momento in cui le ombre sulla neve diventano viola, non solo è difficile: è impossibile. Ci troviamo a vivere inconsapevolmente una serie di passaggi invisibili - e sono quelli a fare la vita - e ad accorgerci solo di quando lo stato si assesta. Forse è per questo che esiste l’arte. Forse è per questo che viviamo attraverso i nostri figli. 

Commenti

Filippo ha detto…
Questo post meriterebbe una meditazione prolungata e approfondita che alla mia età non sono più in grado di fare. La prima cosa che mi viene in mente è che il tempo passa e non possiamo coglilerne i passaggi tranne che nelle “pienezze dei tempi”, attimi in cui il tempo si compie, si ferma e cogliamo il cambiamento che ormai c’è stato, e che prosegue mentre osserviamo la traccia che ha lasciato.
Veronica ha detto…
Bellissima riflessione, Filippo. Grazie