Girotondo




Oggi ho guardato un girotondo nel parco di una scuola dell’infanzia. La maestra teneva i bimbi e cantava con voce squillante. Una canzone sui nidi sugli alberi e sui cuori pieni d’amore. I piccolini la seguivano ammaliati, quasi stregati: non si poteva resistere al richiamo di quel girotondo magico.

Tutt’intorno, l’aria era quasi all’imbrunire, di quell’ultimo sole accecante prima dell’ombra fredda dei pomeriggi invernali. L’atmosfera era calma; i genitori affacciati alla ringhiera della scuola rimanevano appesi e stanchi, e curavano la pesantezza della settimana con il canto e il girotondo della maestra. Un toccasana dopo l’ultima giornata lavorativa. Un balsamo, un miele sciolto nel tè caldo, un caminetto acceso, le coperte rimboccate e un “i mostri non esistono” detto sottovoce.

Per un attimo il mondo ha cominciato a girare come dovrebbe. 


La campanella suona, i bambini si slacciano, la maestra termina la canzone prendendo qualcosa dal suo cuore e dicendo che è l’amore. L’ingranaggio perfetto si scardina, il mondo torna a girare storto e ammaccato. 

L’incantesimo si rompe. Una malinconia ci prende. Il tempo si fa di nuovo stanco e i pensieri tornano. 


Ma quel girotondo magico sta sempre lì. I piedini dei bimbi hanno lasciato impronte tra foglie e fango, la voce squillante della maestra riecheggia ancora, il gesto del cuore pieno d’amore  è brimasto a mezz’aria e non svanisce con il suono di una campanella. Quegli alberelli hanno visto tanti bimbi e tanti girotondi e la maestra sa da sempre come ricomporre l’ingranaggio e riaccendere la magia. 

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