Frozen - Il regno di Ghiaccio


 


Frozen non entra subito nella storia. Inizia come un normalissimo - oserei dire banalissimo, nel 2013 - film Disney. Rischia persino di essere noioso. Un potere magico, un castello, un principe azzurro, amore che sboccia all’improvviso. Si avverte, in realtà, che qualcosa scricchiola, in tutto questo “dineyume”. Ma non lo capisci subito. In realtà, ti hanno già detto tutto alla prima canzone, quella che apre il film: gli spaccaghiaccio cantano di quanto sia luminoso e oscuro il ghiaccio, duro e arrendevole, forte e fragile. In poche parole: un ossimoro vivente. 

Ma alla prima scena, peraltro quasi in sordina perché poco spettacolare e molto dissonante, non si fa caso al sottotesto. Occorre passare attraverso un’altra serie di luoghi comuni per arrivare al vero momento clou, quello in cui il film inizia e in cui capisci che non è un film Disney come gli altri: Elsa, appena incoronata regina, si gira verso gli astanti, arrabbiata con la sorella per via di un matrimonio e di un dubbio colpo di fulmine, e gela tutti con un gesto. Letteralmente: scaglia lame di ghiaccio sul pavimento creandosi una barriera. Elsa non ha mai voluto avere rapporti con la sorella; il palazzo reale sempre chiuso; le porte sempre chiuse in faccia; nessun ospite, nessun visitatore. Una freddezza lampante: ora ci capisce il perché. La freddezza - tutta di facciata - di Elsa era il solo modo per mascherare il suo potere di ghiaccio: un potere in grado di generare oggetti, mondi, di scatenare tempesta e inferno. In altre parole, la sua apparente freddezza nasconde un temperamento focoso, quello di chi  si lascia attraversare dalle emozioni senza saperle domarle e rischia di fare male a se stessa e agli altri. Non sa come gestire gesti e parole e il risultato è sempre una ferita, involontaria, a chi ama. 

Messa in questi termini, non è difficile notare in questo la metafora - neppure troppo celata - di disabilità o malattie mentali, caratteristiche che rendono Elsa speciale ma allo stesso tempo anormale e diversa dagli altri. La chiusura di Elsa in un castello di ghiaccio lontano da tutti, l’unico luogo in cui può essere se stessa e vivere liberamente le proprie emozioni, richiama molto la sindrome dello spettro autistico. Ora, senza dover rintracciare il codice esatto della malattia nel film, che non avrebbe senso, ha più senso invece rintracciare le dinamiche che si creano: chi ha a che fare con emozioni sin troppo violente, impossibili da gestire, è spesso incompreso dagli altri. Si chiude in sé per non esporsi, per non essere frainteso, per non fare del male: ma se lo tocchi ecco che si manifesta il mostro, come il gigante di neve che scaccia tutti. Il mostro è davvero il simbolo di quella malattia, è il simbolo di ciò che si genera nelle case e nelle famiglie di chi sta male. E, tuttavia, occorre proprio parlare di casa e famiglia. Perché quando uno della famiglia sta male, tutti stanno male. La malattia diventa comune e comune è la cura. 

Altrettanto speciale, infatti, è Anna. Anna è una persona comune in senso positivo. Non banale, ma di quelle normalità speciali in grado di capire tutto e di risolvere ogni problema. Anna non ha mai paura della sorella, non arretra di fronte a lei, non dubita del suo amore. L’amore e la comprensione sono l’unico antidoto, l’unica cura a tanto dolore. Perché è consapevole che un rapporto tra sorelle non può non essere fondato sull’amore, anche laddove le difficoltà sono copiose: e si sopporta tutto, in nome di quell’amore, si va avanti, si cerca di risolvere l’irrisolvibile, si attutiscono i colpi, gli schiaffi e le porte sbattute in faccia. Chi vive accanto ad una persona speciale sa che deve essere ugualmente speciale, deve mettere al servizio di quella specialità, in qualità di supporto, la propria normalità, affinché le due sfere, gli ossimori, diventino armoniche e concilianti. L'equilibrio è difficile da raggiungere ma sta proprio là tra la normalità e la specialità, tra l'essere comune e l'essere diverso.

Ecco che a questo punto, il disneyume solito, quello delle storie alla Bella Addormentata e alla Biancaneve, viene meno: per “scongelare” Anna, i rapporti, l’estrema freddezza dovuta al caos di emozioni di Elsa, non serve il bacio del principe azzurro, ma il vero amore tra sorelle: solo il loro abbraccio può riportare le cose alla normalità e permettere che le specialità di Elsa, da difetti, si tramutino in virtù. 

Anna e Elsa sono due facce della stessa medaglia, sono due in uno. 

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