Due libri per la maternità



Poco più di un anno fa, sul mio blog, scrissi che la maternità, in fondo, era una cosa semplice. Nonostante le nottate sfiancanti e la fatica dovuta all’allattamento e al fatto di doversi occupare di un’altra persona oltre che di se stessi (o rinunciando, per un po’, a se stessi), ero e sono del tutto convinta che la maternità è una cosa semplice. 
La semplicità sta nella triade madre-bimbo-padre, un rapporto fatto di istinto e buon senso.
La maternità diventa complicata per tutto quello che ruota attorno, che siano consigli non richiesti, marketing spinto, esperienze di altre mamme che, però, non possono essere identiche alla  nostra. Perché? Perché i bambini sono tutti diversi.

E per fortuna.

E diverso è il rapporto che c’è tra ogni mamma e ogni bambino. 
Ho capito che, diventando mamma, non sono Mamma in modo assoluto, lo sono solo della mia peste. E di fronte ad altri bimbi, pure della stessa età della mia, mi trovo quasi in imbarazzo: li vedo diversi nella forma e nei comportamenti e, in tutta sincerità, mi troverei spaesata nel dare consigli a un’altra madre o anche solo a prendere in braccio un altro bimbo. 

Detto questo, so anche che ci sono innegabilmente esperienze comuni, non del tutto identiche, ma simili. L’importante è seguire il proprio bimbo, capirlo a fondo e scegliere. Quando si sceglie una cosa per il proprio figlio, si porta quella scelta fino in fondo: perché una mamma e un papà sanno che per il proprio figlio - e solo per il proprio - quella scelta è la migliore. 

Fa bene, in ogni caso, riuscire a trovare persone che hanno fatto scelte come le tue: non perché tu debba sentirti sostenuto dagli altri o debba far valere per propria la legge altrui, ma solo per sentirsi meno soli e, quindi, ancora più convinti delle proprie scelte.

Ho letto due libri che mi hanno aiutata parecchio a sentirmi forte delle mie scelte in fatto di maternità. Sono, in ordine di tempo, Credi in te stessa, neomamma!, di Ivana V. Poletti e Io mi svezzo da solo di Lucio Piermarini

Ivana è una scrittrice, autrice di fiabe e blogger di Colorare la vita; ma è anche una mamma che riporta la sua esperienza - ampliata dal supporto di saggi scientifici e interviste a medici e esperti in ambito ginecologico e pediatrico - con grande freschezza, ottimismo e positività, anche quando parla di momenti difficili. Lucio Piermarini è un pediatra che rimette in discussione la sua stessa scienza acquisita trent’anni fa per fare un discorso - rivoluzionario - non solo sull’autosvezzamento (o meglio: alimentazione complementare a richiesta) ma sulla maternità in generale, regalando pagine di grande sensibilità. 

Devo dire grazie a entrambi i libri, perché sono arrivati dopo aver fatto istintivamente determinate scelte, tra mille paure: e grazie ai due scrittori ho capito che il percorso intrapreso era quello giusto. O meglio: non c’era nulla di sbagliato in quello che stavo e sto e stiamo facendo. Semplicemente ho guardato la mia peste, ho allontanato (a fatica) tutto quello che c’era intorno (latte artificiale, culle, sdraiette, girelli, ciuccio e biberon, pappe improponibili a orari scomodi) e ho fatto quello che faceva stare bene me e la mia bambina. 

Ho deciso di allattare esclusivamente e tutt’ora allatto, così come ho deciso di eliminare il cosiddetto baby food dalla spesa settimanale e di cucinare salutare per tutti quanti. Ne guadagno in tempo e salute mentale. Lascio semplicemente che sia la mia peste ad autoregolarsi, come le permettevo e le permetto di bere il mio latte a richiesta: e la cosa funziona.

Ho capito che la componente dell’istinto materno non è un’espressione romantica, ma è qualcosa che realmente esiste: con la maternità ci si avvicina molto allo stato animale di cui in fondo facciamo parte, sia fisicamente che psicologicamente, e pertanto agire per istinto (quello buono, quello che ci fa sopravvivere) è giusto, soprattutto di fronte ad una nuova vita che sgomita per affermarsi. 
Soffrivo da matti e non sapevo nemmeno perché quando vedevo il biberon e il latte artificiale: soffrivo perché non era la scelta giusta. Soffrivo anche quando vedevo la bocca della mia peste serrata di fronte a una brodaglia insapore, soffrivo perché in quel mangiare non c’era nulla di piacevole. Alterno il mio latte al cibo che cucino, anche se per molti può sembrare un controsenso (ancora con la tetta? Ma si vizia! La tetta prima di pranzo? Ma così non mangia niente!)

E invece, leggendo, scopro (razionalmente, perché lo sapevo già inconsciamente), che il seno non è solo la porta di un frigo, ma è anche e soprattutto la relazione tra madre e figlio. E che darlo prima o dopo pranzo, durante il cosiddetto svezzamento, è del tutto normale. Anzi: alla mia peste do un po’ del mio latte prima di cena e poi se ci sono cose che le piacciono particolarmente, come la pizza fatta da me o l’hamburger, mangia a quattro palmenti! 
A questo aggiungerei forse la verità più sconvolgente e limpida che il libro di Ivana mi ha consegnato: il bambino non usa il seno come un ciuccio. Semmai è il contrario: usa il ciuccio come vorrebbe usare il seno. Il ciuccio altro non è che un modo per togliere il seno dando al bambino un vizio del tutto artificiale.  Non la ringrazierò mai abbastanza per quella parte del suo libro. Un libro che scorre, divertente, familiare e pieno di calore, e che ti permette di compilare un quaderno (magico) sulla tua maternità.
Cosa utilissima, questa, perché le mamme, se ne hanno facoltà, possono davvero aiutarsi da sole con la scrittura: nulla di più rilassante e autoterapico. Scrivere ti aiuta a distanziarti e a vedere anche con ironia cose per cui ti saresti depressa o disperata. È un modo per essere positivamente da sole e valutare davvero la forza di se stesse come madri, accrescendo l’autostima e rafforzando la consapevolezza delle proprie scelte.

Lo afferma anche il dottor Piermarini che, con grande umiltà, pur essendo medico, fa un passo indietro rispetto all’istinto materno. La madre sa. Non si sa poi bene perché. Ma sa. 

L’importante è lasciar fare a mamma e papà. Perché i risultati si vedono. Dice il dottor Piermarini che più i bambini sono sicuri, più si godranno la vita e più la faranno godere a noi. Per questo, occorre farli sentire protetti nel modo a loro più congeniale - e questo non significa affatto viziarli.

Ho solo qualche rimpianto: quello di aver usato (anche se per poche volte) il biberon e quello di aver tenuto per qualche settimana la bambina nella culla, condannandoci tutti a pianti e insonnia. Tornando indietro l’avrei tenuta subito con noi nel letto e tutto il giorno in fascia (era talmente piccola!). Mi dico che sono stata una stupida, la seconda sera dal ritorno dall’ospedale, a dire “lasciamola nella culla, educhiamola”, dato che la voce comune era “bisogna farli piangere così imparano a fare da soli”. Nulla di più sbagliato. Cambierei solo questo. Per il resto agirei d’istinto sin subito. 


E poi leggerei quei libri prima di quando lo ho fatto: anzi, li rileggo, perché sono davvero preziosi. 

________________________________________________

La foto è stata scattata da me. Il libro del dottor Piermarini ha quella piega perché la mia peste lo ha apprezzato parecchio: e ha deciso di aprirlo e chiuderlo tante, tantissime volte!

Commenti