PROIEZIONI NOTTURNE - Alice in Wonderland

Credo proprio che Alice sia l'unico personaggio femminile attraverso cui Tim Burton ha esplorato il proprio mondo. Sì, c'è stata la Sposa Cadavere, ma la sposa non ha il carattere assoluto e imperante della nostra Alice in Wonderland. Ancora una volta, Burton ci stupisce per il modo assolutamente personale con cui legge una storia, la quale finisce per girare sempre attorno allo stesso determinante perno: il diverso. Il diverso che dentro ha un mondo speciale. Il diverso che è incarnato dal Matto e dal Sogno. E che, soprattutto, stavolta è una diversa. Alice è una ragazza in età da marito, ma di marito non vuole sentir parlare. Non porta il corsetto né le calze. Indaga, scruta a fondo gli altri personaggi della sua famiglia (tutti di una normalità così devastante da essere, come al solito, inquietante e disturbante). È una ragazza di rara intelligenza e perspicacia, una che – grazie al padre – sa guardare molto, davvero molto lontano. E il suo “guardare lontano” o, meglio, “guardare oltre”, è così “oltre” che sa andare verso lidi inesplorabili. Alice ha bisogno di fare un viaggio strano e straniante, perché è una donna in una società in cui le donne non hanno la possibilità di trovare la propria strada. E invece lei lo fa.
In un batter d'occhio – giusto il tempo di cadere nel buco di un albero che tanto ricorda quello di Sleepy Hollow – Alice si trova catapultata in un mondo altro. Lei è convinta di sognare, ma si può forse con Burton operare una netta distinzione tra realtà e fantasia? Ovvio che no. Alice non si addormenta né inizia a sognare. Senza soluzione di continuità passa da un mondo all'altro ed entrambi i mondi sono dannatamente reali (si pensi alla ferita che la ragazza ha sul braccio), seppur con diversi gradi di realtà. Alice sa vedere cose fantastiche quando si trova nel mondo reale. E perché mai tra i due universi non c'è un passaggio netto? Semplicemente perché l'unico filtro tra un mondo e l'altro è la testa della ragazza. E i suoi occhi. Queste sono le uniche barriere. In verità i due mondi convivono. Il problema di Alice è solo quello di saperli controllare. Meglio: di saper dominare il mondo fantastico dal momento che è costretta a vivere in quello reale. E saper controllare fantasie, sogni, incubi e visioni incontrollabili è determinante per una grande mente.

Come riesce Alice a diventare padrona di se stessa? Il percorso è mostrato da Burton sempre a livello formale. La ragazza non a caso cambia forma continuamente. Prima troppo lunga, poi troppo piccola. E, di conseguenza, è costretta a indossare abiti che le durano troppo poco tempo. La facilità con cui Alice cambia abito nel film non è affatto lo sfoggio di costumi bellissimi. Ciò ha un significato decisamente profondo. Come può una ragazza con la testa di Alice e che nel mondo reale non indossa calze e corsetto, adattarsi ad un solo abito? L'abito, in questo caso, diventa la sembianza, ciò che spesso il mondo e i “normali" vogliono si indossi per essere socialmente accettabili. Però, nel mondo dei Matti, nessuno sta lì a sindacare su come devi essere (tranne la Regina Rossa, la cui "piccola mente" non riesce a capire un granché...). Per questo Alice cambia abito finché non trova quello che le sta meglio, quello in cui si sente più a suo agio. Quello in cui lei può comodamente mettersi senza scendere a compromessi. Del resto, Alice ha una grande testa, il che non vuol dire avere una testa grande, come quella della Regina Rossa. Quest'ultima è il simbolo dell'ostentazione di un aspetto interiore che non si ha (così come fa tutta la sua corte). Non è detto che la qualità di ciò che si pensa, si sente, si odora, si mangia o si mostra si elevi solo al possedere di teste, orecchie o nasi molto grandi. Anzi, in questi casi, ci si crogiola nella sicurezza di essere il migliore, quando, invece, non si ha alcuna dote speciale. Alice trova la sua forma perfetta (e comunque è una forma che va continuamente perfezionata e ricercata) a seguito di una impervia strada che mette a dura prova il suo essere. Lei deve accettarsi così come è. E deve esplodere nel miglior modo possibile. E quale segno più appropriato, per dire questo, del Brucaliffo?, il quale è un bozzolo nel mondo fantastico, ma diventa una farfalla nel mondo “reale”? Una farfalla bellissima che vola proprio sulla spalla di una Alice matura che ha intrapreso la via del mare e della Cina, abbandonando ogni etichetta... Alice ha trovato la propria strada. Alice è sbocciata. Alice è una farfalla. E può fare ciò in tutta libertà proprio perché ha imparato a gestire il suo mondo interiore, quello fantastico, quello speciale. Cosa è il Cappellaio Matto se non il simbolo di una testa meravigliosa? Non c'è bisogno, ancora una volta, di ostentare una grande testa. Perché dentro il “cappello” una persona speciale sa tenere tutto il suo mondo e da quel magico scrigno attinge ogni volta che ne ha bisogno. Ecco perché le persone speciali, i diversi, i matti, i sognatori – chiamateli un po' come volete – non vedono alcuna barriera tra il mondo “reale” e il mondo “fantastico”. Sono la loro mente e i loro occhi a fare la differenza. Magistrale il momento in cui Alice torna al “suo” mondo e il passaggio è dato proprio dall'occhio del Cappellaio, che diventa una luce verde e poi un tunnel che rispedisce la ragazza fuori dal buco dell'albero in cui era caduta all'inizio del film.

Il dubbio della piccola Alice viene definitivamente sciolto: “Forse sono matta?” chiede al papà. Ma il suo papà le risponde che, sì, è proprio matta, è proprio svitata! Però solo i matti sono i migliori. Sì. Perché i matti sono quelli che sanno vedere tutto da altre prospettive. Sono quelli che sanno rigirare il linguaggio, che sanno invertire le forme consolidate e che, facendo questo, vedono un po' di più degli altri, vedono meglio, vedono diverso.

Spesso, però, il vedere diverso è una condizione che relega in una solitudine spaventosa. Si pensi a Edward. O a Jack Skeleton. O a Ed Wood. Gli altri, i normali, i benpensanti, i mediocri cattivamente inducono il diverso a sentirsi inutile e inaccettabile. Ma Alice fa deflagrare la propria diversità davanti a tutti, non si scoraggia, prende la situazione in mano. E non è affatto facile. Perché è una donna in un'epoca in cui le donne non hanno la possibilità di trovare la propria strada.

Ma Alice è forte. Alice sboccia luminosamente.

Toccando nel profondo chiunque le si senta accanto.

Burton è doppiamente grande perché da un lato sa catturare chiunque con la sua storia e il suo stile. Dall'altro lancia messaggi a chi si sente come lui. A chi vede come lui. E stavolta c'è una speranza in più, quella di un bozzolo che diventa finalmente farfalla.





Commenti

Maria D'Asaro ha detto…
Alice in Wonderland l'ho visto. L'ho trovato assolutamente fantastico. Ottima la ...recensione. Ancora Buon Natale.