Calendario dell'Avvento #10 - OPERA



Esattamente tre anni fa - la foto mi è testimone - mi sedevo in un palchetto centrale del Teatro dell’Opera di Roma e mi godevo come non mai il Rigoletto di Verdi.
Sì, nel calendario dell’avvento vorrei trovare un biglietto per l’Opera. Sono un tantino melomane. Poiché al momento non è possibile tornare a teatro, vivo di un ricordo bellissimo.
L’Opera mi fa venire i brividi; non parlo di una metafora, parlo di qualcosa di fisico che mi accade realmente: il suono produce in me una reazione nel sangue e nei nervi che conduce al brivido. 
Ma è tutto il contesto a favorire quel brivido lì. Per alcune ore si ha il privilegio di entrare in un ambiente favolistico, di tornare indietro nel tempo; si è assaliti da un’onda anomala di etichette e dress code e odore di velluto rosso: e poi scosti le tende del palchetto (sì, perché l’opera va vista dal palchetto!) e ti assale la luminosità di un teatro ottocentesco avvolto dall’orchestra che si accorda. In quell’accordarsi ogni tanto si avverte il motivo dell’aria più famosa e già si pregusta il momento topico. Finché tutto non ammutolisce, tutto si chiude in un silenzio carico di attesa e di promesse, un silenzio già pieno di musica: scatta scrosciante l’applauso al direttore d’orchestra che fa il suo ingresso e il primo violino si alza e gli stringe la mano. Buio. Si comincia. Nell’attacco dell’ouverture la colonna vertebrale è percorsa da un brivido fulmineo che arriva direttamente agli occhi. E il fiume emotivo va di pari passo con la musica, in un continuo alzarsi e abbassarsi delle onde musicali che conducono al climax, a quell’aria che tutti attendono e a cui tutti applaudono con clamore (e anche con qualche fischio, fa parte del gioco). Quando le luci si accendono e il sipario si abbassa, si esce sudati come da una lotta. È la lotta con quello sciame fisico-emotivo-psicologico che solo la musica classica sa far esplodere. Che sia il Rigoletto o la Tosca. Il Teatro dell'Opera è un luogo costruito con regole precise, volte a costruire una cerimonia vera e propria, in cui incanalare qualcosa - la musica - che, senza i dovuti appigli, ci porterebbe tutti fuori di testa. In un processo estatico, continuo, meraviglioso, profondo, ancestrale, geniale. 

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