Trittico di San Matteo (Caravaggio, 1599-1602)
È indubbio dire che
protagonista delle opere di Caravaggio è la luce. A Michelangelo
Merisi non interessava il messaggio religioso, né che le sue opere
fossero allineate con i dettami del Concilio di Trento, durante il
quale erano state stilate delle regole pittoriche molto vicine alla
censura.
No.
A Caravaggio interessava
la realtà. E la realtà - lo scopriranno poi gli Impressionisti, ma
solo due secoli più tardi - è la luce. Solo se si accende la luce
si vede il mondo, si vede la realtà, si vedono i colori. Certo: il
lavoro che hanno fatto i francesi sui colori è agli antipodi
rispetto a quello di Caravaggio.
Caravaggio pone il suo
soggetto in una stanza buia e poi accende la luce: il risultato è
sorprendente. Davanti non si ha una semplice raffigurazione, ma
personaggi che si muovono su una scena teatrale, analizzati sin nei
minimi dettagli. La cromia di Caravaggio è molto ristretta - tutti
colori bruciati, marroni, ocra, rossi e, ovviamente, il non-colore,
il nero - ma l'effetto è quello di una realtà densa, che esce fuori
dal quadro. L'effetto è quello di corpi realmente presenti - se
allunghi la mano puoi toccarli e sentire la consistenza della carne.
L'effetto è quello di stare nella platea del grande spettacolo della
realtà. Sul palco si muovono i santi, ma non sono santi "canonici"
né paragonabili ai lavori di altri artisti.
In nome della fatidica e
putrida realtà abitata da Caravaggio, i santi rappresentati dal
pittore sono vestiti come popolani. Spesso, l'aggiunta dell'aureola è
giustificata solo da una maggior comprensione del soggetto. Ma
prendiamo San Matteo: in tutti e tre i dipinti, il santo è un uomo
nella folla. Non ha nulla di diverso dagli altri. Ha vestiti
seicenteschi, ha piedi scalzi, abita luoghi poveri e porta una barba
lunga, che lo rende più un vagabondo che un santo. Ciò che lo
caratterizza è la luce: una luce reale e, al contempo, divina. Una
luce che lo colpisce, la luce che lo conduce alla vocazione e poi
all'apparizione dell'angelo. Una luce, quella del martirio, che San
Matteo cede tranquillamente al suo carnefice - un nudo bellissimo con
perizoma, il vero centro del quadro, il vero colpo d'occhio, il vero
protagonista. La luce è ovunque. La luce risana e abbellisce una
realtà cruda e oscena. La luce illumina la bettola in cui si
maneggiano soldi. La luce, incredibilmente, divide a metà l'ambiente
e va a illuminare la finestra. La composizione si decentra e lo
spettatore è costretto a scandagliare ogni angolo della stanza prima
di arrivare a capire chi sia il vero protagonista dell'opera. La luce
rende solenne la figura di un povero uomo scalzo che scrive qualcosa
su un tavolino di legno di poche pretese. Infine, la luce ci dà il
resoconto di una realtà violenta e contorta, eppure affascinante: il
carnefice con quel bel corpo, pur essendo colpevole, è una chiara
eco dell'altro grande Michelangelo, di Buonarroti, e della sua
Cappella Sistina. Così, la realtà malata viene assurta a bello, la
realtà putrida e oscena, grazie all'arte, diventa divina. E come
dare torto a Caravaggio, a quell'uomo che ha fatto della sua vita un
caos puro, condannato dai suoi stessi vizi a fuggire da una parte e
dall'altra dell'Italia?; quell'uomo che, per la sua arte, si ispirava ai
bassifondi che frequentava, suscitando scandalo e ribrezzo nei
benpensanti.
L'arte, in fondo, fa
questo: rende la realtà, anche la più becera, preziosa e magnifica.
Bella.
Commenti
Esimia collega blogger, questa volta mi permetto di dissentire. Ahahah ;-)
:-D
Direi che la luce è la protagonista dei quadri di Monet, ad esempio. Per quanto riguarda Caravaggio, se proprio dovessi scegliere un protagonista sarebbe Il Contrasto. Il contrasto tra l'ambiente buio e quell'illuminazione che fa stagliare i personaggi come maschere tragiche. Sì, se penso ai suoi quadri mi viene in mente prima il buio, e solo in un secondo momento la luce.
Comunque anch'io lo adoro! ;-)
La tua analisi è molto affascinante e dimostra quanto sia multiforme l'arte di Caravaggio.
Io, ad esempio, quando penso a Monet penso alla luce sui colori e, quindi, penso essenzialmente al colore - ma, come dici tu, c'è anche la luce a fare da regista.
Quando penso a Caravaggio, penso ad una lente d'ingrandimento che si focalizza su qualcosa e non su altro e la luce è la prima cosa che mi viene in mente. Ma l'ombra è la cosa che si crea! In effetti, è dal rapporto luce/ombra che nascono plastica e movimento.
"Mancanza di messaggio religioso"?
Ma anche no.
Conosci le due versioni di S.Matteo e l'Angelo? Nella Vocazione,che fine fa Gesu'? Nascosto dietro Pietro..
E nel Martirio,la precisa collocazione delle linee forza,l'espressione ebete della vittima?
No,Signorina, spiacente: di messaggi il Merigo ne aveva diversi e precisi. Invettive e sberleffi ad un mondo di cui era succube coatto,e che lo faceva star male.
Avendo letto,e leggendo,parecchio di arte in generale e di Merigo in particolare,le cose riportate sono note ai piu'.Negarle non costituisce dare un'opinione personale, ma dire una grossa inesattezza.
Come ultimo inciso: ho frequentato varie lezioni universitarie di arte. Durante queste lezioni - con i prof più ispirati - il significato del quadro si costruisce in maniera partecipativa. Si evidenziano i particolari e si cerca di comporli, fino ad arrivare ad un senso generale. E ognuno mette del suo.
Quello che ho fatto è stato solo prendere i segni, gli strumenti con cui Caravaggio ha dipinto, e cercare di interconnetterli.
Eccome se gli interessava! Ha combattutto per i baiocchi dei committenti del clero tutta la vita ed e' stato osteggiato piu' di una volta per le scelte stilistiche dagli stessi.conosceva perfettamente l'ipocrisia morale dietro i religiosi,di allora e sempre, e si divertiva un mondo a sputtanarli pittoricamente.
Verissimo, l'ho scritto io! Ma non ho detto che il messaggio religioso MANCAVA, ho detto che non INTERESSAVA come primo fine! Al messaggio religioso Caravaggio ci arriva a modo suo. Dopo il Concilio di Trento (e lo scandalo del Giudizio Universale di Michelangelo) molti artisti hanno deciso di seguire i dettami dei clericali: candele, angeli con le ali, santi con aureole, abiti riconoscibili, nuvole, luce divina ecc ecc.
Molti si sono allineati, Caravaggio no. Caravaggio ha posto il SUO messaggio religioso, derivante da un SUO studio della forma e degli elementi - forma ed elementi che hanno fatto scandalo. Personaggi ripresi dai bassifondi, abiti contemporanei, situazioni sin troppo realistiche, composizione totalmente nuova. Infatti, nonostante il mio incipit, alla fine arrivo a dire proprio questo: che Caravaggio vedeva il divino nella realtà. Ha calato la sua religiosità nella sua realtà.
In fondo, non credo che io e te stiamo dicendo cose così diverse, specialmente quando parli dell'ipocrisia morale dei religiosi.