Quel pomeriggio di un giorno da cani - di Angela Leucci, da Il Blog della Gazzella
Ecco il secondo post della collaborazione con Angela Leucci e il suo spazio, il Blog della Gazzella. Ovviamente, sul suo blog potete trovare il mio post a proposito del film Quel pomeriggio di un giorno da cani, di Sidney Lumet.
Quel pomeriggio di un
giorno da cani (Sidney Lumet, USA, 1975)
Ci sono degli attori che
hanno una data di scadenza. E se pensiamo agli attori italiani
potremmo compilare una lunga lista. Negli Stati Uniti, accade invece
un fenomeno ben diverso: sono tanti gli attori che, benché abbiano
passato l'età della gioventù, si sanno far valere. E succede anche
che questi attori siano quelli che per la maggior parte hanno
contribuito a realizzare quelle storie che ancora oggi sono impresse
nell'immaginario collettivo.
Questa premessa è
d'obbligo quando si parla di “Quel pomeriggio di un giorno da cani”
di Sidney Lumet con Al Pacino: un classicone, ma non uno di quelli
che ti stanchi dopo cinque minuti e che devi stare attento un po' a
tutto. Questa pellicola è permeata da una forte ironia che fa
passare tutto in secondo piano, perfino l'ottima fotografia, i
dialoghi geniali, la trama decisamente fuori le righe. E non ci si
deve far fuorviare dal fatto che sia tratto da una storia vera: qui la
fiction diventa più vera della realtà, restituendo allo spettatore
un capolavoro invecchiato magnificamente.
È pomeriggio, l'ora di
chiusura di una banca a Brooklyn. Tre uomini (tra cui Pacino che è
naturalmente il protagonista di nome Sonny) vi penetrano con
l'intento di rapinarla. Uno di loro, tormentato dalla strizza non ce
la fa e scappa via subito. Segue una parentesi paradossale in cui i
due ladri restanti scoprono che in cassa ci sono solo mille dollari.
A questo punto parte un tira e molla, dapprima con la polizia
municipale, poi con l'FBI: viene messa in piazza l'intera esistenza
di Sonny, il suo matrimonio, i figli, il secondo matrimonio con un
uomo che vuole cambiare sesso ma non ha i soldi (da qui il movente
della rapina), il rapporto con i genitori, in particolare con la
madre. Ma anche quando tutto sembra essere contro Sonny, sono in
tanti a inneggiare a lui, la gente per strada in particolare, che
viene arringata con una celebre battuta che è rimasta nella storia
del cinema, ma anche gli ostaggi, che finiscono per parteggiare per i
loro rapitori. Alla fine Sonny e il suo socio Sal riescono a ottenere
un pullman che li porti in aeroporto alla volta dell'Algeria, ma i
due rapinatori non sono in realtà dei delinquenti, piuttosto gente
normale che cerca di combattere il sistema: è così che Sal muore
nell'ultima scena, mentre Sonny viene arrestato e non gli resta che
piangere l'amico che non tornerà. Prima dei titoli di coda, scorrono
sullo schermo delle scritte che raccontano com'è andata a finire. Ma
lo spettatore non ne è interessato, dopo due ore di film al
cardiopalmo, in cui ha riso, sperato e tifato per Sonny. È ormai
notte, il pomeriggio è terminato da un pezzo, e Sonny si allontana
mesto in manette.
“Quel pomeriggio di un
giorno da cani” dà alla tematica queer un senso di normalità che
forse, purtroppo, non ancora c'è nella nostra realtà quotidiana.
Nel film, mentre i media danno alla parola “omosessuale” una
sfumatura fosca, la gente comune restituisce il giusto al concetto,
comprendendo quale sia il bisogno di ognuno di amare ed essere amati
dalla persona che per noi è giusta.
Angela
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