Painting of The Week: Intérieur - Le Viol (Edgar Degas, 1868-1869)
Il nome di Edgar Degas
viene spesso messo in ombra da impressionisti più vivaci e
“colorati” come Monet e Renoir; in taluni casi, viene definito
non impressionista a tutto tondo, dato che ha abiurato quasi
totalmente di fronte al concetto di en plein air.
Eppure.
Eppure Degas ha del
genio. Impressionista degli interni, non v'è dubbio. Impressionista
della realtà – non solo ottica: della realtà di tutti i
giorni. Quando si guardano i dipinti di Degas, si sente la Francia,
si sente Parigi, quella degli anfratti, quella delle persone comuni
fagocitate dalla più grande metropoli dell'Ottocento. Guardando Degas,
salta alla mente Zola, compagno letterario molto affine al pittore.
Degas, probabilmente meglio di altri suoi colleghi impressionisti,
non si è fermato solo alla verità ottica: ma ha utilizzato quella
stessa verità ottica per andare più nel profondo, per scorgere la
realtà della vita quotidiana, realtà che non fosse solo la gioia di
vivere dipinta negli occhi di Renoir o gli esperimenti atmosferici di
Monet. Degas è quasi naturalista, ma non del tutto. Perché, pur
fotografando talvolta con spietata ferocia certi aspetti sociali –
uno su tutti: il meraviglioso, verde Assenzio – ci trasmette quella
malinconia del transitorio, quel piccolo dolore per una realtà che
sfugge e che rischia di essere dimenticata. Dimenticata perché
nessuno sa vederla. Degas, invece, sa vederla, eccome. E sa anche
riportare quello che avviene nel chiuso delle porte e delle finestre,
nell'intimità delle case, tra i tavoli, nello spazio di un letto e
una sedia.
Ed è quello che fa in
questo atroce dipinto: rendere tutto il dramma dell'avvenimento nello
spazio di un letto e di una sedia. Non si è mai saputo a chi o a
quale caso Degas si sia riferito. Se ha solo immaginato o se ha
raccontato qualcosa che ha saputo. Ma Le Viol – Lo stupro –
rappresenta una realtà desolante e tragica, in cui il transitorio
luminoso e cromatico tipico degli impressionisti non è più solo
un'impressione passeggera, è un'impronta che quella donna seduta non
si toglierà più di dosso. Eppure, qui, non c'è solo realtà: c'è
anche la rappresentazione – espressionistica in maniera appena
accennata – dello stato d'animo della donna violata.
La violenza è appena
avvenuta. Lui se ne sta appoggiato alla porta, con aria superiore –
di chi di superiore ha solo la forza fisica e tenta di soggiogare
psicologicamente: è evidente nell'ombra che, sulla porta, si
proietta dietro di lui e che non è solo un'ombra reale. È un'ombra
inquietante, quella da cui escono i mostri, di notte.
Poi c'è il letto: il
letto dice tutto. È inserito in una prospettiva irreale e
vertiginosa, allungato oltremisura. Lo stesso letto che,
evidentemente, Van Gogh riprenderà per la sua stanza ad Arles nel 1888,
circa vent'anni dopo. Segno di come il letto di Degas non fosse solo
un letto, posto lì impressionisticamente, ma fosse la
rappresentazione del dolore e della tensione psicologica.
Poi, c'è il tavolino, al
centro, il simbolo: uno scrigno aperto da cui fuoriesce biancheria
scomposta. A terra, il corsetto. Infine, a sinistra, c'è lei. Lei
che dà le spalle a quell'uomo che non merita sguardo né voce. Lei
che ha la sottoveste sgualcita, una bretella abbassata e un simbolico
manto rosso a coprirle ginocchia e gambe. Lei che, nonostante il
dolore, la stanza da letto che mai più sarà di conforto, la carta
da parati nauseante, il merletto fintamente bianco, l'allucinazione
prospettica che rende tutto straniante e non-familiare, lei che,
nonostante questo, mantiene una dignità assoluta. Ed è proprio la
fermezza - plastica e morale - del corpo di lei a rendere più
sbilenca la figura dell'uomo, a permetterci di guardarlo con sdegno:
lui, per reggersi, ha bisogno di appoggiarsi alla porta, tiene le
mani in tasca, come se cominciasse a sentirsi a disagio. Lei, seppur
prostrata, mantiene una posizione molto classica che, con la luce che
Degas le dedica, la rende quasi divina.
Questa scena richiama
alla mente una delle più amare dell'Assommoir di Zola, quando la
piccola Lalie, che, malata, dirige la casa e cresce i suoi
fratellini, muore per le botte del padre, nel silenzio di un interno
che non ha sfoghi.
Eccolo, l'interno di
Degas: un interno reale, nel senso di rappresentazione di uno spazio
interno; ma quell'interno diventa anche interiore e la descrizione
dettagliata e realistica di un luogo si fa metafora per l'altrettanto
dettagliata resa del dolore, della sofferenza, del disagio dell'animo
umano che nessuno vede o vuole vedere.
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