Holy Motors
Anno: 2012 - Nazionalità: Francia - Genere: Fortunatamente fuori categoria - Regia: Leos Carax
Monsieur Oscar esce di
casa presto la mattina. Abbandona la sua ricchissima maison,
controllata da un numero imprecisato di guardie del corpo, e sale a
bordo di una elegante limousine bianca. Al telefono, parla con
qualcuno dei suoi affari e del fatto che debba aumentare la sicurezza
della casa. Poi, si rivolge alla sua autista, Céline, una bella donna
di mezza età dagli occhi azzurri e i capelli bianchissimi: le chiede
quanti appuntamenti lo attendano oggi. Sono nove. Nove appuntamenti
in un giorno solo. Sarà una lunga giornata, pensa Monsieur Oscar,
che si avvia verso il centro di Parigi con la sua elegante limousine
bianca.
Ed ecco che Oscar si prepara per
il suo primo appuntamento: si spoglia dei suoi abiti da uomo
d'affari, toglie la parrucca coi capelli bianchi - capelli da
banchiere - e si veste da mendicante. Meglio: da donna mendicante. Un
fazzoletto in testa, un bastone, la schiena piegata e una ciotola in
cui far tintinnare poche monete. Chiede l'elemosina per un po', prima
del secondo appuntamento: quando Monsieur Oscar si spoglia e veste la
tuta del motion capture. In una sala buia ad infrarossi, vengono
catturati i movimenti dell'attore e quelli di una contorsionista, per
dar vita ad una scena d'amore tra due serpenti realizzati in computer
grafica. E poi... È il momento di vestire i panni dell'assassino e
dell'assassinato - meraviglioso gioco del doppio - del padre che
sgrida la figlia troppo timida, dell'anarchico che assassina il
banchiere (che è sempre Monsieur Oscar!), di un uomo orribile con un
occhio solo e i capelli rossi che mangia di tutto, dai fiori ai
capelli, di un uomo morente, di un padre di una famiglia... di
scimmie!
L'unica cosa (forse) reale del
personaggio è il nome, Oscar. E capiamo ben presto che il lavoro di
Oscar è quello di recitare, di darsi appuntamenti per tutta la vita
e per tutta la giornata con altri "attori" alle prese con
infinite storie. E le storie che interpretano non sono troppo finte:
sono finzione, sì, non falsità. Ciò che lo spettatore sente è la
verità del momento, è l'emozione che la piccola storia suscita, è
l'azione che ci coinvolge corpo e anima - come al cinema.
Sì, perché è inutile
negare che Leos Carax abbia narrato un film sulla verità del Cinema,
sulla sua potenza, immaginifica e reale; sulla capacità della Settima Arte di diventare un doppio della realtà - ugualmente
autentico - e di intrappolarci, fino allo sfinimento. Il cinema, in
fondo, è l'arte più problematica, proprio perché ricalca in tutto
e per tutto la vita: non è solo parole come un libro, non è
un'immagine statica come la pittura, né è solo musica. È corpo che
si muove - quello meraviglioso di Denis Lavant, un genio della
recitazione - è mente che pensa, è cuore che pulsa, è mondo che si
abita, con le sue case, i paesaggi e le altre persone che lo
popolano.
Carax fa una tripla
riflessione: quella sulla realtà del cinema, che diventa realtà
vera e propria, non solo mondo posticcio e dimenticabile a riprese
finite: anzi, l'attore può rimanere intrappolato nei personaggi che
interpreta, fino a perdere la sua identità; la seconda riflessione è
quella sulla storia del cinema, breve eppure già piena di spunti,
tanto da regalare ai registi sempre nuova ispirazione e gusto per la
citazione; infine, la terza riflessione, quella sui “sacri motori”
- le automobili, in questo caso, le vere protagoniste del film, quei
motori che vengono continuamente richiamati sul set.
Motore: azione! - È questo
quello che grida il regista quando gira un film. Il motore, in senso
metaforico, è la limousine (che poi, vedremo, si lamenterà della
gente che non ama più l'azione, azione intesa come azione scenica,
piccolo timore che il cinema possa finire e con esso la sua magia -
quella dei Méliès, per intenderci, e dei primi stupendi esperimenti filmici, il puro gusto della finzione e del
lasciarsi guidare dalla sua verità).
La limousine partorisce,
letteralmente, i personaggi di Monsieur Oscar. Lui, là dentro, ha
un vero e proprio camerino, con trucchi e costumi di scena. La
limousine è la macchina da presa. Viaggia e crea storie.
Ma quelle storie sono
influenzate da una serie infinita di film. Senza nulla togliere
a Carax, in Holy Motors sono presenti numerose suggestioni da altri
film e altri registi. I primi che vengono in mente sono i riferimenti
al mondo lynchano: la linea di mezzeria della carreggiata, ripresa di
notte, che subito richiama Strade perdute; o i mondi che si
attraversano, come in Inland Empire. Certo, alle menti più fresche,
la limousine che vaga per la città fa subito pensare a Cosmopolis:
ma Holy Motors non potrebbe esser più agli antipodi! Due modi
diversi di guardare al mondo contemporaneo – e qui si propende
chiaramente per lo sguardo di Carax: laddove tutto è finzione,
meglio perdersi nella finzione più pura e genuina, quella che ci fa
vivere storie e ci permette di esplorare una parte sempre nascosta
della nostra personalità. Il cinema stimola le identità e, in
qualche modo, è salvifico.
E per continuare il gioco
delle citazioni: quel centro commerciale con le ringhiere in ferro
battuto, quanto è simile a quello di Charlie Chaplin in Tempi
Moderni - una delle sequenze più belle e creative dell'intero film? Ora, il centro commerciale si è svuotato, è desolato: ma nasconde ancora storie,
ancora possibilità di vita oltre quella reale.
Tuttavia, per la
struttura che incastra un racconto nell'altro - tutti apparentemente
slegati - Holy Motors richiama quell'insuperato e geniale romanzo (o
anti-romanzo) di Italo Calvino, Se una notte d'inverno un
viaggiatore. La frase ipotetica senza principale ci lascia
volutamente sospesi, in continuazione: e Carax fa altrettanto,
sospendendo sempre la storia e aprendone un'altra, costringendoci ad
un trip di identificazioni ed emozioni e dandoci l'illusione di non
essere immobili nella poltrona - come gli spettatori nell'intro del
film - ma in grado di volare, prima con gli occhi e poi col corpo, da
un mondo all'altro. È la magia più potente che l'uomo potesse
regalarsi. In un mondo in cui tutto sfugge e gli esseri umani celano
o sacrificano il vero se stesso, lasciarsi andare alle plurime
identità della san(t)a finzione, quella del cinema, è la cosa più
salutare che possiamo concederci: per questo, Denis Lavant è sempre
transeunte e irriconoscibile, come irriconoscibili sono due
truccatissime Eva Mendes e Kylie Minogue (da notare: Eva Mendes, nel
film, si chiama Kay M, ovvero con le iniziali di Kylie Minogue,
mentre Kylie Minogue si chiama Eva...); per questo la bella autista
Céline, finito il suo turno quotidiano al volante della limousine,
cela il suo volto dietro un'anonima maschera con la quale,
presumibilmente, torna alla vita "reale": se mai la realtà
esiste o è solo una delle parti che interpretiamo.
E nonostante questo,
nonostante una certa stanchezza di Monsieur Oscar, che non ha una
casa propria ma solo storie da vivere, nonostante il sentirsi a volte
intrappolati in un'identificazione con l'altro a cui mai si può
sfuggire, ecco, nonostante questo, il cinema è vita e vitalità: e
il meraviglioso Entracte di fisarmoniche al ritmo di Let My Baby Ride di R. L. Burnside infonde nelle vene quel vitalismo che solo l'arte vera può donare –
quel vitalismo che sa essere anche un po' inquietante, di quelli che
ti spogliano, che ti tolgono la protezione tipica dei film più
classici e concilianti: anche quello serve, anche sentirsi
destabilizzati, come fa Holy Motors a ogni sequenza, serve.
Basta infilare la chiave
nella toppa giusta e aprire l'armadio: e poi occorre davvero poco per
lasciarsi andare al turbine della finzione.
Commenti
Non mi ha appassionata tantissimo, sono sincera, mi è stato antipatico a pelle per "colpa" della sua pretenziosità.
Però l'attore che interpreta Oscar mi ha conquistata, soprattutto verso la fine, quando il protagonista diventa sempre più stanco, disilluso e triste.
Ci rifletterò per qualche giorno prima di scrivere la recensione perché la paura di buttar giù delle castronerie è davvero tantissima!!
A me il film è piaciuto molto proprio perché l'ho trovato quasi per nulla pretenzioso. Forse un po' nella sequenza introduttiva, ma neppure troppo. L'ho trovato, invece, una dichiarazione d'amore per il cinema in cui Carax mette la faccia in maniera molto tenera - è proprio lui quello che in pigiama apre l'armadio.
Tra i film che parlano del cinema, questo è quello più diretto e privo di saccenza. Quando si gira un saggio, è facile cadere nell'errore di lanciare frasi troppo esplicative o didascaliche e qui questo non avviene. Ovviamente, nelle singole scene, hai poco tempo per identificarti col personaggio della piccola storia, sarei ipocrita se dicessi il contrario: ti identifichi con Oscar e la sua stanchezza e, soprattutto, almeno per quel che mi riguarda, il sentimento provato è l'instabilità, il non aver una dimora propria in cui tornare, che è il timore di tutti, in fondo.
Comunque, aspetto la tua recensione!
E uno dei pochi titoli ad aver messo d'accordo perfino me e il Cannibale.
A parte gli scherzi, Holy Motors è un'opera incredibile! Da non perdere.