Real Steel
Anno: 2011 - Genere: Azione - Nazionalità: USA - Regia: Shawn Levy
Real Steel. Anima batte
macchina. Carne batte acciaio.
Ma se l'acciaio fosse
fatto di carne? E se anche le macchine avessero un cuore? Se gli
uomini fossero incapaci di esprimere sentimenti?
Questo e altro è
inserito in una classica sceneggiatura da film d'azione, cadenzata
sulla crescita dei personaggi e sul crescendo del ritmo.
Nel futuro il mondo
impazzisce per la box tra robot. La box tradizionale, quella tra
uomini, fatta di pugni, sangue e denti che volano non esiste più. Il
pubblico vuole violenza, sempre più violenza, e i robot possono
essere violenti fin quando vogliono.
Charlie (Hugh Jackman), un ex boxer, un
uomo inaffidabile e pieno di debiti, va in giro con il suo robottone
senza mai concludere un incontro da vincente. Charlie – dopo aver
misconosciuto il figlio e poi averlo “venduto” - torna
all'improvviso ad essere padre.
È totalmente incapace di
fare il padre, ma suo figlio Max è grande appassionato di
videogiochi e ama spasmodicamente la box tra robot.
Padre e figlio, come
amici più che come consanguinei, trovano e costruiscono un robot che
sembra provare sentimenti. Ha un meccanismo-ombra che gli permette di
ripetere ogni movimento umano. Charlie e Max, assieme ad Atom, girano
i ring degli Stati Uniti, da quelli illegali a quelli malfamati, fino
a trovarsi nell'Olimpo della Lega Mondiale per sfidare il campione
imbattuto Zeus.
Il film avvince, senza
ombra di dubbio. E rispolvera e rovescia quel mito dell'arena, fatta di
sudore e botte, che il cinema sembra amare tantissimo.
Il ring funziona molto a
livello filmico. Diventa quasi sempre metafora di una vita spesa per
il palcoscenico, un palcoscenico in cui sangue e dolore non sono
interpretati ma vissuti sulla pelle. Fuori del ring le cose perdono
consistenza, sono puro caos. Non c'è gusto nel picchiare qualcuno
fuori dell'arena, non ha neppure molto senso. I boxer tanto cari al
cinema sul ring possono incanalare e dare un senso alla loro rabbia,
alla loro arte e alla loro vita. Rocky, Toro Scatenato e il più
recente The Wrestler possono essere piuttosto esemplificativi.
Real Steel rigira la
situazione. Per rendere più cieca e sicura la violenza, si decide di
far salire sul ring macchine di acciaio che, apparentemente, non
provano nulla. Fuori del ring, uomini che non sanno in cosa far
confluire la propria vita e quale strada percorrere. Ma serve tutto
il film (che dura più di due ore!) per capire che l'acciaio sul ring
è vero. Che padre e figlio si rintracciano solo attraverso la
macchina della finzione che luccica e lotta per loro nell'arena. È
attraverso il gioco, il videogame, che Charlie e Max si incontrano,
trovano un punto in comune, capiscono, pur senza dirlo, da che parte
vogliono andare. L'acciaio che lotta fa da ombra alle vicissitudini
umane e profondissime che si alternano sotto il ring. Lo spettatore
si identifica in padre e figlio, che si identificano nella lotta di
una macchina senziente. Il confine tra dentro e fuori del ring
diventa ancora una volta sinonimo tra ciò che è caos e ciò che si
può veicolare, tra realtà e finzione, tra il nulla e lo scopo, tra ciò che non ha forma e la vita. A poco a poco il rovescio diventa
diritto. E la metafora di finzione e il senso che ha il ring vengono
assunti anche da ciò che esiste oltre il ring: padre e figlio vi
salgono e solo lì dentro comprendono, in silenzio. Come se il
sentimento fosse un segreto da celare gelosamente dentro copri
d'acciaio.
Commenti
Anche a me piacciono molto i film sulla box e i combattimenti. Se sono realizzati bene riescono a trasmettere molte cose!
Grazie per il commento, Giulia :).