FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA - From up on Poppy Hill (La Collina dei Papaveri)
Anno: 2011 - Genere: Drammatico - Nazionalità: Giappone - Regia: Goro Miyazaki
Siamo in Giappone, alle soglie delle Olimpiadi di Tokyo del 1964. Umi è una ragazzina indaffaratissima e piena di energie: studia e manda avanti la sua casa e i pensionanti che ospita, cucinando e badando ai fratelli più piccoli. Sua madre studia in America e suo padre era un capitano di vascello morto durante la guerra di Corea: un uomo bellissimo, dall'aura mitica, a cui Umi ogni giorno dedica le sue bandiere, issate con un preciso significato. Umi incontra Shun, un ragazzo all'ultimo anno di liceo, membro del club di letteratura, infervorato nella difesa dell'edificio storico che ospita tutti i club del liceo e che il preside vorrebbe far demolire.
Tra Umi e Shun inizia a nascere qualcosa: qualcosa che ammalia lo spettatore e lo intenerisce. È un rapporto non detto, fatto di sguardi, di gesti quasi invisibili e piccoli arrossamenti delle guance; Shun è un bel ragazzo, pieno di idee quasi anarchiche, poeta e passionale e Umi si dà da fare senza battere ciglio, vorrebbe studiare medicina e ogni volta che parla cattura tutti con la sua semplicità. I due personaggi, nella loro bellezza e umiltà, avvolgono lo spettatore comunicandogli solo sensazioni appaganti. Ma tra i due c' è l'ombra, peraltro molto pudica, dell'incesto e un piccolo mistero si insinua nelle loro vite.
Tuttavia Umi e Shun sono due giovani giapponesi che hanno voglia di costruire un futuro radioso, e nulla potrà fermarli: se una regola li allontana, il sentimento li avvicina continuamente.
Il tutto è narrato con una semplicità e una scorrevolezza pregna di quella bellezza che fa solo bene al cuore dello spettatore. Nelle sensazioni da comunicare, Goro Miyazaki è molto simile a suo padre Hayao. Ma al di là di questo aspetto, dell'animazione e dello Studio Ghibli, Goro sembra prendere una strada tutta sua. Non ci sono spiriti della foresta, non ci sono palline di fuliggine, né magie o incantesimi. Goro Miyazaki radica la sua storia e il suo film nella realtà, in una realtà storica ed estremamente reale; narra di studenti che parlano di politica, che lottano per i loro diritti, racconta di sogni per il futuro e di un forte amore tra adolescenti, un amore che va oltre qualsiasi ostacolo.
Tra Umi e Shun scorre il mare. Il paese in cui è ambientato il film è arroccato su un porto (molto simile a quello di Ponyo) ricco di colori, profumi, mercati, biciclette, persone; le strade sono lambite da cespugli e fiori di cui si sente la densità e l'essenza. Il film porta scenografie vive che escono dallo schermo; le animazioni danno anima ai personaggi che così in poche inquadrature entrano nel mondo reale.
Il mare, terzo grande protagonista, porta tutta la realtà di Goro su un versante estremamente lirico e forse proprio in questo lirismo sottile e delicato sta la sua magia.
Il risultato è un piccolo grande gioiello che non smentisce la qualità dello Studio Ghibli. Non si può che rimanere incantati di fronte a tanta bellezza e armonia, armonia delle forme, dei gesti, della sceneggiatura, della poetica, della morale. Lo spettatore è per forza di cose reso partecipe, non può tirarsi indietro e vive il tempo del film con lo spirito curioso, meravigliato e pieno di forza di un bambino.
Il bambino: la famiglia Miyazaki sa perfettamente cos'è un bambino e dove si trova nello spettatore adulto che guarda film. Ma se Hayao si esprime spesso in cupezze bilanciate da armoniose distensioni dell'animo, Goro sembra voler nascondere l'oscurità e la paura dietro sentimenti estremamente delicati e misurati. E pare che il padre abbia trasmesso molto al figlio, dandogli una forma mentis riconoscibile, ma lasciandolo libero di esprimersi con le necessarie differenze.
Commenti
Grazie per il tuo commento supervloce, Carolina!