Aku no Hana (I Fiori del Male)


Anno: 2013 - Nazionalità: Giappone - Genere: Psicologico/Scolastico/Adolescenziale - Episodi: 13 (Fine Prima Parte) - Tratto dal manga di: Shuzo Oshimi - Sceneggiatura: Aki Itami - Regia: Hiroshi Nagahama

L'adolescenza come la sequenza horror della vita. L'adolescenza intesa come viaggio all'inferno, tra angeli deviati e demoni di una purezza sconcertante. In un mondo in cui il vero male è la normalità. E in cui il Male che sboccia dentro di noi, se ben coltivato, può essere la nostra salvezza.

Takao Kasuga ha quindici anni. Non fa che leggere I Fiori del Male di Baudelaire, il suo scrittore preferito. Lo legge e lo rilegge, come se il libro fosse la sua personale Bibbia e il poeta una sorta di nuovo dio. Takao vive in un paesino chiuso, immobile, circondato da alti monti che sembrano insuperabili. Takao ha una "donna angelo" di cui è segretamente innamorato: è la sua compagna di classe Nanako Saeki, delicata, bellissima, agli occhi di Takao pura.
Seduta dietro Takao, a scuola, c'è Sawa Nakamura, la ragazza più strana della classe, isolata, soffocata da qualcosa che nessuno capisce, l'unica in grado di aggredire il professore con un “sei un pezzo di merda” e di guardarlo impunita con occhi che trafiggono.
A Takao, adolescente diverso dalla media, in grado di chiudersi in camera a leggere per ore, succede qualcosa. Rimane solo in classe e il sacchetto contenente la tuta da ginnastica di Saeki misteriosamente cade. Lui, attratto, lo apre, guarda la tuta – come nel più classico dei feticismi – ma, al primo rumore che sente, terrorizzato dall'essere scoperto, va in confusione e scappa con il prezioso indumento anziché riporlo nel sacchetto. Il giorno dopo, a scuola, scoppia il caso: tutti sono convinti che un maniaco abbia rubato la tuta di Nanako.














A osservare segretamente tutta la scena c'era proprio Sawa Nakamura che coglie l'occasione per mettere sotto ricatto Takao e per stipulare, con lui, un contratto.
È qui che prende vita un demoniaco triangolo tra Nanako, Sawa e Takao, alle prese con situazioni normali che si fanno stranianti, inquietanti, fuori contesto. Takao è solo infatuato di Nanako, Nanako risponde dolcemente alla dichiarazione, Sawa si diverte a gettare qua e là trabocchetti: ma, in fondo, l'intento di quest'ultima è solo quello di buttare giù “tutti i muri” che separano Takao dal suo vero essere. 

Sawa definisce Takao “deviato” e “pervertito”, ma è lei a esserlo per prima anche se non nel senso sessuale del termine. All'improvviso, Sawa e Takao si scoprono legati: a unirli ci sono odio, rabbia e impotenza perché si sentono diversi in un mondo di normali.
Takao e Sawa, in fondo, hanno già squarciato il velo di Maya. Riescono a vedere attraverso, riescono a vedere la falsità della morale, l'immobilità mentale ed emotiva a cui l'uomo è condannato per non apparire diverso dagli altri, costretto a mantenere segreto il vero se stesso.
Quello di Takao e Sawa, è vero, sarà un angosciante viaggio all'inferno: ma, man mano che lo vivranno, si sentiranno liberi. Il rapporto tra i due ragazzi - che va ben al di là dell'amicizia o dell'amore - è un necessario sostenersi per scoprirsi e coltivarsi, come avviene alla fine della puntata sette: quando, entrambi alla pari – Takao non più succube di Sawa – decidono di esplodere nell'azione più rivoluzionaria, irriverente, creativa della loro adolescenza.
Nella distruzione del già dato, del già visto, del già vissuto in maniera assolutamente identica da secoli, vi è la sola possibilità di salvezza, redenzione, crescita. E Takao e Sawa decidono di crescere per conto loro, di seguire il loro sentiero, di non affidarsi a nessuno, a nessuna moda, a nessuna morale già stabilita.














Come Takao e Sawa si discostano completamente dai loro coetanei, anche Aku no Hana si discosta completamente dal panorama dell'animazione seriale nipponica, divenendo un piccolo caso, unico nel suo genere. Aku no Hana si affida al rotoscope, il disegno è ricalcato a partire da video girati dalla realtà e attori ripresi dal vero. Questa è stata la più grande polemica nata da parte dei fan del fumetto, che hanno attaccato la produzione dell'anime per non aver rispettato lo stile del manga.

In realtà, almeno per quel che ci riguarda, l'uso di una tecnica così particolare, avulsa totalmente dal contesto d'animazione odierno – pieno, strapieno di produzioni di ogni tipo – ha permesso ad Aku no Hana di diventare un gioiello d'autore, di distinguersi da tutti gli altri, di sganciarsi da logiche di genere (il quale, spesso, influenza lo stile del disegno) e di correre su un binario diverso dalla produzione di massa. Inutile dire che, al di là del rotoscopio, Aku no Hana fa affidamento su un ritmo che difficilmente troviamo in una serie televisiva, animata o no: tredici episodi che si muovono lentamente, poi esplodono, passando da un silenzio in cui si nasconde il demoniaco a fragori pieni di tensione, che pongono lo spettatore in seria crisi.

Lo scopo del rotoscope è quello di dare un esagerato senso di realtà all'animazione: di fronte ad Aku no Hana, lontano anche dai patinatissimi teen drama, ci si sente messi dentro la storia senza averne chiesto il permesso. La volontà della produzione è proprio quella di fuggire da qualsiasi incasellamento. Con Aku no Hana si rivivono tutte quelle situazioni drammatiche e tragiche tipiche dell'adolescenza: si vive l'angoscia di sentirsi tra, tra il giudizio dei genitori e il giudizio dei propri coetanei, tra la voglia di essere se stesso e la cattiva necessità di essere come gli altri, per non apparire diversi. Costantemente alle prese col giudizio altrui, ci si dimentica cosa si è. Sawa non ha alcun interesse per questa logica, tanto che si comporta come vuole in ogni occasione. Takao, invece, deve lavorare a lungo per riuscire a essere se stesso.
In fondo, quelle parole con cui Sawa definisce Takao – deviato e pervertito – non hanno nulla a che vedere col senso lato del termine. Vanno intesi, invece, in senso etimologico. Per-versum, andare controsenso, contro il senso comune. Takao non è realmente un deviato. Non se ne va in giro a fare il maniaco. Solo che legge Baudelaire, legge poesie, le capisce a fondo, guarda il mondo e lo coglie al volo: lui è deviato perché devia dalla strada che percorrono tutti come pecore.














L'atmosfera horror si respira tutta. Sembra che da un momento all'altro, dalle strade immobili in cui non cambiano neppure i manifesti delle pubblicità, esca una creatura soprannaturale e maligna. In realtà, il maligno sta negli altri, in tutta la cattiveria che hanno nel giudicare senza sapere.

Il fiore che, durante l'adolescenza, sboccia è quello che ci renderà adulti. L'importante è che sbocci bene. Se sboccia il fiore del Male, ci si trova di fronte a due possibilità. Nel contesto sbagliato, con le persone sbagliate e percorrendo le scelte altrui, il Male cova e diventa davvero male, brutto, nocivo, violento. Se il fiore del male viene coltivato a dovere, solo col proprio personalissimo concime, nella terra che più ci sembra fertile per il nostro spirito, allora sboccerà il Fiore del Male luminoso e salvifico, quello che esprimerà il vero Io, il vero essere.

Ed è così che si arriva a quel capolavoro che è la sigla finale di Aku no Hana, Hana ga saita yo. Due voci robotiche scandiscono che il fiore è sbocciato, mentre tra esse si insinua un suono martellante e inquietante, che sarà sempre l'unico e solo leitmotiv di Takao e Sawa. Lo ritroveremo più volte arrangiato diversamente nelle scene culmine della serie animata, a ritmare situazioni fortemente, drammaticamente emotive e che entrano in profondo contatto con lo spettatore. È più un ritmo che scandisce l'esistenza, l'esistenza di chi vive la pubertà fuori dagli schemi costituiti, sperando in una vita adulta vera e sincera.



Commenti

Angela Leucci ha detto…
ok, questo devo proprio vederlo. :)
Veronica ha detto…
Questo è proprio da Oscar! :)
Unknown ha detto…
Non l'ho ancora visto, ma lo metto subito in lista!
Passa da me se ti va

http://lovedlens.blogspot.it
Veronica ha detto…
Benvenuta da queste parti.
Ti consiglio caldamente Aku no Hana!
Passo a trovarti :).
Vele Ivy ha detto…
Caspita ho sentito la sigla ed è molto originale... un mix di dolcezza, tristezza e inquietudine!! Si sposa benissimo con la tua descrizione del cartone... segno pure questo!!
Veronica ha detto…
Vele, questo è un capolavoro! *_*
Unknown ha detto…
Ciao, post molto carino!
Anche io ho scritto un articolo su Aku no Hana, ti andrebbe di darmi le tue impressioni?
http://acagreg.blogspot.it/2014/03/acagreg-tankobon-3-opinioni-personali.html