World War Z
Anno: 2013 - Nazionalità: USA - Genere: Zombie (?) - Regia: Marc Forster
I film di zombie si
dividono - più o meno – in tre categorie: quelli horror e
perfettamente drammatici; i trash destinati a diventare cult; i
volutamente splatter-demenziali. World War Z non rientra in nessuna
di queste categorie.
Vuole essere drammatico, ma personaggi, scene e e casus belli non sono esplorati in maniera abbastanza esauriente da poter costruire una storia tesa e con un significato profondo alle spalle; non è un film trash e neppure demenziale, dato che nelle intenzioni del regista World War Z doveva essere uno Zero Dark Thirty in versione zombesca - ma il risultato non è stato all'altezza.
In più, non ci sono
zombie. Nella maggior parte delle sequenze, i nostri cari non-estinti
sono realizzati digitalmente e senza supporto umano; ma anche laddove
compaiono attori truccati, in realtà, c'è molto poco degli zombie.
Le scene a loro dedicate sono ridotte all'osso, ci si concentra solo
sul protagonista, Gerry, - un Brad Pitt sorprendentemente cinquantenne, ma
poco reattivo nella sua parte - e la sua famiglia. Gli zombie si
vedono poco anche perché i loro movimenti sono velocissimi e
all'occhio dello spettatore sfugge praticamente tutto. Questo è un
difetto - l'eccessiva e disturbante velocità delle sequenze - ma
anche, per certi versi, l'unico pregio del film.
Perché è vero, zombie
non ce ne sono e umani capaci nemmeno, ma il regista ha avuto almeno
il merito di farti saltare sulla sedia, prediligendo scene notturne e
soffocanti e in luoghi sempre più stretti. La sequenza sull'aereo -
per quanto si concluda in maniera assai improbabile, ma, del resto,
in un film di zombie tutto è improbabile - è la summa delle scene
claustrofobiche del film ben fatte.
Se le sequenze d'azione
sono effettivamente realizzate con competenza, il nocciolo della
sceneggiatura fa acqua, poiché è stato eliminato tutto il mistero tipico dei film
sugli zombie. In questa storia - in cui tra l'altro i non-morti sono
contaminati dalla rabbia, un po' come in 28 giorni dopo -
improvvisamente, si sa quale è la cura e si sa come proteggersi dai
morsi. Pertanto, svanito il mistero su origine e cura, il film è
tutta una lotta per impadronirsi dell'antidoto, una lotta a livello
internazionale, in cui sono messi in campo ONU, OMS, Esercito e
Marina. Gli zombie diventano terroristi internazionali e Brad Pitt
diventa l'eroe di stato assoldato per eliminarli, continuamente in volo tra Corea, Medio Oriente e Nord Europa. La cosa suona subito strana, dato
che le organizzazioni militari (e umane in generale) sono le prime a crollare quando
l'epidemia dei non-morti si diffonde; inoltre, gli uomini vivi
continuano a essere uomini vivi, buoni, caritatevoli, ordinati,
sani... Di splatter non c'è nulla, non si vede mai schizzare il sangue, mai una sequenza in cui tra pistole e accette si spacchino a metà teste e si senta rumore d'ossa.
Per questo il film scema, lasciando poco o nulla di zombesco
e inserendo il tema “zombie” in uno scenario sin troppo
realistico. Inoltre, laddove ci sarebbero potuti essere interessanti
sviluppi, il regista si arresta: la figlia di Gerry affetta d'asma non
diventa motivo per nessuna sequenza problematica; inoltre, Gerry e la
famiglia si separano: lui sa che moglie e figlie sono in
pericolo (cosa che avrebbe potuto generare sequenze parallele
palpitanti), ma non avviene nulla.
Eppure la metafora poteva
essere bella, come bella poteva essere la nuova relazione che si
poteva sviluppare, quella tra malattia e morte e sanità e morte (l'unico balzo del film si ha, infatti, quando Gerry avanza malato tra gli zombie disinteressati a lui).
Invece nessuno sviluppa niente, snaturando totalmente
il concetto di zombie. Un film che si lascia guardare e che ti fa
saltare, ma di zombie nel senso stretto e vario del
termine non rimane nulla.
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