Painting of The Week: Passeggiata sulla Scogliera (Claude Monet, 1882)
Passeggiata sulla
Scogliera. O Cliff Walk at Pourville. O, ancora, nella sua lingua: La
Promenade sur la Falaise.
I titoli possono cambiare
– di poco – concederci grandi o minime sfumature di
significato: ma il quadro di Claude Monet rimane lì, con gli azzurri
più azzurri, i gialli più gialli, i bianchi più bianchi.
Perché, forse – e il
beneficio del dubbio è d'obbligo quando si parla di storia, di stile
e di arte – Monet fu l'impressionista più impressionista. Quando
si pensa all'Impressionismo, non viene in mente Degas, che rifiutò
l'en plein air, né Renoir, con la sua gioia di vivere e la sua
monumentale involuzione; e neppure Manet, precursore, impressionista
ma non troppo. Cézanne, Gauguin e Van Gogh, seppur catalogati come
“post impressionisti”, hanno un legame storico forte non tanto con il prima, ma con il dopo – Cubismo ed Espressionismo in
primis.
Quando si parla di
Impressionismo è Monet che balza sulle labbra di tutti: e gli occhi
si riempiono delle infinite riproposizioni della cattedrale di Rouen,
delle ninfee o del sol levante. Esperimenti, un incontro di pennello,
luce e colore che si traduce, appunto, in un'impressione, un attimo,
quello dell'istante che c'è e poi non c'è più. Più veloci della
nascente macchina fotografica, più veloci dell'occhio, occorreva
essere.
Eppure, tra esperimenti,
luci e colori, la Passeggiata sulla Scogliera ha qualcosa di vivo, di
più vivo. Sarà il taglio che Monet ha dato all'inquadratura, la
scogliera vista dal basso verso l'alto e che quasi cerca di domare il
mare festoso della primavera; o saranno quelle picchiettature di
colore, un lavoro certosino di pennello e polso, un incontro/incrocio
di macchie che fanno il mondo, il paesaggio e il vento. Sarà il mare
che pare davvero ondeggiare e fare a gara con le nuvole di passaggio.
O saranno quelle due figure femminili che appena si scorgono e che
solo di poco si distinguono dal resto dell'ambiente: Monet sembra
catturarle e tenerle a terra con fatica, il vento pare prendere il
sopravvento e volerle spingere oltre la scogliera.
Monet si fa prendere la
mano: come se l'essenza del vento prodotta dalle sue pennellate fosse più
forte della sua decisione di dipingere. Le figurette, così, sono
solo macchie quasi indistinguibili, che hanno la stessa matericità e
atmosfericità delle cose. Sembrano erba e cielo e aria – dense e turbinose come l'acqua. Non sono centrali, sono in balia della
luce e del colore. Sono un prodotto della luce: senza di essa, neppure l'immagine umana esisterebbe.
Monet ha catturato
l'impressione visiva di quel giorno, ma, soprattutto, ha reso eterna
l'emozione evanescente e transeunte che quel paesaggio provoca.
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