Frankenweenie
Anno: 2012 - Nazionalità: USA - Genere: Fantastico/Animazione - Regia: Tim Burton
Il Frankenweenie del 2013
è un adattamento dell'omonimo cortometraggio che Tim Burton girò
nel 1984. La trama è identica, così come il bianco e nero della
fotografia. Cambia la tecnologia utilizzata: se, nel 1984,
probabilmente per mancanza di mezzi, Burton girò il corto con attori
veri, questa volta si è sbizzarrito con il suo amato stop-motion.
Il risultato è dei
migliori. Dopo alcuni film tratti da storie non originali (né Alice
in Wonderland, né Dark Shadows sono nati dalla mente di Burton), il
nostro gotico regista ripropone un racconto partorito completamente
dalla sua testa. Gli elementi riconoscibili ci sono tutti, così come
i colpi di genio.
L'horror e lo stralunato
fanno sempre parte della poetica del regista. Ma nelle storie
originali come Vincent, Nightmare Before Christmas, La sposa cadavere
o questo Frankenweenie (solo per citare i film animati) Burton
utilizza l'horror e lo stralunato a proprio modo, piegandoli alle
proprie esigenze e dando loro significati che sfuggono ad ogni
regola.
In particolare, l'aspetto
terribile e orrorifico dei film di Burton non rimane mai in
superficie, né rimane mai a livello di semplice genere che ha il
compito di spaventare: il terribile e l'orrorifico in Tim Burton sono
sempre intimisti, sono ripiegamento interiore, un modo per guardare
al proprio animo con tutta la malinconia possibile, quella di chi si
sente solo e un po' diverso.
Tuttavia, i film di
Burton piacciono a moltissimi, perché, in fondo, tutti siamo
diversi: e, di fronte alle riflessioni dei personaggi burtoniani, al
loro sgranare gli occhi di fronte alle cose, alla loro sensibilità,
tutti noi riusciamo ad identificarci.
Victor Frankenstein è un
bimbo appassionato di scienza. Non ha amici umani, ne ha solo uno,
unico e insostituibile: il suo cagnolino Sparky. Con Sparky, Victor
fa il cinema, girando piccoli film pieni di strampalati effetti
speciali; con Sparky, Victor si rinchiude in soffitta, crea e
inventa. Cosa c'è di più bello di creare e inventare nella
solitudine del proprio fantastico mondo? Nulla. Ma il padre di Victor
non la pensa così. Crede che il figlio debba fare attività sociale
e sportiva e costringe Victor a giocare a baseball. Così, durante
una partita, Sparky insegue la pallina battuta dal padrone, finisce
in mezzo alla strada, viene investito e muore. Victor è solo. Non ha
più un amico, né un compagno con cui condividere le proprie
creazioni. Ma, ispirato dal suo insegnante di scienze, Mr Rzykruski,
decide di fare proprio come il dottor Frankenstein: disseppellisce
Sparky e lo sottopone alle scariche dei fulmini per rianimarlo. Il
risultato è sorprendente: un piccolo Sparky ricucito ritorna in
vita, grazie alla scienza e all'amore. Ma i cittadini di New Holland
saranno pronti a capire e ad accettare quanto avvenuto?
Il film segue diverse
direttrici, tutte molto interessanti, tutte molto stratificate. I
temi cari a Burton ricorrono, ma in maniera molto più sottile e
suscettibili di diverse interpretazioni.
Ad esempio, molto denso è
il tema del padre, sempre sviscerato da Burton. Il padre di Victor a
tratti si dimostra molto comprensivo nei confronti del figlio: è
l'unico padre in città ad accettare le avanguardistiche lezioni del
professore di scienze, che tutti additano come stregone. Allo stesso
tempo, però, il papà di Victor è il responsabile (più o meno
indiretto) della morte di Sparky; è colui che prima dice: “se
potessimo fare qualcosa per riportare in vita Sparky, lo faremmo”,
ma, contrariato di fronte al cagnolino-zombie, pronuncia una frase
poco felice ma molto realistica: “è facile promettere
l'impossibile!”.
Poi, c'è il tema della
creatività. La creatività, quella al confine con il genio, spesso
attraversa i film di Burton, ma è sempre una creatività incompresa.
Victor è un piccolo scienziato. Grazie alla scienza, dà vita al
cinema. Cinema e scienza, infatti, non sono molto distanti tra loro.
Grazie a scoperte scientifiche è nato il cinema. Arte e scienza,
quindi, sono due facce della stessa medaglia. Arte e scienza, seppur
in modi diversi, hanno a che vedere con la vita: l'arte dà vita a un mondo nuovo; l'autore letteralmente
partorisce qualcosa di vivente. La scienza inventa cose nuove e lo scienziato può dirigere le proprie invenzioni verso il bene o verso il male. In Frankenweenie, arte e scienza si
uniscono per dar vita a qualcosa. È un'opera d'arte ma è anche
vita: Sparky. Allo stesso tempo, però, non è una vita normale,
perché se fosse una vita normale, non susciterebbe attenzione; è
una vita creativa, quella che Victor dà a Sparky: ricucito, con i
chiodi o con pezzi di stoffa, il cane non è più un cane, è una
creazione a sé stante, anche se rimane un essere in grado di provare
sentimenti. L'aspetto esteriore provoca repulsione: tutti si fermano
a quell'aspetto, non riuscendo ad ammirare la bellezza interiore di
Sparky. Succede così a Jack, quando porta i regali ai
bambini durante la notte di Natale; succede al cadavere che vuole sposarsi; succede a Vincent,
fuori bimbo ma dentro uomo tormentato; succede anche a Edward, con le
sue mani di forbice desiderose di accarezzare eppure
involontariamente violente.
Nel 1984, il corto
Frankenweenie si concludeva con la fuga di Sparky verso un'altura,
mentre il cagnolino era inseguito da una folla inferocita che voleva
sopprimerlo; nel 1990, Edward Mani di Forbice si concludeva in modo
analogo, con la stessa fuga del protagonista da una folla che non si
sforzava di guardare e capire. Tuttavia, i due film hanno esito
diverso: a Edward tocca quello tragico, la non accettazione, la
diversità e la solitudine.
Sono due facce della
stessa medaglia, ancora una volta. Un mostro può risultare simpatico
ed essere accettato, in altri casi un mostro fa solo paura e nessuno
si sforza per vedere cosa c'è oltre il significante. È un destino a
cui tutti siamo un po' condannati: ognuno di noi è un corpo e una
mente e chi ci guarda non sempre riesce a conoscerci a fondo, non
sempre supera le antinomie tra esterno e interno, esteriore e
interiore.
Come Victor si sporca le
mani con qualcosa di molto vivo, con materia animale, con
l'elettricità, la carne, il sangue, la terra, così anche Burton
torna alla materia: di sicuro, con lo stop motion ora può avvalersi di
tecniche supportate dal digitale, ma non può esimersi dal creare i
personaggi con la plastilina, dal dar loro la vita praticamente,
veramente e non solo digitalmente. L'attenzione di Burton alla
materia è ben visibile anche nell'uso del bianco e nero. Il bianco e
il nero scavano le immagini, dando ad esse forma: i bianchi macerano,
mentre i neri scolpiscono. Il risultato è un film effettivamente
esistente: non solo pellicola, non solo effetti speciali, ma qualcosa
di vero e tangibile. Come vera e tangibile è la vera Arte. Vera e
tangibile è la vera Vita. Vacua e insipida la vita di chi non guarda, non sente, non pensa.
Commenti
a parte questo, grande frankenweenie. finalmente tim burton is back!
:-(
Anni fa avevo visto l'originale del 1984 per caso, mi era subito sembrato geniale ma quel velo di tristezza mi è rimasto appiccicato...
@Marco: concordo! Il buon Tim è decisamente tornato!
@Beatrix: è vero, è così bello questo film che non c'è bisogno di essere burtoniani per vederlo. Anche se, ho notato, la distribuzione di Frankenweenie ha lasciato un po' a desiderare, anche nei grandi centri :(.
@perso: verissimo, Frankenweenie è completamente burtoniano, in ogni sfumatura e in ogni recesso!
@clau: guardalo! Questo è il Burton degli antichi splendori!
@curly: ti ringrazio infinitamente. Se puoi, recupera il film!
@Vele: Frankenweenie ti farà soffrire, perché ti metterà di fronte alla perdita del proprio caro animale. Chi ne possiede uno soffrirà più degli altri. Però, ti consiglio di vederlo. Burton amplia la storia rispetto al cortometraggio e analizza bene, secondo me, il rapporto d'amicizia e amore che c'è tra padrone e amichetto a quattro zampe. Ti confesso: molte scene sono da lacrimoni!