La Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello
Impossibile riuscire a
esprimere a parole tutto quello che avviene tra i corridoi dei Musei
Vaticani. Dai manufatti dell'età del bronzo ai dipinti di Chagall o
di Morandi, non vi è un solo buco lasciato nella Storia dell'Arte.
Gli occhi si saturano nelle vertiginose evoluzioni delle arti visive,
tra corridoi abbelliti da stucchi color oro e stanze cariche di
colori.
Sono arti visive,
appunto. Non parole. Si alza la testa, si spalancano gli occhi e si
apre la bocca. Per la meraviglia.
Il centro del lunghissimo
percorso dei Musei Vaticani è dato dalle Stanze di Raffaello e dalla
Cappella Sistina. L'emozione di sentirsi piccoli, quasi nullità, di
fronte alle espressioni visive della Storia è qualcosa che non si
controlla. Qualcosa che, appunto, non ha parole.
Come provare a definire
l'estasi della Trasfigurazione/Guarigione dell'Ossesso di Raffaello,
ultima opera del Maestro, conservata all'interno della Pinacoteca? Lì
sta la rivoluzione dell'arte dal punto di vista narrativo-episodico:
forse, mai nessuno con tanta efficacia aveva unito in un solo dipinto
due momenti diversi della cristianità, raccordandoli perfettamente.
Come definire i volti espressivi, esagerati – mutuati probabilmente
dalla grande ammirazione che Raffaello aveva per Leonardo – e i piedi
in scorcio, i gesti delle mani, il ritmo degli sguardi? Entrare poi nelle Stanze (della Segnatura, dell'Incendio, di Eliodoro) e trovarsi
di fronte a quell'immenso capolavoro di simmetria e geometria
perfetta che è La Scuola di Atene? Sono tutti assorti nel loro
pensiero e nella loro attività, i filosofi di Raffaello. E poi un
piccolo, giovanissimo volto, si rivolge agli spettatori, guardandoli
negli occhi, chiamandoli in causa: autoritratto di una sincerità
sconvolgente, passaggio quasi invisibile di un genio dell'arte
scomparso prematuramente.
E un altro genio è là,
tra le mura vaticane: Michelangelo. Vissuto a lungo, morto solo,
senza il padre, senza Vittoria Colonna, in preda a tutta l'angoscia
per l'ultimo grande passo da affrontare, Michelangelo, poco prima di
morire, ha creato alcune tra le sue sculture più drammatiche, più
sentite e più commoventi. Ma dentro il Vaticano c'è tutta la sua
forza, la sua terribilità. Nella Cappella Sistina, dipingendo la
volta e la parete dietro l'altare, Michelangelo ha totalmente
sconvolto e distrutto l'armonia che finora aveva regnato con il
lavoro, sulle pareti laterali, di Perugino, Botticelli, Signorelli e
del Ghirlandaio. I quattro artisti avevano affrescato le pareti
mantenendo una straordinaria unità stilistica e coloristica. La
volta era un cielo stellato. Ma spaccature proprio nella volta hanno
permesso a Michelangelo di eliminare il cielo e di realizzare le
Storie della Genesi, creando scompiglio in tutta la Cappella. Il Maestro ha
dipinto la volta quasi completamente da solo nel giro di quattro
anni. Già lì, il concetto di spazio rinascimentale, prospettico,
misurabile, viene meno: lo spazio è dato dai corpi contorti e in
scorcio, dalla loro monumentalità, dai gesti, dalle pose.
Celebrazione luminosa del corpo umano, innalzato al livello di Dio: eloquente è il gesto del Creatore che dà la vita ad Adamo, un corpo più giovane
e più bello di quello divino. Michelangelo vede nell'Uomo qualcosa
di molto simile a Dio: e lui stesso ne è la dimostrazione. Eppure,
quel dio clemente e buono che innalza l'uomo non c'è più
trent'anni dopo, quando Michelangelo distrugge un'opera del Perugino
dietro l'altare della Cappella e realizza il Giudizio Universale.
Qui, s'avverte tutta l'angoscia del Maestro, la sua religiosità
tormentata, la terribilità d'una forza quasi inumana: nel Giudizio
Universale Michelangelo azzera ogni acquisizione spaziale e
prospettica d'oltre un secolo di ricerca. Lo spazio non c'è più. Ci
sono solo corpi nudi, disperati, colti in un vortice frenetico animato dal gesto di Cristo Giudice, che non guarda gli uomini, li
priva del suo sguardo, quasi inorridito. Un Cristo bellissimo eppure
terribile, che sconcertò gli astanti quando la parete venne
mostrata. Come sconcertarono quei corpi sin troppo nudi, dichiarati
osceni, e che si decise di coprire pochi giorni prima che
Michelangelo morisse.
Nella Cappella Sistina si
dispiega la storia del Rinascimento. Delle regole acquisite e della
loro rottura. Lì, c'è l'Immagine. Non una porzione di parete
lasciata scoperta. Immagine intesa come geniale manualità
dell'Artista e come portatrice di significati intimi e al contempo
universali. Lì c'è l'Unicità. Entrando in quella Cappella si
comprende davvero cosa è stata l'Arte e cosa è ora. Si comprende
perfettamente quanto ha scritto Benjamin ne L'opera d'arte
nell'epoca della sua riproducibilità tecnica.
Di fronte alle pagine di
Benjamin, mi sono sempre chiesta perché le avesse scritte. Ma noi,
oggi, siamo abituati al cinema, ai cd, alla tv, alle musicassette,
alle riproduzioni. Non possiamo capire fino in fondo il valore di ciò
che è unico e irriproducibile – a meno che non ci rechiamo a
vedere tutto ciò che è espressione di unicità e irriproducibilità.
Entrando nella Cappella
Sistina, invece, s'avverte perfettamente cosa Benjamin volesse dire.
Di fronte alla volta e al Giudizio Universale è tuttora presente il
gesto creatore di Michelangelo. Di fronte all'autoritratto di
Raffaello ne La scuola di Atene, è tuttora presente lo sguardo di
Raffaello. Loro sono ancora lì, a secoli di distanza. È un po' come
vedere i codici miniati: non sono solo libri da leggere. Sono libri
da guardare, in cui sopravvive l'unico e irripetibile gesto del
miniatore. Sono oggetti d'arte in presentia, vivi, lì, in quel
momento. Per questo anche più fragili. Nei confronti di queste opere
va dimostrata la massima cura, perché non possono essere riprodotte.
Il cinema è l'emblema
della riproducibilità tecnica. L'emozione di un film si può
ripetere infinite volte e in tanti contesti. Ma ciò non vuol dire
che sia un'arte inferiore – e per lungo tempo così è stata
considerata. Tra l'altro, il fatto che il cinema sia riproducibile
non sempre lo salva dal deterioramento – quanti sono i film di cui
oggi abbiamo solo spezzoni sbiaditi?
Sono semplicemente due
modi diversi di fare arte: una si basa sull'unicità, l'altra sulla
ripetizione. L'unicità comporta un annullamento della ragione, i
sensi si acuiscono in un solo istante. La riproducibilità a portata
di mano permette di riflettere, di riguardare, di studiare, di
ripensare.
La ripetizione non
implica il venir meno della qualità o del concetto di unicità:
conservare la deluxe edition di un blu ray di un film per alcuni è
come avere a che fare con un pezzo unico e raro – e in effetti è
così. E tuttavia, diventa fondamentale visitare i set, vedere le
scenografie e i costumi originali, dare la mano all'attore di quel
film, ascoltare la conferenza stampa del regista: uniche testimonianze dell'originalità della creazione. Il
libro, ormai, ha perso totalmente il concetto di originale e
copia. Non esistono più gli scrittori che scrivono a mano e che
autografano il loro originale destinato al museo. Gli scrittori si
interfacciano col computer e poi si trovano a sfogliare una serie
infinita di copie del loro libro. Per il fumettista, invece, è
diverso. Crea tavole che hanno quello stesso senso di unicità dei
dipinti di Michelangelo o Raffaello. Ma poi le sue tavole divengono
riproducibili. Per questo diventa fondamentale ottenere un disegno
autografo realizzato hic et nunc, di fronte ai nostri occhi.
Il tutto è forse dettato
dalla voglia che abbiamo di entrare in contatto diretto con ciò che
più appare inspiegabile: l'atto creativo e la sua origine, la sua
autenticità, il mistero che si cela nella mente di chi ha creato,
gesto primitivo, inafferrabile e necessario.
Commenti
Sono Sauro, del blog 'Solaris'. Ho scoperto questo tuo bellissimo sito grazie al 'contest' organizzato da Pesaro Nuovocinema, e volevo farti i complimenti per quello che scrivi e per COME lo scrivi. Ti seguirò volentieri.
L'unico motivo per cui ho accettato di partecipare al 'concorso' era perchè dava la possibilità di conoscere nuovi appassionati di cinema e condividere pareri e conoscenze. Con te mi piacerebbe farlo... se ti va di passare dalle mie parti mi farebbe davvero piacere.
Tanti cari saluti.
Sauro/Kelvin
www.solaris-film.blogspot.com
Già da qui, cara Veronica, mi avevi catturata e stregata: non potevo non proseguire la lettura!
Puntuale e avvincente la tua descrizione mi ha presa per mano e trascinata attraverso uno scorcio d'arte che è pura magnificenza.
I tuoi posts sono veramente un piacere per la mente e per il cuore; adoro poi le tue considerazioni personali sempre colte e ottimamente esposte.
A presto!
Debby