I corpi vivi di Marco Bellocchio
[Con questo post partecipo al contest della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. L'iniziativa è rivolta a tutti i blogger che si occupano di cinema e che sul loro spazio web vogliano omaggiare alcune delle figure di spicco che la Mostra ha ospitato. Per seguire il gioco potete cliccare sulla pagina ufficiale di Facebook legata al Festival, aggiungerla tra gli amici e votare l'articolo con un "Mi piace". Vi invito a seguire le iniziative della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, che si terrà dal 25 giugno al 2 luglio 2012.]
Lou Castel diventa Ale,
che diventa Giovanni, che a sua volta è Lou Castel.
Marco Bellocchio, nella
sua sterminata produzione antiborghese, antireligiosa, inquietante e
onirica crea due universi che si compenetrano: I pugni in tasca (1965) e Gli
occhi, la bocca (1982).
È il capodanno del 1982.
Giovanni torna a casa non per festeggiare, ma perché il fratello
gemello, Pippo, si è suicidato. Pippo sembrava vivere un'esistenza
perfetta, eppure si è lasciato cogliere dalla disperazione, vittima
di sentimenti inautentici e di una vita troppo simile a quella di tutti gli altri. Giovanni soffre, non comprende, eppure è egli stesso
l'incarnazione del disagio che ha portato il fratello all'estremo
gesto. Giovanni è un artista ed è animato da una vitalità e da una
fisicità istintive, libere, feroci, infantili. La fisicità di
Giovanni ricorda tanto quella di un altro personaggio di Bellocchio,
quella di Ale. Giovanni libera il suo corpo in una particolare forma
d'arte: la recitazione. E non è un attore qualsiasi: è
l'attore che ha interpretato Ale ne I pugni in tasca.
La cosa desta stupore e
straniamento. Bellocchio si cita e allo stesso tempo crea continui
sdoppiamenti di Lou Castel, che è se stesso, è Ale, è Giovanni ed
è il fratello morto, di cui ci lascia un'interpretazione impeccabile
e commovente a fine film.
Le vite speculari di Ale
e Giovanni non si risolvono solo nel rapporto attore-personaggio. Le
loro esistenze seguono i medesimi schemi. Ale ha due fratelli maschi
e una sorella. Giovanni ha due fratelli maschi e una sorella. Ale ha
una madre e non il padre. Giovanni ha la madre ma non il padre. Ale
vive in una casa del nord Italia arredata con mobili antichi e
costellata delle foto degli avi. Giovanni vive a Roma, ma la sua casa
d'origine è nel nord Italia ed è arredata con mobili antichi e con
le foto degli avi. Tuttavia, le differenze sono palpabili. Ale ha una
famiglia problematica: Leone è disabile, Augusto è un mediocre, Giulia vive uno strano rapporto col
sesso, la madre è cieca.
I fratelli di Giovanni
sono tutti "normali" - sin troppo normali - alle prese con
l'ottusa vita quotidiana contro la quale nulla si può. L'unico a
scardinare lo scialbo vivere giornaliero è Pippo, il fratello
suicida, che squarcia il velo di Maya e impone la riflessione. Se i
fratelli di Ale esprimono nelle deformazioni fisiche il loro disagio,
i fratelli di Giovanni, borghesi compassati, sono attraversati dal
disagio e lo accettano passivamente.
Due funerali in entrambi
i film: ne I pugni in tasca Ale dissacra la figura istituzionale
della madre uccisa; ne Gli occhi, la bocca Giovanni dissacra la vita
infelice e spersonalizzante, scuotendo il fratello defunto in maniera
violenta per risvegliarlo.
Bellocchio, a distanza di
venti anni, completa un discorso, tornando sullo stesso tema, sedimentato nella coltre del tempo e dei
rivolgimenti politici. Il tema pone a confronto famiglia, società
e singolo individuo: quest'ultimo può accettare passivamente ogni cosa, può
reprimersi o può scatenare l'istinto, la libertà, la vita
incontrollata.
Il controllo uccide
l'uomo; la famiglia è un'istituzione che ingabbia: i rituali, il
rispetto insincero, il perpetrarsi della specie visto entro un'ottica
religiosa, la repressione del corpo a suon di leggi sociali
comprimono l'essere umano.
Bellocchio inserisce
nelle sue famiglie due elementi di disturbo: uno è Ale, epilettico,
violento, inarrestabile, represso, animato da un'energia che non
riesce a sfogare se non nei suoi gesti convulsi. L'altro è Giovanni,
irrequieto, inarrestabile, vitale e pieno di energie, energie che però vengono sfogate nel gioco e nella recitazione. Ne I pugni in tasca, Ale risolve ogni cosa annullando se stesso e la sua
famiglia nella morte. Ne Gli occhi, la bocca, Giovanni risolve tutto
sempre con la morte, ma rovesciandone il senso: impersona il fratello
suicida, presentandosi alla madre in qualità di spirito e
ricordandole con amore i bei tempi andati. L'emozione lo spinge alle
lacrime. La recitazione gli salva la vita. Recitare e creare sono gli
unici due veicoli costruttivi in cui far scivolare le energie
negative: gli unici modi per parlare al mondo, per capirlo e per
cambiarlo.
Forse i dubbi di Giovanni
non sono totalmente risolti, ma se Ale muore, Giovanni finisce il
film con una mano sulla pancia piena di vita dell'amante, Wanda, e
sul primo piano di lei - due occhi vivi e una bocca curiosa. Wanda
era la donna di Pippo e da Pippo aspetta un figlio. Wanda si rifiuta
di cadere vittima delle regole sociali, quelle del matrimonio e del
lutto. È uno spirito libero, senza vincoli. E Giovanni è libero e
senza vincoli. Due esseri in grado di condividere realmente qualcosa.
Dalla famiglia
indubbiamente non si esce, ma bisogna cambiare i presupposti su cui
si fonda. Non il matrimonio o un abito bianco, né il rituale o la
consacrazione religiosa: solo due corpi nudi, vivi, impudichi ma puri
su un letto sfatto, due corpi che si toccano e si amano senza regole,
lontani dal mondo, lontani da tutti.
Se l'essere
umano esce dagli schemi, libero di creare, se sa stabilire un nuovo
presupposto familiare, allora anche gli irrequieti, anche quelli con
i pugni in tasca possono trovare un modo per esprimere positivamente
se stessi.
Arte e sentimenti
sinceri. Sono le uniche cose che rendono vivo un uomo.
Commenti
In bocca al lupo per il contest!