Il Sacro Bosco di Bomarzo
Glauco |
Il
Sacro Bosco di Bomarzo (1550-1563) è un piccolo gioiello di arte manierista.
Voluto
da Vicino Orsini per motivi tuttora oscuri, fu ideato dal Vignola, esponente
del Manierismo. Vignola fu tra i massimi architetti presenti a Roma nella seconda
metà del Cinquecento: dopo la morte di Michelangelo, genio indiscusso della
scultura e dell'architettura, Vignola ebbe spazio per realizzare opere commissionategli dai Farnese e da papa Giulio III.
Il Manierismo è stato per lungo tempo coacervo di accezioni negative.
Storicamente lo si pone tra la morte di Raffaello e il Barocco. Rispetto al
Rinascimento, il Manierismo peccava di forma: anziché proporre un adeguato ed
equilibrato rapporto tra forma e contenuto, tale corrente artistica anteponeva
la licenza alla regola. In poche parole, col Manierismo, lo stile dell'artista
prendeva il sopravvento sulla mimesi: gli autori si esprimevano tramite
bizzarrie, contaminazioni, estremi giochi ottici; "maniera", in linguaggio cinquecentesco,
significa "stile". Il Manierismo è, appunto, un eccesso di stile, di
forma.
Drago |
Fare una netta cesura tra Rinascimento, Manierismo, Classicismo e Barocco è
spesso molto difficile. Ad esempio, la creazione del Sacro Bosco di Bomarzo si
inserisce in un periodo incerto: è un’opera manierista, ma viene realizzata quando
il Concilio di Trento, per proteggersi dalla riforma protestante, stava
imponendo all'arte un ritorno alla regola, a dipinti chiari, in cui il
messaggio religioso tenesse a freno istinti stilistici troppo arditi.
Teatro e Casa Pendente |
Una
delle idee di cui il Vignola si fa portatore è la compenetrazione tra
architettura e natura: le architetture e le sculture non devono essere altro
dall'ambiente circostante, ma devono sembrarne parte integrante, quasi la
naturale continuità. È quello che l'architetto farà vicino Viterbo con la
costruzione di Villa Lante a Bagnaia. Ed è ciò che chiaramente emerge dal Sacro
Bosco di Bomarzo, anche conosciuto come il Parco dei Mostri.
I
Mostri, in realtà, sono figure mitologiche: la sfinge, Giano, Glauco, Ercole e
Caco, Cerere, Nettuno, Persefone. Accanto ai personaggi del Mito, affiorano figure "esotiche": draghi, elefanti, tartarughe
giganti, orche. Quattro le architetture: la casa pendente, il teatro, la piazza
delle pigne e il tempietto. Il tutto si snoda in una folta vegetazione che
scopre piano piano tutte le sculture e le architetture, realizzando giochi
ottici e sorprese visive di grande fattura. Ci si trova immersi tra alberi,
ruscelli e cascate e all'improvviso svetta la gigantesca statua di Ercole. Si
volta un angolo e ci si impressiona con l'enorme donna dormiente. Si
percorrono i pavimenti di una casa sbilenca e la testa gira vorticosamente. Si
entra nella bocca dell'Orco, si gioca con l'eco e si mette in pratica ciò che sopra
l'ingresso vi è scritto: "Ogni pensiero vola".
Una
delle particolarità del parco sta proprio nelle iscrizioni misteriose
disseminate qua e là. Ciò che emerge dagli scritti è appunto la poetica
manierista: si fa appello al bello e al meraviglioso; ci si deve soffermare a
guardare le stranezze e l'esotico; ci si deve perdere in un mondo di pura
forma: oggi, abbiamo gli effetti speciali digitali, un tempo gli uomini provavano
meraviglia o terrore di fronte a sculture e dipinti e di fronte ad un'arte che sapeva eccedere.
L'ultima iscrizione, infatti, dice che il Sacro Bosco “sol se stesso et null’altro
somiglia”: niente mimesi, solo la forma dell'arte che inventa il mondo ex-novo.
Vignola
realizzò tuttavia statue che non deturpavano la natura, ma che parevano
emergere in modo naturale dalla vegetazione. L'Orca è solo una bocca spalancata
che si tira su da un ruscello. Glauco è una bocca che sembra venir fuori dal
profondo della terra. Il teatro si adagia perfettamente alle imperfezioni del
terreno. Impossibile dire se le statue, nel Cinquecento, fossero ben definite:
oggi appaiono quasi sciolte, non pietre cesellate, ma pietre nate già con
quella particolare forma: e questo non fa che rafforzare l'ideale del Vignola.
Adagiate e a tratti informi, cariche di detriti, molte sculture sembrano simili al Colosso dell'Appennino che Jean de Boulogne, il Giambologna, creò
qualche anno dopo (1571) per il giardino dell'antica Villa Medicea di
Pratolino, a Vaglia, oggi nota con il nome di Villa Demidoff.
Colosso dell'Appennino, Giambologna |
Inoltre,
con un piccolo azzardo si può dire che il Sacro Bosco di Bomarzo anticipa una
tendenza tipica del Settecento, vale a dire i giardini all'inglese.
Nei
giardini all’inglese elemento naturale e elemento artificiale si
compenetravano. Il passeggiatore non arrivava mai ad avere una visione
d'insieme (regolare e geometrica) del giardino, ma ne scopriva misteri e bellezze
piano piano. Ciò che si rivelava ai suoi occhi erano antiche rovine, pagode,
tempietti, grotte realizzate ad arte, cespugli, cascate e ruscelli: e anche ciò
che appariva selvaggio e decadente era realizzato in modo tale da apparire selvaggio
e decadente.
Di
sicuro un'esperienza da fare, quella del Sacro Bosco di Bomarzo: già di giorno
appare misterioso, una continua meraviglia per gli occhi. Ci si chiede come
potrà apparire al calare del sole, quando ad assistere allo spettacolo ci sarà
solo la luna.
Commenti
Sono stata a Bomarzo e ho potuto, di persona, respirare tutta l'atmosfera misteriosa e la perfetta fusione tra natura ed arte questo parco.
Questa kermesse di manufatti ricchi di simboli esoterici è davvero sorprendente.
Felice giorno!
Debby
Cinema, arte e scrittura sono le mie tre grandi passioni. Cerco di fare il meglio che posso. Ti ringrazio per le tue parole. Un abbraccio!
Lo ricordo con piacere in "Il castello dei morti vivi".
Effettivamente il Bosco di Bomarzo è magico... Tranquillo, pieno di misteri... E riesce anche a catturare i piccoli e i piccolissimi - e questa non è cosa da poco! Buona giornata!
http://paroleinviaggioblog.wordpress.com/2014/06/10/bosco-mostri-sacro-bomarzo/
se vuoi passare, sei il benvenuto! :)