Arrietty
Anno: 2010 - Genere: Drammatico - Nazionalità: Giappone - Regia: Hiromasa Yonebayashi
Arrietty è un film prodotto dallo Studio Ghibli e sceneggiato da Hayao Miyazaki. Il Maestro si è stavolta ispirato al romanzo The Borrowers, di Mary Norton.
Arrietty appare come uno dei film più delicati e forse anomali usciti fuori dalla fantasia di Miyazaki. Non ci sono palline di fuliggine, né spiriti, né trasformazioni improvvise, magie e corridoi da un mondo all'altro.
Due mondi ci sono, ma sono sovrapposti. C'è il mondo sopra il pavimento, quello in cui vive Shō, un ragazzino di quattordici anni malato di cuore, e c'è quello sotto il pavimento, dove vive Arrietty, una prendimprestito. Arrietty e la sua famiglia, di notte, non visti, attraversano i labirintici corridoi che si dipanano sotto il pavimento, escono fuori e prendono ciò di cui hanno bisogno per allestire la loro casa, piccolina e preziosa, sotto il pavimento.
Arrietty e la sua famiglia vengono chiamati gnomi (sarebbe opportuno sapere quale è il termine esatto utilizzato in giapponese), ma non sono affatto gli gnomi dell'immaginario collettivo. Arrietty è una ragazzina normalissima, particolarmente bella; è solo molto, molto piccola. Vorrebbe vivere una vita normale e avere sempre tutto a disposizione nella sua casetta sotterranea.
Per questo, seppure Arrietty sia un essere piccolino, non lo si può in tutto e per tutto considerare un essere magico come gli altri personaggi miyazakiani. Arrietty è un'umana in miniatura, che non può usare la magia né per aiutare Shō, né per difendersi dai cattivi, né per aiutare la sua famiglia.
Non appena la sua casetta è messa in pericolo, infatti, Arrietty è costretta ad andarsene.
Questo mutamento colpisce e stupisce. Miyazaki non crea personaggi che possono fare tutto, ma un umano in piccolo che sogna semplicemente una vita tranquilla, normale.
Arrietty può essere facilmente scambiata per qualcosa da catturare o da mettere in bella mostra nelle vetrine degli umani grandi. Ecco: l'umano grande non ha la giusta percezione nell'affrontare la vita, le sua asperità e le sue bellezze. L'umano "grande" riduce tutto a cosa piccola: così la governante della casa vuole catturare Arrietty con la ditta di disinfestazione per topi; la mamma di Shō preferisce lavorare e stare lontano dal figlio, invece di coprirlo delle necessarie attenzioni. Allo stesso tempo, gli umani piccoli sanno vedere in grande: Arrietty e la sua famiglia danno il giusto valore ad ogni cosa, una zolletta di zucchero dura un anno, dai biscotti si ricava la farina per fare il pane, da un chiodo piegato un appendiabiti. Ogni oggetto è visto non per ciò che è, ma per ciò che può diventare, dimostrando quanto la fantasia e la creatività siano beni nascosti, invisibili agli occhi dei più, ma, soprattutto, siano beni universali e imprescindibili, quelli senza cui il genere umano non potrebbe vivere. Tutto ciò di cui usufruiamo è frutto di un'invenzione.
Forse la più grande invenzione dell'uomo è la casa. La casa che ci si costruisce mattone dopo mattone e mobile dopo mobile è la diretta espressione di ciò che dentro di noi concepiamo come focolare, famiglia, rifugio, intimità, luogo sicuro a cui far ritorno. La casa non può essere la semplice somma di mobili all'ultima moda. Ogni mobile deve essere riempito e abbellito con una parte di noi. La foto che abbiamo fatto in quella vacanza; la tisana che ci piace bere; il dvd del film preferito; il cuscino della morbidezza giusta. Non sono semplici comodità, ma il modo in cui costruiamo la vita giorno dopo giorno per proteggerci e sentirci tranquilli. Arrietty abbellisce le finestre con alcuni poster che mostrano il mare: si affaccia e crede di vederlo. Dietro il poster, c'è solo pietra grezza, ma Arrietty si porta dentro il mare e il mare farà parte della sua casa, in qualsiasi modo e dovunque lei vada.
Tuttavia, Arrietty, a causa della piccolezza dell'uomo grande che le distrugge la casa, è costretta a cambiar dimora. Cosa c'è di peggio? Dover ricominciare tutto da capo, dover lasciare le proprie cose indietro: Arrietty dovrà ricostruire una nuova casa, prendendo in prestito da altri umani. E probabilmente ce la farà, perché lei, la casa, se la porta dentro. Non sarà così forse per Shō, che cambia casa per stare meglio, per non affaticare il cuore, ma che rimane pur sempre un bambino solo, ignorato dai genitori. Proprio da quel cuore metaforicamente malato, comprendiamo che l'affetto è il mattone della casa. Un po' come il vecchio di Up, che solo dopo aver letteralmente trascinato la casa sulle proprie spalle, comprende che la casa, in sé, è un simbolo, un simbolo mentale e affettivo, non solo un oggetto. Così come Howl raduna una famiglia strampalata attorno ad un focolare: la casa si smembra e si ricompone sotto gli effetti di ciò che accade in famiglia, ma l'importante è tenerne vivo il focolare, il centro, vale a dire il cuore. Se la casa non parte da dentro, non ci sarà mai nulla da costruire.
Ancora una volta, lo Studio Ghibli e l'immenso genio di Miyazaki ci pongono di fronte alla vita in modo esemplare, rovesciando semanticamente i termini e riempiendo l'inquadratura delle meraviglie della Natura: la semplicità, la quotidianità, la delicata attenzione alle piccole cose è ciò che rende reali la casa e la vita.
Commenti
Pellicola di pregio dato il nome del regista...
Bacio
Debby
A preso, curlydevil, buona serata!
Per la riflessione sulla casa, è una cosa che ho notato molto anche ne "Il castello errante di Howl": gli interni, che cambiavano in continuazione, erano curatissimi e accoglienti, sembrava di esserci dentro!