Another me, Heart of Lion, I'm door by door - Festival Internazionale del Film di Roma
È
molto difficile scrivere a proposito di un film come Another me della
Coixet. Non si comprende affatto cosa la regista abbia voluto fare o
dire: se girare un horror, un thriller psicologico, un trash o
cos'altro. Fay è alle prese con un grande dolore: il
padre è affetto da sclerosi multipla e si sta spegnendo; sua madre
lo tradisce. Il tunnel in cui è caduta l'adolescente si fa sempre più
oscuro: Fay si sente perseguitata da una ragazza in tutto e per
tutto identica a lei. Sembrerebbe che la cosa sia solo frutto della
fantasia (o della pazzia) della protagonista, in realtà - e qui la
sceneggiatura scade totalmente - si scopre che Fay ha avuto una
gemella omozigote, morta prima del parto: ed ora la sorella sta
tornando per reclamare il posto in famiglia e per vendicarsi. Il
film, fino ad un certo punto, è ben confezionato e caratterizzato da
effetti molto convincenti. Negli ultimi tre quarti d'ora, si lascia andare
e la sceneggiatura si sfilaccia: i dialoghi sono di una banalità
sconcertante, la scoperta della verità avviene senza pathos e gli
eventi precipitano in modo sin troppo veloce, risultando, tra
l'altro, privi di senso logico. Inoltre, vengono presentati parecchi
personaggi con del potenziale, ma che rimangono lì a ricoprire un
ruolo completamente inutile. Forse la delusione deriva dal fatto che
per gran parte del film ci si aspetta che il doppio di Fay sia un
doppio psicologico, una proiezione di se stessa per via della
sofferenza che sta provando. È questo il primo pensiero logico che
uno spettatore farebbe di fronte ai primi minuti di un film del
genere: e invece no. La Coixet si inerpica su un sentiero molto
pericoloso che la porta ad insabbiarsi in un B-movie senza pretese.
Altra nota dolente è la (mancata) mise en abyme del Macbeth - Fay,
nella recita scolastica, ricopre la parte di lady Macbeth: la Coixet
non riesce a sfruttare neppure quella che poteva essere la
caratteristica vincente del film, ossia il possibile parallelo con la
tragedia di Shakespeare. Potremmo salvare la colonna sonora, molto
bella per la verità, ma nulla di nuovo: il tema principale, You haunt me, ricorda in molti passaggi l'atmosfera creata da Ghost of love in quell'immenso
capolavoro di Inland Empire. In più, anche il tema affrontato non è
per nulla nuovo. Potrebbero venire in mente tanti film, ma qui ne
viene in mente solo uno, italiano, davvero di grande caratura: H2Odio
di Alex Infascelli, nel quale la presenza/ assenza della gemella mai
nata portava alla pazzia e rendeva il film di grande impatto emotivo
e visivo – un vero horror psicologico.
Sono
altri i film che hanno dimostrato di saper dire qualcosa di diverso
in modo diverso - e questo è avvenuto soprattutto nelle sezioni non in concorso. Ad esempio, all'interno di Alice nella
Città, è stato proiettato un lungometraggio che esce fuori di molto
dai soliti film di questa costola del Festival. Dentro Alice nella
città, di solito, troviamo film che per protagonisti hanno ragazzi e
che sono rivolti essenzialmente ai ragazzi. Heart of Lion, invece,
devia e ci regala una vera sorpresa.
Teppo
non è un ragazzo ma un adulto. E, soprattutto, è nazista convinto.
Passa le serate a ubriacarsi, a stendere il braccio, a inneggiare a
Hitler e a picchiare immigrati. È disoccupato e non riesce a trovare
lavoro proprio a causa dei suoi precedenti penali. Finché un giorno
incontra la bellissima e biondissima Sari e si innamora. Di lei vuole
tutto, anche il figlio avuto da una precedente relazione. Ma il
bimbetto a cui Teppo si prepara a far da padre è di colore. Ormai,
però, Teppo ha giurato sul suo onore e non può tirarsi indietro:
lui, nazista, farà da padre ad un bambino di colore. Il film, per
quanto ci mostri inquietanti scenari nazisti, non ha nulla di
pesante, né fa sentire l'angoscia che molti film trasmettono
affrontando lo stesso tema. L'operazione qui è più sottile: il
regista rovescia le situazioni, le rende ironiche e finisce per
mettere in ridicolo i pensieri di Teppo. Teppo, nel frattempo,
matura. E capisce che buono e cattivo, bianco e nero non dipendono né
dalla provenienza né dalla pelle: ogni essere umano è diverso,
ognuno ha una sua particolarità, ognuno agisce sul momento, per
amore, amicizia o antipatia - inutile voler condizionare i rapporti
umani con astratte regole sulla razza che, poi, all'atto pratico,
vengono vanificate. Il film ha delle trovate davvero divertenti e sa
suscitare un riso elegante nei momenti giusti: ad esempio, quando
Teppo insegna al figliastro, maltrattato a scuola, a difendersi con
le stesse tecniche da rissa che lui usava nelle nottate di violenza
razzista; oppure quando Teppo viene messo sotto pressione dal bambino
e subisce dispetti di ogni sorta. E finiscono, l'un l'altro, per
chiamarsi scherzosamente "nazista sfigato" e "scimmietta
negra". Ma ormai le parole e le definizioni sono vuote, i due si
vogliono bene e basta, in barba a qualsiasi pregiudizio. Lo
ripetiamo: Alice nella Città matura sempre più.
Al
museo MAXXI è stata proiettata una rassegna di cinema sperimentale.
Nello spettacolare e galattico scenario del museo, in un ambiente
distante e tranquillo rispetto al caos del centro festivaliero, si
sono avvicendati esperimenti video che hanno poco a che vedere col
mainstream o col modo classico di fruire le immagini in movimento.
Uno di questi film - o di sperimentazioni in immagine - è stato
l'indiano I'm door by door, un festoso appuntamento con la vita di
Om. Un continuo giubilo di colori, canzoni, montaggi non logici di
immagini affastellate l'una sull'altra e da gustare per eccesso. Un
surplus costante che satura gli occhi e non lascia un attimo di
riposo.
Commenti