Rectify - Roma Fiction Fest
Anno: 2013 - Nazionalità: USA - Genere: Thriller - Stagioni: Una (in corso) - Episodi: 6 - Ideatore: Ray McKinnon
Un Twin Peaks lirico, un
Cold Case più complesso e sfaccettato, uno Stand By Me vent'anni
dopo: Rectify è pieno di tributi, ma sa mantenersi originale.
Probabilmente, la forza di questa nuova serie televisiva è il
protagonista, Daniel Holden. Attorno a lui gravita un gran numero
di personaggi, tutti più o meno già presentati: ma Daniel Holden ha
un magnetismo che pochi character di serie tv hanno.
Daniel ha passato gli
ultimi vent'anni della sua vita nel braccio della morte, accusato di
aver stuprato e ucciso la sua fidanzatina di sedici anni. Nel corso
delle due decadi, per cinque volte è stata programmata l'esecuzione
di Daniel e per cinque volte è stata rimandata. Rinchiuso in un
cunicolo bianco, Daniel ha fatto meditazione, ha letto moltissimo ed
è stato, pur essendo dentro, “fuori”. Ha basato tutta la sua
vita su alcune rigide abitudini e sulla mancanza di ottimismo: mai e
poi mai avrebbe creduto di poter uscire di carcere.
E, quando esce, trova la
famiglia ad accoglierlo: la sorella Amantha, che fa di tutto per lui;
una madre timorosa delle conseguenze della scarcerazione; un patrigno
e due fratellastri. Tutto è cambiato eppure nulla è cambiato.
Daniel ha l'impressione di essere stato via solo poche settimane. Ma,
soprattutto, chi lo ha messo in prigione la prima volta ha intenzione
di rinchiuderlo di nuovo. Daniel è uscito per
un cavillo tecnico: dopo vent'anni, le analisi hanno stabilito che
non c'è alcuna traccia del suo DNA nel corpo della ragazza.
Tutta la prima puntata si
muove abilmente tra la gente attorno a Daniel, che si agita o per
difenderlo o per accusarlo, e Daniel stesso, apparentemente
imperturbabile, imperscrutabile, immobile, rigido, quasi ingessato,
improvvisamente investito dalla vita “vera”. Daniel non esprime
sentimenti in maniera diretta, a volte ride, altre piange, altre
ancora parla poco, ma il suo volto rimane sempre immobile, forse
preoccupato, forse impaurito, forse solo in attesa di ciò che
accadrà. È solo grazie al personaggio di Daniel – innocente o
colpevole? - che la serie ha questa gran forza. A cui si aggiunge un
dettaglio non trascurabile: per quanto sia un thriller, Rectify ha
momenti molto lirici, che spesso ricordano le soluzioni di musica e
immagini di Friday Night Lights. C'è una certa tendenza a riprendere
scenari naturali incontaminati per lungo tempo, in silenzio o con la
musica di sottofondo: Bon Iver con la sua Flume ci regala un momento
davvero alto, quando Daniel esce di prigione e si addormenta nell'auto guidata dalla
sorella; o, ancora, Daniel si ferma a guardare l'alba, a lungo, e la
regia ci regala uno scenario giallo e arancione mozzafiato. Oppure il
finale della prima puntata, col suicidio di uno dei testimoni in
mezzo al bosco, tra alti alberi in cui la figura dell'uomo quasi
scompare.
Tra gli executive
producer di Rectify c'è Melissa Bernstein, che è stata dietro anche
alla produzione di Breaking Bad. Ci sono molti punti in comune tra le
due serie; indubbiamente, il primo è dato dai personaggi: doppi e
spesso difficili da catalogare, in grado di nascondere dentro sia il
bene che il male; c'è il punto di vista dei personaggi, che hanno
uno sguardo disincantato sul mondo, diverso da tutti gli altri; e c'è
anche la brevità della stagione, sette nel caso della prima di
Breaking Bad e sei nel caso di Rectify. E, di sicuro, creare serie
brevi giova molto alla qualità della produzione.
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