1Q84, Libro 1 e 2, aprile-settembre
Autore: Murakami Haruki - Traduzione: Giorgio Amitrano - Casa Editrice: Einaudi
Leggo, ma scrivo molto poco di ciò che
leggo. Forse perché trovo più facile parlare delle immagini. Dire le parole mi risulta un po'
difficoltoso, nonché ridondante. Perciò, cerco di superare i miei limiti in tal
senso parlando di un libro nel solo modo che conosco: confrontandolo
con le immagini.
Non è del resto semplice poter fare
l'analisi di un romanzo come 1Q84, complesso
già a partire dal titolo. Non è facile perché la storia è complessa e non è
facile perché si tratta di un’opera ancora incompiuta: attendiamo il terzo e
ultimo volume del romanzo. Ma per il momento occorre cercare di fissare quanto
letto fino a qui. Murakami ha creato qualcosa di molto articolato, paragonabile solo al lavoro di un demiurgo. Il
flusso apparentemente incontrollato delle infinitesimali e infinite storie scorre
in maniera naturale, i dialoghi risultano di grande impatto, fluidi,
qualcosa da cui deve imparare sia chi vuole scrivere romanzi sia chi scrive
sceneggiature.
Due anime, Aomame e Tengo, sanno reciprocamente della
loro esistenza, ma non si sfiorano mai. Hanno in comune solo un
ricordo, quello di quando erano piccoli e si sono stretti silenziosamente la
mano; e hanno in comune un mondo, non quello dell'anno 1984, ma quello
dell'anno 1Q84, un mondo onirico, sospeso, a tratti inquietante, in cui ci sono
due lune. Aomame vi entra scendendo le scale d'emergenza della tangenziale di
Tokyo. Tengo vi entra scrivendo il romanzo La
Crisalide d'aria.
Senza approfondire ulteriormente l’intricata
e affascinante trama, basti sapere che Murakami a tratti rende chiaro, a tratti
profondamente oscuro, il legame che il lettore ha con il mondo del romanzo. Più
volte si è certi che i personaggi sono entrati nel mondo del romanzo La
Crisalide d'aria, altre volte questa certezza viene meno. È questo il bello: la
sensazione che la storia lascia è indefinita. Si chiude il libro e ci si
guarda intorno. Sono nel mio mondo o
in un altro? Qual è il mio tempo? Quanti universi esistono? E sono tutti nella
nostra mente? Anche fuori dal libro, fuori da 1Q84, ci sono i Little People che
ci guardano e controllano, che tirano le trame di una crisalide evanescente e
diafana entro cui vediamo... ciò che più ci completa? Un nostro doppio o la
persona a cui pensiamo? Ciò che meno ci fa sentire soli? Soltanto pochi si accorgono
di vivere nel mondo, pochissimi si accorgono di vivere in un mondo che potrebbe
essere questo o quello, reale o immaginario, vero o falso, fuori o dentro,
giusto o sbagliato, con tutte le sfumature che tali aggettivi comportano. Ecco,
il romanzo di Murakami lascia interrogativi. Interrogativi che sottolineano uno
stato di solitudine umana che non tutti percepiscono e che l’autore accentua.
Aomame e Tengo sono soli, estremamente soli. Colpisce la descrizione delle loro
stanze, delle loro abitudini, qualcosa che sembra personale e al contempo
estraneo alle loro menti. Casa, familiare e straniera – lo straniante e il perturbante ci colgono in
maniera estremamente reale.
Leggendo 1Q84 ho pensato a due film.
Uno è Inland Empire. Avrei potuto prendere qualsiasi altro film di Lynch, ma
questo è forse il più affine a 1Q84: in entrambe le opere i personaggi passano
da un mondo all'altro senza soluzione di continuità. In entrambi i casi, non è
chiaro cosa sia reale o finzionale. E, in fondo, è giusto così. Chi ci dice che
non stiamo vivendo una recita per il gusto di qualche osservatore sconosciuto?
Spettatore o lettore, dio, demonio o Little People poco importa. Non c'è un
mondo solo. Può darsi che tutto sia una quinta teatrale e che noi non riusciamo
a distinguere tra una porta vera e una porta murata. E poi è balzata alla mente
Chihiro che diventa Sen ne La città incantata – il titolo italiano poco rende
il senso dell'originale, il quale invece puntava più sul cambio di nome della
bambina e sulla sua scomparsa. A Chihiro viene mutato il nome, la bambina si
trova in un altro mondo, nel quale è entrata semplicemente imboccando una
stradina di campagna. Anche lei, quasi senza soluzione di continuità, varca la
soglia di un mondo fantastico, fatto di spiriti e esseri oblunghi con le cui
forme ho immaginato i Little People di Murakami. Ma non solo: nel film del maestro Miyazaki c'è una scena quasi impalpabile, che permette di toccare con mano sentimenti ed emozioni intraducibili a parole. Si tratta della sequenza in cui Sen prende il treno che scivola sull'acqua e si trova, di giorno e al tramonto, accanto a persone evanescenti, i cui contorni si dissolvono al ritmo di un mondo incomprensibile e che, in fondo, gli uomini non vivono. Già, basta poco per percepire qualcosa di diverso: basta accorgersi di vivere. Con tutta la bellezza e l'orrore che ciò comporta.
Si tratta solo di semplici sensazioni e
dovrei attendere il terzo libro per poter approfondire il legame di 1Q84 con questi due film. Di
certo c’è questo: 1Q84 deve essere letto e vissuto. Ti cattura e ti rende muto.
Oltre settecento pagine di ripetizioni, richiami, rimandi, sospetti,
similitudini quasi simili, scene identiche con le giuste, inquietanti
differenze: una trama che pizzica prima la pelle e poi il cervello. È per
questo che, a libro chiuso, oltre a porci tante domande, ci si sente estromessi
da qualsiasi realtà: forse, 1Q84 dona una maggiore capacità di vedere tra le
cose, di scrutare la trama della visione.
Commenti
Se non l'ho ancora fatto è solo per un motivo: di Murakami ho letto un solo libro, 'Norwegian Wood', diversi anni fa. E mi ha colpito al cuore, mi ha fatto star male, mi ha fatto piangere, ma mi ha regalato una delle più belle lezioni di vita che siano mai state raccontate...
Ecco, se non ho letto altro di Murakami è solo perchè ho paura di 'sporcare' il ricordo di uno dei miei 'libri dell'anima' leggendo altro. Sarà stupido, ma ho una specie di 'blocco psicologico', che spero di superare presto.
Bello comunque il raffronto con 'La città incantata' ('Spirited Away', in originale), capolavoro assoluto e film da vedere e rivedere con le stesse emozioni di sempre.
Un caro saluto.
Sauro/Kelvin
Mi accorgo ora di aver parlato del titolo originale giapponese de "La città incantata" e di non averlo citato - "Sen to Chihiro no kamikakushi". Di sicuro gli americani con "Spirited Away" hanno fatto un lavoro di adattamento migliore degli italiani...
'Spirited Away' non è il titolo originale ma quello 'internazionale', con cui è stato presentato ai vari festival a cui ha partecipato.
Comunque, senza ombra di dubbio, è certamente più azzeccato del nostro (tanto per cambiare!!)
Adesso non mi resta che tuffarmi in questa piscina di punti interrogativi, in questo spicchio d'oriente oltremodo trascendentale.
Alla scoperta di Murakami quindi!
Bacio
Un caro saluto,
Carolina
www.sottoifioridililla.com
@Vele: che bello risentirti! Bentornata! Anche io sono attirata da tutto ciò che è nipponico... ;). Se lo leggi, fammi sapere che ne pensi, sono curiosa!
@Debora: sono contenta che la recensione ti abbia incuriosito. È un libro un po' particolare... Mi piacerebbe sapere che ne pensi tu, che sei così attenta e analitica. A presto!
@Carolina: sì, in effetti è un libro molto complicato, ma la cosa che colpisce è che l'autore rende la complessità fuida e quasi... "semplice". È una vera e propria lezione di scrittura e narrazione. A presto!
Anche a me piace Murakami, Miyazaki, e confrontare libri e film, anche se leggo meno di te e di Murakami ricordo solo "La fine del mondo e il paese delle meraviglie". Questo libro di cui parli mi manca, ma mi sa che ora lo cercherò.
Scrivi in maniera molto pulita e impeccabile e la tua recensione è capace di scavare.
Anche io trovo che "Spirited Away" sia un titolo suggestivo e azzeccato, molto diverso da "La città incantata" che pure non ci sta male.
Ho scoperto il tuo blog per caso: ho letto un tuo commento su un altro blog che seguo e ho visto che parlavi di cinema e terapia... Il binomio mi affascina tantissimo e sono corsa nel tuo spazio web.
Be', ti do il benvenuto nel mio blog, mi fa piacere ritrovarti anche qui! Grazie per il tuo commento :)!