Shame
Anno: 2011 - Genere: Drammatico - Nazionalità: Regno Unito - Regia: Steve McQueen
È possibile
possedere un'immagine? La domanda abbraccia, probabilmente, tutta la
storia del cinema e, più in generale, la storia dell'uomo. Noi
guardiamo l'immagine, ma non la tocchiamo, né la possediamo
fisicamente. La cosa ha i suoi risvolti negativi. L'immagine, in sé,
appare perfetta, compiuta, iscritta entro una cornice, pronta per
essere goduta. All'immagine non manca nulla. L'immagine, semmai, fa
sentire l'uomo mancante di qualcosa.
Steve
McQueen, in Shame, mette in relazione corpo e immagine, indagando i
loro nessi nei punti di contatto più estremi. Brandon è un uomo di
successo, ma è “malato”, è malato di sesso. Non può fare a
meno di avere rapporti sessuali di ogni tipo, sempre più estremi,
sempre più "vergognosi". Eppure Brandon non ottiene ciò
che vuole: afferrare l'immagine che il sesso offre, la pornografia,
la scrittura dell'erotico. Brandon ha bisogno di guardare filmati
porno su Internet, di leggere giornali pornografici, di immaginare
situazioni da film hard per eccitarsi. L'appuntamento, la
condivisione di una chiacchiera o di una risata, il sentimento non
riescono a rientrare nel suo modo di concepire l'atto sessuale. Ma
poi arriva Sissy, sua sorella, pura immagine. Sissy è quella che
dopo venti minuti va a letto con un uomo appena conosciuto; di primo
acchito non è tanto diversa da suo fratello, se non per un
particolare: Sissy si affeziona, soffre e ama disperatamente. Se
Brandon non riesce ad andare oltre l'immagine dell'erotico e rimane
gelido di fronte alla mera messa in pratica di sesso estremo, Sissy
si batte il petto, piange e urla, vuole essere abbracciata e
coccolata. Lui si sente braccato dalla presenza di
lei: Sissy è forse l'unica immagine perfetta di donna che Brandon abbia
mai incontrato, quella che fa sesso subito, ma con cui c'è anche
quella condivisione - una chiacchierata, fare la lotta sul divano, un
ricordo - che Brandon non può avere con immagini bidimensionali di
donne nude.
McQueen
modella Sissy in base agli occhi di Brandon. La prima volta che
compare sullo schermo, non appare effettivamente lei, ma solo la sua
immagine riflessa in uno specchio. Il regista divide l'inquadratura
all'interno di un bagno tra Brandon, fisico, e la sorella nuda nella
vasca da bagno, in piedi, sembiante nello specchio.
Sissy è continuamente immagine: poco dopo, in attesa sulla banchina
della metropolitana, è vestita vintage, come dice lei - in realtà
ha abiti molto simili a quelli di Romy Schneider in Ultimo tango a
Parigi. E poi, al club, McQueen le dedica una lunghissima
inquadratura in primo piano, mentre Sissy si esibisce in una sbilenca
e malinconica versione di New York New York: immagine e musica che a
Brandon suscitano le lacrime – tanta compiutezza in un solo colpo.
Qual è il problema in tutto questo? È trovare i limiti dell'uomo, che sono anche i limiti del corpo. Il corpo è l'unica cosa che possediamo realmente. Ciò che più ci mette a disagio e ci fa comprendere il nostro stato di eterni mancanti è la voglia di possedere la persona amata: quando si ama si vuol essere tutt'uno col proprio partner e quella mancata fusione la si sopperisce mentalmente, attraverso la condivisione di una passione, di una risata, di pensieri. Ma se non si riesce ad amare, come nel caso di Brandon, la cosa diventa molto più complicata. Brandon vuol solo possedere l'immagine che suscita il desiderio e, per farlo, ha bisogno di rompere i limiti, a costo di una disperata solitudine.
Qual è il problema in tutto questo? È trovare i limiti dell'uomo, che sono anche i limiti del corpo. Il corpo è l'unica cosa che possediamo realmente. Ciò che più ci mette a disagio e ci fa comprendere il nostro stato di eterni mancanti è la voglia di possedere la persona amata: quando si ama si vuol essere tutt'uno col proprio partner e quella mancata fusione la si sopperisce mentalmente, attraverso la condivisione di una passione, di una risata, di pensieri. Ma se non si riesce ad amare, come nel caso di Brandon, la cosa diventa molto più complicata. Brandon vuol solo possedere l'immagine che suscita il desiderio e, per farlo, ha bisogno di rompere i limiti, a costo di una disperata solitudine.
Brandon è
un acuto osservatore. Tutto ciò che vede diventa qualcosa da
riprodurre immediatamente, per il gusto di essere un'immagine
perfetta e completa: solo imitando ciò che vede e legge si sente
appagato. Ma questo non basta. Perché, dopo aver sperimentato
un'immagine erotica, il desiderio si riproduce e Brandon ripete meccanicamente il coito, avvolto da una disperazione devastante, da un desiderio che
diventa schiavitù. Brandon è ingabbiato dal suo stesso corpo.
Sissy, invece, è ingabbiata dalla sua voglia di condivisione. Lei si
spinge oltre i limiti per avere calore, anche se l'affetto che vuole
è distorto e disperato, quello che la conduce all'estremo gesto.
Ed è
proprio di fronte alle vene tagliate e al sangue di Sissy che le cose
si ricongiungono: Brandon pare percepire qualcosa. I limiti del corpo
non sono un'immagine erotica, i limiti del corpo sono il corpo stesso
- ossa, organi, muscoli, sangue. Pura carne, puri liquidi. Di fronte
ai quali l'immagine viene meno e il senso di realtà si fa forte.
Solo di fronte al sangue, al corpo ovunque ferito ci si può fermare.
È questo il limite estremo. Quello che guarisce Brandon da
fantasticherie vergognose, quello che placa lo scontro tra immagini e
simboli.
Perché,
poi, la vergogna? Perché vergogna e desiderio vanno di pari passo.
La vergogna segna il limite tra ciò che si desidera e ciò che la
società impone come regola. La vergogna si scontra con l'immagine a
cui si ambisce e si fa simbolo: il simbolo è la regola. Il simbolo è
il matrimonio, il suo rituale, la fede e l'anello di fidanzamento,
cose che Brandon non comprende. Visti i tempi che corrono, che senso
ha sposarsi? E non lo dice perché è contrario al rapporto di coppia
o alla condivisione dei sentimenti. Lo dice perché di fronte alla
libertà dei comportamenti e dell'immagine, il simbolo è una
riduzione, una gabbia, una costruzione. E, allora, il simbolo è ciò
che va profanato, come immaginare di fare sesso con una donna sposata
incrociata per caso in metro, con anulare e anelli ben in vista. Il
simbolo è il metro con cui viene giudicato Brandon, perché non è
sposato, né riesce a far durare una storia più di quattro mesi. Ma
chi è più deprecabile? Lui o il suo collega che, sposato con figli,
si abbandona ad avventure notturne? Lui, o chi fa del matrimonio la
sua bandiera per poi divorziare? Il problema di Brandon a questo
punto diventa lampante: vuole rintracciare l'autenticità; non vuole
persone patinate che si sposino seguendo la massa e che non sanno
trovare un argomento comune al primo appuntamento, né vuole
immagini-merce del sesso. Non vuole fantasmi, ma persone in carne ed
ossa. Vuole solo autenticità, la cui ricerca diventa esasperare il
corpo davanti alla sua mancanza; Brandon vuole trovare qualcuno
con cui condividere: la condivisione implica vedere dentro la realtà,
non solo ripeterne i meccanismi. E l'uomo vede e sente la realtà
nella sua urgenza solo di fronte a due estremi: il sesso sincero e la
morte.
L'unica con
con cui condividere è Sissy. La sorella. McQueen, da silenzioso osservatore esterno, li inquadra
insieme sempre di spalle, li accosta, li accomuna, li completa; e vede due personaggi
fuori dal mondo, diversi dagli altri, pesci fuor d'acqua in cerca di
complicità. Due personaggi che, tra loro, parlano con la lingua
fuori dai denti, si dicono tutto, fanno battute sciocche, divertenti,
si picchiano, si abbracciano sinceramente, si disperano di fronte
alla perdita. Due personaggi fermi nello scorrere del mondo,
infinitamente soli, tra città al neon e paesaggi grigio-azzurri e
algidi, quanto di meno erotico possa esistere. Poche parole, tanta musica, archi e una fotografia in tensione tra linearità e pennellate impressionistiche: McQueen non dimentica
né Ultimo tango a Parigi, né Il disprezzo, ma il suo film si plasma
nell'essenzialità delle forme e nell'etereo dell'immagine da cui
tentano di emergere sembianti che, più degli altri, vogliono essere
corpi.
Commenti
Un film difficile, ma estremamente interessante. E degli attori veramente capaci di essere quello che interpretano.
Non so perché con precisione, ma l'andazzo iniziale mi dà idea di ispirato da qualcuno di famoso.
No, nella mia tesi non ho citato Cronenberg. Forse, ora che mi ci fai pensare, ci sarebbe anche potuto entrare, ma ho dovuto restringere il campo e ho analizzato Park Chan-wook, Lynch, Kim Ki-duk e Sokurov.
Il tema trattato nel film mi ha portata a tracciare un parallelismo spontaneo e da bibliofila tra i 'tuoi' personaggi e due grandi della letteratura e cioè Henry Miller ed Anais Nin.
Rapporti estremi intrisi di viscerali pulsioni, incontrollabili desideri.
Bravissima!