Pablo Larraín: il primo dossier di Taxi Drivers
Il cinema biopolitico di
Pablo Larraín
è il primo Dossier realizzato da Taxi Drivers, Rivista indipendente
di Cinema.
La
sottoscritta ha curato l'introduzione, Pablo
Larraín
regista e produttore,
e la recensione del primo film dell'autore cileno, Fuga.
Su Issuu, seguendo questo link, è possibile sfogliare e leggere il
Dossier, che, tra l'altro, ha un'impostazione grafica accattivante e ben fatta. I miei compagni di scrittura hanno approfondito la
questione: all'interno della rivista è possibile trovare un articolo
molto interessante sul Cile odierno; sono presenti le recensioni al
secondo e terzo film di Larraín,
Tony Manero
e Post Mortem,
c'è un'intervista al regista e un articolo sul suo attore feticcio,
un vero genio della recitazione: Alfredo Castro.
È
stato molto interessante entrare in contatto con un cinema
geograficamente molto lontano da noi; un cinema per nulla pubblicizzato in Italia, ma che merita moltissimo. Pablo
Larraín
non è solo regista ma anche produttore: i film da lui prodotti
appartengono ai generi più diversi. Ha anche realizzato una serie tv
action per la HBO, Profugos. Questo dimostra quanto, produttivamente, il Cile sia molto più avanti dell'Italia: si punta sui giovani, sul cinema d'autore e di genere, sulle serie tv, su collaborazioni internazionali.
Pablo Larrain |
Spesso,
quando si sente parlare di cinema cileno, russo, arabo, coreano, cioè
quando si sente parlare di nazionalità poco europee e che rifuggono
dalle etichette di “italiano” e “statunitense”, si pensa di
andare incontro a filmografie incomprensibili, noiose, lontane dalla
cultura visiva dello spettatore. Tuttavia, il cinema parla per
immagini: le immagini sono universali e comprensibili per chiunque.
Scoprire un cinema nuovo non vuol dire avere a che fare con una
“stranezza” ma significa vedere come la pensano e come producono
arte autori lontani da noi. Lontani solo apparentemente: nel cinema
di Larraín
– ma si potrebbe citare qualsiasi altro regista, da Sokurov, a Kim
Ki-duk e via dicendo – si parla del Cile, ma si riesce a farlo
toccando vertici universali, che riguardano tutti.
Lo
spettatore dovrebbe spogliarsi dei troppi pregiudizi e godere di
qualcosa di nuovo. Il giudizio può essere solo quello finale e solo
sul singolo film. Avvicinarsi a mondi diversi non fa e non deve fare
paura.
Per
chi scrive, Pablo Larraín
è stata una vera scoperta. Di Fuga si è già scritto (nel dossier
potrete trovare un'analisi più approfondita, vista la diversa
destinazione): il film è un viaggio musicale e silenzioso nella
mente di un musicista maledetto, alle prese con la musica, la morte e
il sesso. I film successivi di Larraín
rompono (quasi) completamente con il primo film. La rottura è però solo apparente, perché in Fuga Larraín
introduce una piccola nota autobiografica; il primo film è, forse, una sorta
di liberazione da un giogo familiare, liberazione che ha permesso
al regista di parlare di un argomento realmente duro, trattato a
volte con lirismo, figlio di una messa in scena “semanticamente
complessa”: il golpe di Pinochet. In Tony Manero, il Cile è già
sotto la dittatura di Pinochet. Lo percepiamo da alcune lontane,
barbare e accettate violenze da parte del protagonista, Raul, che
crede di essere un Tony Manero cileno. Il Cile è sconquassato: e
anche la sua cultura lo è. Al cinema passano solo film americani e
solo quelli con John Travolta protagonista, mentre le strade sono
controllate dai militari e in tv vanno in onda giochi e talk show non
troppo dissimili da quelli delle nostre reti televisive odierne.
Post Mortem è un vero colpo allo stomaco. Fotografia
grigia, anche la vita del protagonista è grigia. Mario è un
burocrate molto particolare: riporta per iscritto le analisi del
medico legale dell'ospedale di Santiago. Mario vive a contatto con i
cadaveri, ma non prova alcun sussulto nel vederli espropriati della vita
e sezionati. La dissezione non è solo quella nell'obitorio; è anche
quella di Mario. Che un giorno si alza, tranquillamente, per andare a
lavoro: e il mondo attorno è lui è uguale
ma anche diverso. Nei
paesaggi, nelle strade, nelle case carichi di un silenzio plumbeo ci
sono piccoli
cambiamenti
che straniano lo spettatore, ma che a Mario non danno alcun brivido.
Quando arriva in ospedale, si sta facendo l'analisi di un cadavere
con la testa distrutta di fronte ad una schiera di alti ufficiali: il
medico legale ha la voce strozzata e la sua assistente piange. Mario
non riesce a scrivere a macchina, preferisce la penna: è questa
l'unica sua difficoltà di fronte al cadavere di Allende.
Immagine tratta da Post Mortem |
I
tre film di Larraín
sono cileni ma non sono affatto lontani da noi. La riflessione
sull'arte, la comunicazione, la politica e la società è
generalizzabile. Il regista, molto giovane, racconta la storia e
l'arte rifacendosi ai racconti del nonno, con tocchi talvolta
onirici. Affronta il cinema in modo consapevole, strutturando la
forma dei suoi film in maniera complessa, articolata, pressoché
impeccabile. Brevi film in cui la cosificazione dell'uomo si fa
effettivamente immagine della Storia: a questa si contrappone la
passione, quasi irrazionale, dei singoli individui, quei pochi
rimasti autentici, come il musicista Eliseo, amante dell'arte, vittima del mondo.
Commenti
Parole sante!!!! Brava Veronica! :) baci!
Come mi capita spesso leggendo i tuoi post anche questa volta ho scoperto una cosa nuova: si parla sempre del cinema americano quando il mondo è pieno (fortunatamente) di film di qualità!
Se passi dal mio blog trovi una surprise per te! :D