LILLO E GREG - L'uomo che non capiva troppo
Lillo e Greg sono in scena al Teatro Olimpico di Roma con la commedia L'uomo che non capiva troppo, scritta e illustrata da Claudio Gregori.
Come già nelle
precedenti commedie, anche L'uomo che non capiva troppo si staglia nell'orizzonte del metateatro, del metagenere e del metalinguaggio in
generale, proponendo un'interessante commistione tra cinema e teatro.
Il titolo ricalca
chiaramente L'uomo che sapeva troppo di Hitchcock. Felix (Pasquale
"Lillo" Petrolo) è un geometra che vive una vita
normalissima, quasi scialba, accanto ad una moglie casalinga e non più bella
- le loro giornate raggiungono il culmine quando possono sedersi in
poltrona, rigorosamente in pigiama, a guardare in tv "Guardia di
finanza 2".
Ma non tutto è come
sembra e ben presto Felix dovrà assistere allo svelarsi di una
verità scioccante: sua moglie Edna e il suo migliore amico Oscar
(Claudio "Greg" Gregori) sono due agenti segreti. Il sipario cade e tutto,
attorno a Felix, non è più come prima. Sua sorella, sua cognata, la
sorella di Oscar, persino la portinaia, la sora Nanda: sono tutti agenti
segreti.
Da quando la verità viene a galla, Felix si trova al centro di una spy story dai connotati
surreali e inevitabilmente comici. Le citazioni sono più che
evidenti: un po' Mr e Mrs Smith, un po' Codice da Vinci, un po' Alias, un po'
X-Men. La storia procede per gag soprattutto linguistiche, doppi
sensi, significati compresi e poi disattesi. Claudio Gregori ha
scritto una storia dai dialoghi complessi, caratterizzati dall'uso di
una sorta di grammelot, che vuole ricalcare e parodiare il linguaggio
un po' astruso, incomprensibile, difficile da seguire, pieno di
dialoghi veloci di certe spy stories fatte di codici segreti. I suoni delle parole richiamano qualcosa di familiare, ma poi se si
ascolta bene... non significano niente! Lo stesso plot ha una trama
complessissima che si risolve alla fine in un nulla - un nulla
divertentissimo: proprio quando ci si aspetta il finale
apocalittico...
Tutta la storia è
giocata su un filo conduttore non sempre visibile ma
comunque dal significato sottile: la musica. Greg è leader
della blues e swing band "Blues Willies". Nella commedia il
suo personaggio accenna a canzoni swing e blues, affermando, in ogni occasione, che il blues - la vera musica - non va più di moda. Allo stesso tempo, i
"cattivi" devono impadronirsi di uno strano manufatto che
ha il potere di diffondere nel mondo una cattiva musica - che di
certo non è il blues, lo swing o il rock'n'roll, ma quella dance e
pop che, come si dice nella commedia, istupidisce le menti. È
questa però la realtà: la musica più commerciale, che segna le
sorti del mercato e delle radio, non è sempre la migliore: è
quella che, pur coinvolgendo tutti, è sempre frutto di un ascolto musicale passivo e non ponderato. Questo rinchiude la
musica vera, fatta di strumenti, passione, sudore e improvvisazione,
nei piccoli club delle città.
Il sottotesto non manca
ed è foriero di riflessioni. Tuttavia, la natura metateatrale e
persino metacinematografica delle commedie di Lillo e Greg è da
analizzare attentamente.
La Baita degli Spettri (mix esplosivo
tra The Others e Non aprite quella porta che ha indotto a ridere per
due ore senza soluzione di continuità) inizia con un dialogo in un
tedesco un po' maccheronico. I teatranti si fermano, "stoppati"
da due voci che stanno guardando un dvd: "abbiamo sbagliato la
selezione della lingua", dicono, e ricomincia tutto da capo in
italiano. Alla fine della commedia, agli spettatori è data la
possibilità di vedere le scene tagliate del "film" e le
interviste agli attori negli extra del dvd.
Con Intrappolati nella commedia,
Gregori si era inerpicato in una commedia sì divertente ma forse
troppo complessa nell'esplicare il senso metalinguistico di cinema e
teatro. Ne avevo già parlato qui.
Con L'uomo che non capiva
troppo si ritorna a metà tra la fruizione per tutti e l'accurata
analisi formale: in questo caso il cinema è nelle citazioni, nelle
uscite un po' kitsch di certi film d'azione, nel canzonare un genere che attrae il pubblico con scene e frasi mirabolanti, ma privo, spesso, di una sceneggiatura credibile.
La natura filmica di questa commedia è anche espressa dall'uso dello schermo che fa da sfondo alla scena: sullo schermo gli spettatori assistono ai titoli di testa, con un esilarante video musicale interpretato da Max Paiella, ai titoli di coda e ai disegni di Greg che fanno sia da scenografia sia da elemento portante del racconto.
Lillo ha una mimica
esplosiva, perfetto nella parte dell'uomo comune, bravissimo
a ricalcare in maniera parossistica i modi di parlare e di muoversi della vita quotidiana. Lillo rappresenta lo spettatore che,
allo stesso modo del protagonista, non capisce granché: e proprio
quando Lillo sottolinea la sua incomprensione scatta la risata. Greg,
geniale nella sua eleganza, interpreta diversi ruoli, camuffandosi
perfettamente nell'aspetto e nel tono della voce. Interessante il
cattivo che parla con l'accento "tedesco dei cattivi",
ma che poi non sa una parola della lingua alemanna: parla così solo
perché fa scena, perché è una convenzione di genere che subito
viene smascherata.
Insomma: meccanismi di
genere distrutti e ricomposti, metalinguaggio, surrealismo, comicità.
L'uomo che non capiva troppo è tutta forma che esprime un contenuto
fortissimo.
Commenti
un caro saluto..
dandelìon