Il mondo di Tim Burton

 

Al Museo del Cinema di Torino, nella splendida cornice della Mole Antonelliana, si dipana lungo una spirale la mostra dedicata a Tim Burton. 

Il Museo del Cinema è già di per sé organizzato come se fosse un viaggio nella mente umana, fatto di collegamenti e voli pindarici, proprio come avviene quando si libera il pensiero e le immagini producono libere associazioni: la mostra su Burton si innesta in questa struttura già fortemente mentale e diventa un sentiero nel sentiero, una spirale nella spirale, che attorciglia le sinapsi e ha il potere di sprigionare altro pensiero, altre idee, altre immagini. 

Dopo aver ammirato la parte dedicata all’archeologia del Cinema (grande idea quella di mostrare L’arrivo del treno in stazione dei Lumiere e poi scostare lo schermo e far entrare in sala un treno vero!), si passa attraverso la grande bocca di un personaggio burtoniano e si entra nella magia. I sensi, dal treno, alla bocca, ai suoni di sottofondo evanescenti sono continuamente sollecitati. All’interno della strepitosa cupola progettata da Alessandro Antonelli, puoi entrare attraverso la sagoma lasciata sulla porta del Coyote e ritrovarti nel Saloon in cui Clint Eastwood fa una delle sue stragi; e poi in un appartamento degli anni Cinquanta, cercando di capire cosa è vero e cosa è falso; imbattersi nelle scenografie di Cabiria e rimanere ammaliati di fronte a cosa l’uomo possa inventare e rendere vero ciò che è solo fantasia e gioco mentale. 

E questo non è altro che il principio del cinema, nonché il principio creativo di Tim Burton. Davanti ad una ricostruzione dello studio dell’artista parte il corridoio che si sviluppa elicoidale lungo le pareti della cupola, salendo di piano in piano. I disegni di Tim Burton, alternati a storyboard, scene di film, statue dei personaggi, ci accompagnano fino su in cima, a riveder le stelle: dopo un viaggio tra le pietre miliari del regista e i suoi eroi reietti e commoventi, si arriva alla giostra finale, disegnata e creata da Burton stesso. La giostra gira, con i suoi personaggi fuori dal mondo e fuori del comune, e illumina. Quando sei lì, non vorresti più scendere. Sei perso nei disegni e contemporaneamente in alto… il resto del mondo, quello vero, è giù, minuscolo, abbandonato in favore di qualcos altro che vive solo in un universo parallelo. 

Eppure quell'universo parallelo che prende forma ci appartiene: è la nostra mente. 

Prima di andare via, con gli occhi pieni di queste immagini aliene e bellissime, riecheggiano le parole di Baudelaire, stampate a muro all'inizio del percorso e valide, a parer mio, per ogni epoca, per ogni tecnologia (dal greco technè=arte) inventata dall'uomo:


"È una specie di giocattolo che da un po' di tempo tende a moltiplicarsi... Mi riferisco al giocattolo scientifico... può divertire a lungo e sviluppare nel cervello del bambino il gusto per gli effetti meravigliosi e sorprendenti. Lo stereoscopio appartiene a questo genere. Il fenachistiscopio, più vecchio è meno conosciuto."

Charles Baudelaire, Morale du Joujou, 1853




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