Heartstopper
Heartstopper è tratto dalla graphic novel di Alice Oseman e, nel giro di sedici, brevissimi episodi è diventato un nuovo caposaldo generazionale. La comunità Lgbtq+ ha trovato senza ombra di dubbio il proprio personalissimo faro in un mondo di serie tv in cui, fino ad oggi, parlare di altro oltre l’eterosessualità era un aspetto piuttosto raro, se non inesistente. Ricordo produzioni che hanno segnato la mia generazione di bambina e poi adolescente nel corso degli anni Novanta e primi Duemila. Le serie teen erano esclusivamente etero, così come, ricordo, film che mettevano in ballo l’omosessualità (e non altro) erano sempre storie legate ai margini, a grossi problemi sociali e comportamentali - Philadelphia e My own private Idaho sono stati iconici. Ma chi non è eterosessuale, certo, non ha mai avuto il film d’amore in cui identificarsi, di quelli rose e fiori, scintillanti e un po’ patinati di cui tutti ogni tanto abbiamo bisogno.
Eppure, visto il successo globale di questa serie e l’identificazione semplice e genuina che provoca in qualsiasi spettatore, c’è da chiedersi perché non si sia arrivati prima a una storia così. Che di sicuro non è tutta rose e fiori, non è patinata, è scintillante e colorata e inequivocabilmente vera.
È indubbio che il target giovanile odierno è di gran lunga più aperto mentalmente rispetto a una, due, tre generazioni fa. Lo vedo nei corridoi delle scuole. Dove ragazzini e ragazzine dai quattordici ai diciotto anni vivono le loro esperienze senza alcun problema. Non dico che sia tutto bellissimo e perfetto. Tutt’altro. Siamo solo all’inizio: c’è chi ha timore, chi non si palesa e tuttavia si mostra sempre per quello che è, senza indossare maschere. Trovo questa cosa bellissima.
Charlie, Tao, Elle e Isaac sono i quattro amici “sfigati” di una scuola maschile inglese. Elle si trasferisce subito in una scuola femminile: ha iniziato il suo percorso di transizione. Charlie è gay e lo sa tutta la scuola. Non ha alcun problema nel mostrarsi per ciò che è, ma a causa di alcune voci che sono circolate è stato vittima di episodi di bullismo e questo lo ha segnato. Tao e Isaac gli fanno da confidenti e lo proteggono. La sera si riuniscono tutti e quattro e guardano film mangiando pop corn. Hanno la passione per il cinema, l’arte, la lettura e la musica. Sono tutti e quattro molto intelligenti e non legano con chi a scuola fa lo spaccone o organizza feste piene di gente e solo apparentemente super cool.
Charlie sta vivendo una storia nascosta - non per suo volere - con Ben, che lo costringe a rinchiudersi nelle stanze più isolate di scuola e poi fa finta di non conoscerlo quando lo incrocia per i corridoi. Charlie, ragazzo sensibile e pieno di fragilità, bisognoso d’amore, accetta il gioco, anche se non gli piace. Ma presto arriva a capire che l’amore è altro.
Il primo giorno di scuola viene messo a condividere il banco con un ragazzo del terzo anno, Nick, il famosissimo e ambitissimo capitano della squadra di rugby. Fisicamente Nick è l’opposto di Charlie: alto, massiccio, un vero gigante. Charlie è piccolino e gracile e si porta addosso una magrezza che è la spia di qualcos’altro. Per Charlie è subito colpo di fulmine: delle piccole e colorate foglie animate iniziano a svolazzare attorno a lui. Sarà l’inizio di un’avventura che lo porterà a conoscere l’amore, a conoscersi e a fidarsi di chi gli sta vicino.
Per Nick, apparentemente così “normale”, sarà lo stesso un viaggio alla scoperta di se stesso. Un ragazzo gentile, amico di tutti, che dispensa abbracci e parole buone e che pian piano comprende la sua natura. Tra una battuta, una parola gentile, il confronto dei compiti e pomeriggi spensierati capisce di essersi innamorato di Charlie.
Attorno ai due ragazzi gravitano una serie di personaggi frizzanti e colorati, che ci insegnano che la vera normalità è essere diversi, è essere se stessi. Sono tutti ugualmente accomunati dal modo dolce e sensibile con cui vivono le prime esperienze amorose, la scoperta della propria identità, il rapporto con il mondo esterno, con i social, con le loro famiglie.
Non c’è ombra di dubbio che gran parte della costruzione dei personaggi è data dal supporto - o meno - dell’ambiente familiare. A eccezione di un solo personaggio, tutti i genitori supportano i propri figli nei loro amori e non danno alcun peso al fatto che essi siano omosessuali. Si confrontano con loro in modo del tutto - diciamolo, sì! - normale: il “non uscirai con Nick finché non consegni il compito di storia” o “quando siete a casa tenete la porta della camera aperta” sono frasi che ogni genitore direbbe al proprio figlio, indipendentemente da identità e orientamento.
Tecnicamente la serie scorre veloce. Gli argomenti vengono trattati con leggerezza, con la leggerezza profonda, a volte confusa, a volte inestricabile, tipica dell’adolescenza, ma mai con superficialità. La fotografia, le scenografie, i costumi sono tutti coloratissimi, a esprimere una vivacità interiore che dona gioia agli occhi e al cuore. L’espediente più interessante è il sopratesto delle animazioni, piccole foglie, scariche elettriche, farfalline, ma anche fosche nuvolette viola a commentare le emozioni dei personaggi. Capiamo cosa i personaggi provano non dalle parole, ma solo dalle immagini e dalla musica: in breve lo spettatore capisce l’alfabeto di ciò che sta vedendo: le scariche elettriche, un piccolo calore, indicano che c’è sintonia fisica. Le foglioline che volano fanno percepire una prima infatuazione, anche solo quella leggera emozione che brucia il cuore e quasi lo fa fermare. Proprio tale espediente permette a chi guarda di sentire subito l’emozione del personaggio ma, soprattutto, di sentirla dentro di sé: la sente e la riconosce, perché è qualcosa che ha già provato in passato o che prova con determinate persone. Il calore di una sintonia, il tepore di un giovane e immenso amore adolescenziale. Indipendentemente da chi si ama. Questo rende Heartstopper davvero universale: perché non è retorico dire che l’amore è amore. E solo questo dovrebbe bastare.
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