Panettone d’estate







Per me il 21 è diventato il vero Natale di ogni mese, dell’anno e della mia vita. Ci sono varie date che indicano un Natale particolare per me, ma forse il 21 lo è più di tutti. Anche perché è andato a piazzarsi proprio lì, tre giorni prima della vigilia di Natale vera e propria - e da un paio d’anni a questa parte sento un po’ meno il Santo Natale e molto di più il nuovo tutto mio. Quando uno si trova nella condizione di morire e rinascere e di dover assestare la propria rinascita continuamente, allora il Natale è un po’ tutti i giorni. Forse per questo già il mese scorso e oggi stesso mi sono cimentata con le prime prove di panettone dell’anno. Perché il Natale per me è al di fuori del venticinque dicembre e il Panettone non è un dolce delle festività ma un modo d’essere - col suo crescere piano piano, lentamente, tra improvvise e riuscitissime lievitazioni e disastri annunciati di implosioni ed esplosioni (in forno). Col panettone gioco un po’ a fare il pasticcere, anche se non lo sono. Così come in ogni altro aspetto della vita vivo le cose giocando, perché non mi sento mai adulta, ma sempre una bambina alle prese con le cose dei grandi - e quando vivo in prima persona le cose dei grandi è come se stessi in un film, molto impacciata e ingenua. Nel mio continuo assestamento post rinascita cerco di giocare a il più possibile. Il panettone è un momento unico: dolce, morbido, soffice, complicatissimo da fare, lungo e - quando riesce - pieno di alveoli perfetti in cui serbare quei pezzettini di sé che vanno a costruire qualcosa di cui è molto difficile vedere il disegno completo. 

Commenti

Francesco ha detto…
ho già fame e sono le 11