La strada che ci porta sempre a casa è scritta in noi.
Così recita una delle meravigliose, è il caso di dirlo, canzoni che compongono Oceania, film Disney Pixar tra i più belli e appassionanti che abbia mai visto. Uno vero e proprio stato di grazia: della tecnologia, della storia, della colonna sonora, del tema e del significato traghettati attraverso gli oceani. In realtà i temi che si mescolano sono almeno tre: quello ambientalista, quello del viaggio come senso stesso dell'approdo, quello dell’autodeterminazione dell’individuo - e in particolare della donna. Un complesso scenario mitologico - che molto prende qua e là da diverse culture, da quella greca a quella ebraica - ci riporta di fronte alla dea della vita, Tefiti, privata del suo cuore verde per mano di un semidio che, per colmare un vuoto d’affetto, ruba agli dei per donare agli uomini - un po’ come Prometeo. Priva del suo cuore violentato, perso, maltrattato, Tefiti si sgretola, dando vita ad un mostro di fuoco e lava che prosciuga la vita della terra. In altre parole: se oltraggi la Natura e alteri il corso naturale delle cose, la terra si rivolta contro di te. E di prove ne abbiamo sotto gli occhi: terremoti, esondazioni, eruzioni, desertificazioni, i pesci che spariscono e i frutti della terra che muoiono. Questa è la grande metafora ambientalista che un film così tecnicamente limpido - come l’acqua - ci porta: l’uomo provoca la distruzione della Natura, a meno che non si inserisca in essa e non ne viva le armonie naturali senza distorcerle. È quello che tenta di fare Vaiana - Moana nel titolo originale: restituire il cuore a Tefiti per salvare il mondo. Vaiana fa questo ponendosi perfettamente a metà tra la natura e l’uomo che tutto piega alle proprie esigenze. Vaiana non decide di esasperare la propria isola per ricavare quel cibo che muore o non si trova più: Vaiana decide di navigare oltre i limiti imposti dalla barriera corallina e di diventare tutt’uno con l'Oceano. Una sorta di Vecchio e il Mare riproposto in versione femminile e molto più “naturale”. Il mare va ascoltato, non solo navigato, il cielo va letto: gli uomini hanno a disposizione tutto per poter vivere a contatto e dentro la natura senza snaturarla, devono solo saper ascoltare; del resto, siamo noi stessi un prodotto della natura, non siamo opposti ad essa: lo siamo diventati nel tempo, quando Cultura è diventato, innaturalmente, l'opposto di Natura e ci siamo staccati dal nostro ambiente per poterlo dominare. Ma, più si snatura il percorso naturale delle cose, più si ha bisogno di dominare la natura. È così che Vaiana si pone in mezzo al mare domandolo ma al contempo lasciandosi trasportare da esso. L'uomo è azione, è, per natura, curiosità. Non può star fermo, deve fare, deve esplorare. Ma dovrebbe farlo in armonia con se stesso e con ciò che lo circonda. Solo così possiamo davvero essere liberi di essere.
Nel mondo così concepito c’è posto per tutti: si mangia il pesce e anche il maialino (sì, proprio al quello che funge anche da animale da compagnia) e anche un pollo stupidissimo può avere il suo momento di gloria. Tutti hanno un posto e tutti si incastrano perfettamente, se si lascia fare la natura. Tuttavia, non si è affatto in balia delle onde o dei fenomeni naturali: l’uomo è senziente, purché sappia esserlo davvero con intelligenza. E Vaiana si mostra molto più intelligente di tanti uomini e donne, divinità e semidei. Non si fa trasportare dagli eventi e basta, sceglie e decide, con consapevolezza e rispetto. Nel suo processo decisionale comprende che il viaggio è la sua stessa casa e che quella casa che ha in mente durante il viaggio è sempre l’obiettivo. Il che significa: essere ciò che si è davvero è l’unica vera casa a cui si può tornare, pur senza tornare ad essa fisicamente. Lo sa il navigatore, il cui senso stesso di esistere è navigare per un approdo anche se quell’approdo è solo mentale. E si sa: la libertà non è quella fisica, ma sta nella limpidezza e nella coerenza del nostro pensiero.
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